Stati Uniti e Iraq : molto attenti a non calpestare le mine.

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

Malgrado i fallimenti della politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente negli ultimi 40 anni, l’amministrazione americana pare sia riuscita a non suscitare l’animosità del governo iracheno nei suoi confronti. I suoi insuccessi dovuti all’ incapacità di condurre una politica chiara ed efficace nella regione mediorientale si sono palesati uno dopo l’altro nelle sue guerre in Iraq e in Afghanistan, nella sua occupazione di parte della Siria, nel suo incondizionato sostegno ad Israele ( a spese del processo di pace con i palestinesi), nella sua dichiarazione unilaterale di guerra economica all’Iran. Nonostante ciò, l’attuale primo ministro Adel Abdel Mahdi oggi sta aiutando gli Stati Uniti a stabilire dei buoni rapporti di collaborazione con l’Iraq, un’impresa difficile a livello regionale e nazionale.

Il primo ministro iracheno sta cercando di mantenere in equilibrio le relazioni del suo paese con gli Stati Uniti e con l’Iran, i due grandi nemici. Non è però un’iniziativa facile da portare avanti in un territorio che non si è ancora ripreso del tutto dagli anni in cui dominava il terrorismo e le cui infrastrutture non sono ancora state completamente rimesse a posto. E la sfida di Abdel Mahdi va anche oltre : conquistare il cuore e la mente di una popolazione profondamente segnata dagli effetti della “guerra al terrore”. Tuttavia, in mezzo a tutte queste sfide non facili, l’Iraq sta offrendo agli Stati Uniti un ottimo modello da seguire e riprodurre nelle relazioni con altre zone “calde” del Medio Oriente permettendo loro di tornare nell’arena come un partner e non più come un nemico. 

L’amministrazione degli Stati Uniti pare orientata a rispondere positivamente alla richiesta dell’Iraq di essere esentato dalle sanzioni contro l’Iran. Il governo di Adel Abdel Mahdi ha insistito affinché gli venisse concesso inizialmente un periodo di 90 giorni per l’acquisto giornaliero di 28 milioni di metri cubi di gas iraniano destinati a rifornire i governatorati di Diyala e Bassora di elettricità. Si sa che il governo iracheno ha chiesto l’esenzione dalle sanzioni per almeno due anni non avendo a portata di mano altre alternative per poter soddisfare la richiesta interna di elettricità la cui mancanza sicuramente innescherebbe un’insurrezione della popolazione. L’Iraq sta anche mettendo in chiaro con gli Stati Uniti che la sua richiesta di fornitura di gas all’Iran aumenterà fino a raddoppiare nei prossimi mesi, in attesa che venga ristabilita la produzione interna che permetterà al paese di non essere più dipendente da altri. Gli Stati Uniti stanno incoraggiando il governo iracheno a cercare alternative in Giordania e Arabia Saudita per minimizzare o forse anche eliminare il ruolo dell’Iran. Abdel Mahdi ha accolto con favore l’aiuto di questi paesi vicini, ma, nel medio e lungo termine, manterrà comunque l’Iran come uno dei suoi principali fornitori. L’Iraq ha concordato con l’Iran di non pagare le forniture energetiche in dollari e la somma dovuta verrà erogata in dinari iracheni e in euro, la moneta europea. 

Il primo ministro iracheno è riuscito a convincere diversi partiti politici iracheni che hanno un considerevole numero di seggi in parlamento a rinunciare o almeno a rinviare il decreto che chiederebbe alle forze degli Stati Uniti di lasciare il paese, ha riferito una fonte vicina al primo ministro. 

Secondo la fonte, “l’Iraq ha bisogno delle armi degli Stati Uniti, i principali fornitori dell’esercito e delle forze di sicurezza irachene. Gli Stati Uniti, inoltre, si occupano di addestrare queste forze, forniscono informazioni vitali e supporto tecnico, presupposti fondamentali per la lotta contro l’ISIS. Nonostante l’ISIS non abbia più il controllo del territorio che occupava, è ancora attivo nel nord del paese. Pertanto qualunque aiuto che provenga da qualunque parte è ben accolto”. 

Il primo ministro Adel Abdel Mahdi in più occasioni ha incontrato autorità iraniane e statunitensi per facilitare le relazioni tra i due paesi e l’Iraq. Ha chiarito che il suo paese non potrà essere il palcoscenico su cui avvengono gli attacchi americani all’Iran, non si allineerà alle sanzioni americane come pure non potrà essere usato come piattaforma per attaccare le forze americane o per mandare dei messaggi (tipo il razzo lanciato recentemente contro l’ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad); il comportamento dell’Iraq sarà finalizzato al suo tornaconto e ai suoi interessi per cui accetterà dei compromessi con i suoi vicini, Arabia Saudita e Iran compresi. 

