Oggi come ieri : negli anni ’80 l’Iran affrontava gli Stati Uniti nello stretto di Hormuz

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

“ Intercetteremo e fermeremo tutte le esportazioni di petrolio dalla regione (Medio Oriente) se ci impediranno di esportare il nostro petrolio. Prenderemo tutte le misure necessarie per chiudere lo stretto di Hormuz. Se con l’invio di portaerei gli Stati Uniti stanno cercando di rafforzare la loro posizione e il loro prestigio in seno alla comunità internazionale, la cosa non ci riguarda. Ma se invece vogliono veramente minacciarci devono sapere che neppure una goccia di petrolio lascerà la regione e che faremo in modo di distruggere tutti i loro interessi in Medio Oriente”. Questo è quello che diceva il presidente, il Grande Ayatollah Sayyed Ali Khamenei nel 1983 rispondendo alla decisione del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan di mandare le sue portaerei in Medio Oriente durante la guerra tra Iran e Iraq. Sembra solo ieri. 

Oggi, nel 2019, Sayyed Ali Khamenei, l’esperto e navigato leader della rivoluzione che ha rivestito un ruolo nella crisi degli anni ’80, crisi molto simile a quella odierna, si trova di fronte un presidente, Donald Trump, e un’amministrazione che non sembra abbiano imparato molto dalla storia e dai precedenti scontri tra i due paesi. Osservare la politica estera del passato con occhio critico pare non sia la prassi dell’attuale amministrazione americana. Basterebbe una vaga reminiscenza di ciò che è stato a far capire a Trump quello che può aspettarsi da uno scontro con l’Iran. 

Negli anni ’80 la “Rivoluzione Islamica” in Iran si trovò ad affrontare dei seri problemi a molti livelli. Le sue forze armate erano disorganizzate e disperse, c’erano notevoli differenze tra coloro che prendevano le decisioni e i politici su come governare il paese in seguito alla caduta dello Scià, non c’era sicurezza interna ma scontri a livello etnico e nazionale, nessuno era pronto a vendere armi al paese, Stati Uniti, Europa e gli stati del Golfo appoggiavano l’aggressione di Saddam Hussein, il tutto in un contesto di grosse difficoltà economiche. 

Lo scenario era perfetto per un’invasione a cui infatti Saddam Hussein diede il via nel settembre 1980 con il bombardamento dell’aeroporto internazionale di Mehrabad, dopodiché occupava Khorramsharh (nella lingua farsi questo nome significa “ la terra rossa”) invocando un’insurrezione araba ad “al-Muhammara” ( “la terra rossa” in lingua araba) . Questo obbiettivo e il concomitante cambio di regime è quello a cui l’amministrazione degli Stati Uniti aspira dal 1979 e apparentemente oggi, nel 2019, l’ossessione è ancora la stessa. 

Molti potrebbero non ricordare che l’Imam Khomeini non esitava ad incoraggiare la leadership iraniana guidata dall’odierno “Rahbar” (Guida Spirituale) Sayyed Ali Khamenei (nel 1987) che allora era presidente dell’Iran, ad affrontare e ad aprire il fuoco contro le forze americane o contro altri paesi ostili in navigazione nel Golfo. “ Se fossi in voi (rivolto alla leadership politica) darei ordini alle nostre forze armate di colpire la prima nave che protegge una petroliera che attraversa lo stretto di Hormuz. Decidete voi quello che pensate sia meglio ( il modo di procedere), costi quel che costi” diceva l’Imam Khomeini. 

L’Ayatollah Ali Khamenei (e lo Sceicco Hashemi Rafsanjani) diedero immediatamente ordine alle forze armate di agire in questo modo. Tutte le forze armate erano in stretto coordinamento con le Guardie della Rivoluzione (IRGC-Pasdaran). L’Iran a questo punto lanciava i missili Silkworm di fabbricazione cinese contro il porto di al-Ahmadi in Kuwait. Ci fu un altro attacco ad una petroliera del Kuwait che batteva bandiera americana, scortata dalla marina degli Stati Uniti, che andò ad urtare una mina iraniana nel golfo. L’Iran inoltre abbatteva un elicottero americano usando i missili Stinger fabbricati negli Stati Uniti che gli erano stati forniti dai mujahedeen afgani. La sua linea era quella di  continuare lo scontro nel Golfo Persico incurante dell’ “immenso” potere militare degli Stati Uniti. L’Iran per di più  attaccava una nave sovietica, il mercantile Ivan Korotoyev in navigazione nel Golfo come nave di scorta. 

Era indiscutibilmente raro che due superpotenze come gli Stati Uniti e la Russia si potessero trovare entrambe schierate contro l’Iran in un conflitto in Medio Oriente, alleate di Saddam Hussein così come è  evidente che le capacità diplomatiche dell’Iran non si erano ancora affinate. Infatti l’Iran aiutava gli afgani nella loro lotta contro i sovietici mentre era impegnato a combattere l’egemonia americana in Medio Oriente. 

Sayyed Ali Khamenei andò a New York e, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, disse al mondo: “ gli Stati Uniti avranno la risposta che si meritano nel Golfo”. Una gigantesca petroliera di proprietà degli Stati Uniti, la Sungari, venne attaccata e data alle fiamme dai Pasdaran. L’Iran non era affatto disposto a farsi da parte, al contrario dimostrava di essere pronto ad affrontare ben due superpotenze in una volta, per giunta in un momento in cui Teheran si trovava in pessime condizioni. 

Oggi l’Iran possiede ogni tipo di missile ed è assai più potente, è un paese molto produttivo, ha alleati forti ed efficienti in grado di colpire i suoi nemici molto di più che nel 1987. I principi e i valori della rivoluzione islamica sono ancora gli stessi, portati avanti pressappoco  dalle stesse persone. I Pasdaran (IRGC) sono più forti che mai e sono parte integrante delle forze armate. 

Sayyed Ali Khamenei era totalmente devoto all’Imam Khomeini. La sua funzione è stata quella di guardiano fedele della “Rivoluzione Islamica”, ha diretto l’IRGC, rappresentato l’Imam Khomeini al Consiglio di Sicurezza e ha avuto un ruolo particolarmente efficace nell’armare e nell’inglobare l’IRGC in tutti i livelli delle forze armate del paese. Non avrebbe esitazioni a intervenire contro eventuali segni di debolezza che i suoi governanti potrebbero mostrare mentre cercano di ammorbidire le relazioni con gli Stati Uniti. La Guida Suprema della Rivoluzione oggi non ha paura della guerra così come non teme la pace. Non negozierà con Trump né lo aiuterà ad essere rieletto nel 2020. Quelli che pensano che l’Iran sia disperato o messo con le spalle al muro o anche in fallimento a causa delle sanzioni degli Stati Uniti, dovrebbero leggere con più attenzione la storia e il comportamento della “Rivoluzione Islamica” a partire dal 1979. 

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