Gli attacchi in Medio Oriente non colpiscono gli Stati Uniti ma i loro alleati

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

Una nuova arte della guerra sta prendendo piede in Medio Oriente, una regione che diventa sempre di più una piattaforma di conflitti regionali e internazionali. Dopo l’invasione dell’Afghanistan del 2001, l’occupazione dell’Iraq del 2003, la guerra del 2006 in Libano e il tentativo (fallito) di cambiare il regime in Siria nel 2011, adesso c’è l’Iran sotto i riflettori. Ma il modo di combattere dell’Iran utilizza quello occidentale : colpire gli alleati senza lasciare impronte. 

La minaccia di un attacco contro le forze statunitensi, è stata addotta come giustificazione al possibile spiegamento nella regione di 120.000 militari americani, ha scritto il New York Times. Citando personalità interne all’amministrazione, il giornale ha detto che non era chiaro se il presidente Donald Trump fosse stato informato del piano e del numero dei militari previsto. Il New York Times ha scritto che l’incontro avveniva alcuni giorni dopo la citazione da parte dell’amministrazione Trump di  “informazioni specifiche e credibili” che avrebbero indicato l’intenzione delle forze iraniane e dei loro alleati di colpire le truppe americane in Siria, in Iraq e in mare. Martedì Trump ha smentito la notizia, definendola “fake news” (notizie false). “ Lo farei? Assolutamente. Ma non lo abbiamo previsto” ha detto ai giornalisti alla Casa Bianca. “ Non abbiamo dei piani e se li facessimo manderemmo molte più truppe”.

L’Iran non è l’Iraq, non è il Libano, la Siria e nemmeno l’Afghanistan. Da 40 anni la “Repubblica Islamica” è circondata da nemici, ha subito pesanti sanzioni, è stata obbligata a organizzarsi per conto proprio  contrastando le sanzioni in modo efficace. Ha sostenuto degli alleati che stanno dimostrando di avere delle potenzialità in Yemen, Libano, Siria e Iraq. Non è mai stata protagonista diretta di una guerra da quando quella con l’Iraq è finita con un cessate-il fuoco nel 1988 ma è riuscita a portare avanti uno scontro significativo tramite soprattutto i suoi alleati (in Siria) mantenendo sul terreno un numero limitato di soldati. 

Oggi l’Iran si trova ad affrontare una sfida diretta. Malgrado le serie minacce che arrivano dagli Stati Uniti, sta ancora combattendo indirettamente, mostra i muscoli ma non si scontra con i nemici a tu per tu. Un nuovo tipo di guerra affiora in Medio Oriente: non vengono colpite le forze americane ma i loro alleati. Ancora non si riesce a capire come risponderanno gli alleati degli Stati Uniti . 

La scorsa domenica alle 4 del mattino (ora locale) c’è stata una forte esplosione che ha coinvolto sette grandi petroliere nel porto di al-Fujairah, ( Emirati Arabi Uniti) il secondo centro al mondo per il rifornimento di carburante a bordo delle navi. Le navi subivano un atto di sabotaggio, in acque territoriali, soggette all’articolo 33.1 della “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare” (UNCLOS) e non in acque internazionali (articoli 34, 35 e 38), proprio durante l’ “Imsak” (il momento in cui si deve smettere di mangiare e bere nel mese del  Ramadan). Le autorità locali non solo si sono astenute dall’annunciare la notizia, ma l’hanno negata per 12 ore. La conferma del danno subito da 4 anziché  sette navi, è venuta dal ministro degli esteri emiratino e non dal ministro degli interni, indicando così l’esistenza di consultazioni con altri paesi sulla necessità o meno di diffondere la notizia. 

Martedì di questa settimana, l’esercito yemenita che combatte al fianco degli Houthi ha lanciato un attacco di droni ben preparato contro strutture petrolifere saudite. “Sette droni UAV-X hanno bombardato obbiettivi nel territorio dell’Arabia Saudita”. Il ministro saudita dell’energia Khalid al-Falih confermava l’attacco avvenuto a più di 320 km a ovest della capitale Riad che colpiva “due stazioni di pompaggio dell’oleodotto Est-Ovest. L’oleodotto, che trasporta il greggio dai campi petroliferi orientali del Regno fino al porto di Yanbu, a nord di Bab al-Mandab, è stato colpito da droni carichi di esplosivo”. Il prezzo del Brent greggio è salito dell’1,38% arrivando a 71,20 $. 

L’Arabia Saudita e gli Emirati, entrambi alleati degli Stati Uniti che pagano un considerevole “riscatto” al presidente Donald Trump a titolo di protezione, subiscono attacchi, soprattutto mirati al loro petrolio, che   possono far aumentare il prezzo del greggio nel mondo. Questi paesi stanno perdendo la loro abituale condizione di tranquillità e rilasciano infatti informazioni, che di solito sarebbero tenute nascoste, relative ai due attacchi citati sopra. Abbiamo due possibili spiegazioni per questo comportamento : 

Una potrebbe essere che gli alleati degli Stati Uniti sono stufi di essere maltrattati da Trump e mandano il messaggio che quelle centinaia di migliaia di militari in più che gli Stati Uniti pensano di schierare nel Golfo per proteggerli dagli attacchi sono solo un peso per le finanze dell’Arabia Saudita e degli Emirati. Inoltre, nonostante loro stiano pagando, non ottengono dagli Stati Uniti il “servizio” desiderato. Trump si è ripetutamente vantato di questa estorsione; anche un boss della mafia, che non è in grado di proteggere le vittime del suo racket, in questo modo perde prestigio. 

In alternativa, entrambi i paesi potrebbero aver rilasciato le informazioni per provocare una guerra contro l’Iran, il principale sospettato nonché il beneficiario di questi attacchi. Il mese scorso, le Guardie Rivoluzionarie dell’Iran hanno minacciato di chiudere lo Stretto di Hormuz (dove passa un quinto del consumo di petrolio nel mondo) se a Teheran fosse stato impedito di usarlo per vendere le sue esportazioni giornaliere di 2 milioni di barili. 

Gli attacchi sono clandestini e gli autori difficilmente identificabili.  Gli alleati dell’Iran sono pronti a sostenere Teheran perché la loro esistenza e ideologia sono a rischio. Ma queste risposte alle minacce degli Stati Uniti non sono dirette a Washington affinché Trump non abbia più scuse per attaccare l’Iran. Queste risposte vanno a colpire gli alleati degli americani e andranno ad incidere sul prezzo del petrolio. Potrebbero non limitarsi all’Arabia Saudita e agli Emirati, ma estendersi ad altre capitali del Medio Oriente nei prossimi giorni. 

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