Non c’è dubbio che l’Iran abbia dei forti alleati tra i vari partiti politici iracheni sia curdi che sunniti e sciiti che hanno potere in parlamento e nel governo. L’Iran ha inoltre una notevole influenza tra i gruppi armati presenti in parlamento come attori non statali ma influenti tra la popolazione. 

E’ comunque nell’interesse dell’Iran che l’Iraq sia forte anche a livello economico in modo tale da poter avere un importante ruolo in Medio Oriente. L’Iran spera che ci siano “buoni rapporti” tra Iraq e Arabia Saudita così come decenti relazioni tra Iraq e Stati Uniti proprio perché Baghdad possa avere il ruolo di “canale secondario”in Medio Oriente. All’Iraq viene chiesto di esercitare l’arte dell’impossibile, cioè gestire relazioni “intense” tra l’Iran da un lato e gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita dall’altro. Questi paesi si fanno la guerra, in silenzio, dal 1979, l’anno della rivoluzione iraniana. L’Iran in più spera che Baghdad riesca ad eliminare l’ISIS, una seria minaccia per tutti i paesi della regione. 

Teheran, secondo coloro che prendono le decisioni a Baghdad, non farà ricorso ai suoi alleati in Iraq per colpire gli interessi degli Stati Uniti nel paese, a meno che non si trovi di fronte ad una seria minaccia alla sua esistenza, cosa molto poco probabile se non avviene una dichiarazione di guerra da parte degli Stati Unti. In realtà una guerra senza quartiere contro l’Iran non è un’opzione realistica dato che gli alleati dell’Iran in Medio Oriente sono forti, uniti e hanno dimostrato di saper creare un fronte compatto contro i loro nemici nel momento del bisogno. 

In effetti è proprio grazie all’incapacità degli Stati Uniti di gestire la loro politica estera e le relazioni con i paesi mediorientali che l’Iran ha potuto appoggiare e armare i suoi alleati in Yemen, Palestina, Siria e Libano. L’Europa non è riuscita a sostituire o rimuovere la mancanza di tatto degli Stati Uniti e non si offre come possibile partner dei paesi della regione quando questi sfidano l’egemonia americana. 

L’Iraq può essere preso come ottimo esempio nel saper gestire l’impossibile in Medio Oriente dato che sta dimostrando, finora, di ottenere eccellenti risultati. In precedenza, l’Iraq aveva iniziato con un primo ministro a favore degli Stati Uniti, Ayad Allawi che non era stato  funzionale agli interessi del paese. Dopo c’era stato Ibrahim al-Jaafari, un primo ministro pro-Iran ma i suoi risultati furono di nuovo tutt’altro che invidiabili. Poi è venuto al-Maliki, sostenuto dall’Iran e pure dagli Stati Uniti nella lotta all’ISIS (anche se nel 2014, quando l’ISIS stava per arrivare a Baghdad, gli Stati Uniti rispondevano in ritardo alla richiesta di aiuto, all’opposto di quanto faceva l’Iran). Quando Abadi poi si schierò con gli Stati Uniti contro l’Iran, perse credibilità mettendo fine così alla sua carriera. Oggi c’è un primo ministro che gode del sostegno dell’Iran ma che mantiene un rapporto equilibrato con gli Stati Uniti favorendo gli interessi del paese. La priorità di Mahdi è quella di ricostruire il paese. 

Abdel Mahdi procede su un campo minato nel proprio paese così come nel tentativo di tenere in equilibrio la sua politica estera. Sa perfettamente che ha a che fare con attori non statali molto potenti e ha  ancora bisogno di intimorire l’ISIS e anche gli Stati Uniti nel caso in cui la situazione diventasse di nuovo preoccupante per il suo paese. Consapevole delle sue priorità, sa che uno scontro tra Stati Uniti e Iran sarebbe devastante anche per l’Iraq. Abdel Mahdi è riuscito, finora, a spiegare all’Arabia Saudita, all’Iran e agli Stati Uniti che possono considerare l’Iraq “ come un paese con cui fare affari” e in cui avere anche influenza, per poter salvaguardare l’integrità e l’unità del paese evitando una guerra sul suo territorio. 

Pare che l’Iraq stia conquistando quell’equilibrio apparentemente impossibile da raggiungere in Medio Oriente. E’ l’unico paese che ha un ruolo di equilibratore. Se gli Stati Uniti continueranno ad appoggiare  questo suo comportamento evitando di far pressione su Baghdad ( e per ora sembra proprio che sia così) l’Iraq potrà giocare un ruolo chiave nella regione. 

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