Gli USA guardano con grande preoccupazione al ritorno di Afrin tra le braccia di Damasco.

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Damasco – Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

I negoziati tra lo stato siriano e l’amministrazione centrale della città curdo-siriana di Afrin sono entrati nella fase quasi finale. Un problema è ancora in sospeso e dovrà essere risolto presto, così verrà impedita la distruzione del cantone da parte dell’esercito turco e dei suoi alleati siriani. I curdi accetteranno di adeguarsi totalmente alle richieste di Damasco prima che sia troppo tardi o preferiscono una sconfitta totale?

Il 20 gennaio la Turchia ha scatenato l’”Operazione Ramo d’Ulivo” per occupare la città curdo-siriana di Afrin con l’obbiettivo di “eliminare la minaccia del PKK (Partito dei lavoratori curdo) alla sua (della Turchia) sicurezza nazionale.” Ankara ha potuto lanciare l’operazione solamente dopo il ritiro delle truppe russe dalla città, in seguito al fallimento dei negoziati tra la dirigenza siriana a Damasco, i mediatori russi del centro di Hameimim e l’amministrazione curda di Afrin. I curdi si sono rifiutati di consegnare la città e rimettere le loro armi, le risorse finanziarie e l’amministrazione al governo di Damasco. I comandanti di Afrin volevano che l’esercito siriano si schierasse solo sul confine con la Turchia (come guardie di confine) e  che riattivasse  soltanto le stazioni di polizia dentro la città di Afrin.

Circa 27 giorni dopo l’inizio della battaglia, le forze turche appoggiate da diverse organizzazioni e fazioni siriane tra cui i Jihadisti Turkmeni, hanno distrutto molti dei villaggi (ci sono alcune centinaia di villaggi nel cantone di Afrin) sparpagliati nel cantone curdo e hanno fatto progressi sul fronte settentrionale, occidentale e orientale che finora sta ancora resistendo.

Comunque, i negoziati di questa settimana tra l’esercito siriano e i curdi, appoggiati dalla Russia (che agisce come “osservatore”) hanno risolto quasi tutti gli impedimenti tranne uno, su cui i curdi si stanno ancora consultando.

I più importanti punti su cui l’amministrazione centrale curda è d’accordo, sono:

  • La consegna dell’amministrazione centrale di Afrin allo stato siriano
  • La consegna di tutte le 52 basi di controllo militare dentro e fuori della città all’esercito siriano, a condizione che nessuna comparsa di armi curde sia visibile in città.
  • Consegna di tutti i mezzi di trasporto e tutta l’artiglieria pesante all’esercito siriano, inclusi tutti i depositi di munizione nella città, nei suoi dintorni e nei villaggi.

Ma l’amministrazione curda sta ancora negoziando su un punto che resta cruciale. Per i siriani, “i curdi di Afrin dovranno consegnare tutte le armi leggere e quelle personali, di modo che assolutamente nessuna di esse resti nelle mani della gente. Il potere, adesso, è nelle mani dell’esercito siriano che, oltre alla consegna della città, insiste che i giovani curdi dovrebbero servire nelle forze armate ed  effettuare il dovere nazionale”

La dirigenza di Damasco si aspetta che i curdi di Afrin accettino l’intero ventaglio di condizioni qualunque giorno da ora in avanti, permettendo allo stato e ai suoi organi di riavere il controllo del cantone esattamente come nel 2011. Nel caso di rifiuto, l’altra opzione per Afrin, è quella di rimanere in balia delle bombe turche e di essere sottomessa agli attacchi continui delle forze pro-Ankara nella regione. Questo rifiuto, se avverrebbe, porterebbe solo causare ulteriore perdita di vite e distruzione di case e proprietà dei curdi.

Pertanto Damasco è fiduciosa che le cose verranno risolte grazie all’intervento della Russia che metterà fine all’”Operazione Ramo d’Ulivo” turca coordinando il cessate il fuoco e il ritiro di tutte le truppe turche.

Gli USA sostengono la Turchia – malgrado i deterioramento delle relazioni a cause della presenza Statunitense e il supporto USA militare offerto ai curdi, considerati nemici della Turchia – in questa guerra contro i curdi di Afrin per una ragione ovvia: La strategia degli USA richiede che la Turchia resti in Siria e occupi parte del suo territorio. L’America non deve restare l’unica nel Levante ad occupare una grande parte del territorio siriano a nord-est (circa il 24% della superficie della zona), ma vuole anche tenere sotto controllo le ricche riserve energetiche (petrolio e gas) all’Este dell’Eufrate.

Così, se alla Turchia verrà chiesto di andarsene, gli USA non avranno altra scelta che dichiarare la loro occupazione ufficiale dei territori siriani. Mentre la presenza di più d’un paese occupante giustificherebbe la continuità della presenza americana in Siria, con il pretesto di combattere il terrorismo e l’ISIS il quale si trova proprio dentro la zona siriana a nord occupata dalle forze americane.

In previsione della dichiarazione di accordo da parte dei curdi di Afrin sui dettagli finali, possiamo dire che la Siria resterà un paese dove le superpotenze e gli altri paesi limitrofi combattono con i loro stessi soldati e con i “proxies”. Queste non esiteranno a imporre una condivisione politica, militare e geografica del Levante. Però Damasco, che diventa ogni giorno più forte, ha ancora da dire del suo e non rinuncerà alla legittima rivendicazione del suo territorio, l’intero territorio della Siria.

Con la consegna – quando avverrà – di Afrin all’autorità dello stato siriano, i curdi di al-Hasaka rimarranno l’unico gruppo compatto sotto il controllo americano. Anche se gli USA usano il nord-est siriano per restare nel Levante e fanno pressione sull’Iraq con la scusa di “combattere l’ISIS” e per “la paura che l’ISIS ritorni” (che infatti è già oggi nella zona controllata dagli USA), non ci vorrà molto prima che Washington capisca che non ha più il controllo di un’area amichevole, ma piuttosto di una zona che è lentamente, ma sicuramente destinata a diventare ostile. Questo succederà quando i curdi di al-Hasaka capiranno anche loro, che la loro unica sicurezza e rifugio saranno nel ritorno all’autorità dello stato siriano piuttosto che con delle forze pronte ad abbandonarli nel momento in cui i loro interessi li obblighino a terminare l’occupazione del nord-est siriano.