Trump ipotizza una guerra veloce che non prevede un piano secondario, trascurando il possibile piano B dell’Iran

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

In uno dei suoi tanti tipici messaggi che lancia attraverso Twitter, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump recentemente ha voluto comunicare che il suo esercito e’ in grado di usare le sue capacità  di “ distruzione” in una eventuale guerra con l’Iran se fosse necessario. Inoltre ha dichiarato che questa guerra non durerebbe “ molto tempo”. Entrambe le affermazioni mettono a nudo l’incapacita’ dell’amministrazione americana di sconfiggere e affrontare l’Iran in modo convenzionale dato che Trump sembra fare riferimento alla possibilità di usare bombe nucleari tattiche (o testate potenziate contro le radiazioni) contro il nemico proprio come è successo in Afghanistan, in  Iraq, Siria e in Libano nel 2006 (armi basate sull’uranio). Ha inoltre informato la stampa che non serve un piano secondario, un piano B, perche’ gli Stati Uniti sono sicuri che l’Iran, dopo l’inizio di questa possibile guerra, si arrenderà in breve tempo. Trump così ha confermato come i dirigenti degli Stati Uniti non diano importanza alla storia: in passato hanno sempre avuto questa errata convinzione , soprattutto in Afghanistan e quando hanno tentato  di cambiare il regime in Siria. Ma come risponderà l’Iran e di quali opzioni potrebbe disporre? 

Che l’amministrazione Trump sia concentrata sul suo potere militare e non pensi di mettere in conto tutti i possibili scenari legati ad una ritorsione iraniana, e’ abbastanza chiaro. Se Trump si imbarca in una guerra, il Medio Oriente si troverà impantanato in una terribile situazione che il presidente americano sembra non prendere in considerazione. 

Quando il presidente George W. Bush lanciava l’ “Operazione Libertà Duratura “ ( Enduring Freedom) nel 2001, era convinto che questa operazione sarebbe stata una passeggiata ma oggi, a quasi vent’anni di distanza, Trump e’ ancora impegnato a negoziare con i Talebani la fine di questa guerra che non si è mai fermata. Anche il presidente Barack Obama e le Nazioni Unite credevano che la caduta del presidente siriano Bashar al-Assad sarebbe stata solo una “questione di tempo”. Trump sta dicendo che bombarderebbe l’Iran senza inviare le truppe ad occupare la costa o l’interno del paese, limitandosi così a distruggere degli obbiettivi precedentemente concordati. 

Pare che questa amministrazione sia sicura che un veloce, decisivo bombardamento sia sufficiente a convincere l’Iran a mettere da parte l’orgoglio e a trascinarsi penosamente al tavolo dei negoziati. Potrebbe però  anche succedere che l’Iran riesca ad assorbire la prima ondata di attacchi, magari a caro prezzo, e a lanciare i suoi missili da crociera contro obbiettivi statunitensi e contro gli aeroporti e le strutture petrolifere dei paesi da cui partono gli attacchi americani.  

Un attacco americano certamente distruggerebbe gli impianti petroliferi, le basi di lancio dei missili, una parte delle industrie militari e causerebbe la perdita di tantissime vite umane in Iran. Ma anche tra i militari americani ci sarebbero parecchie vittime e il prezzo del petrolio andrebbe alle stelle, assestando un duro colpo alla campagna elettorale di Trump. Gli Stati Uniti trascurano le potenzialità dei missili iraniani e il fatto che l’Iran potrebbe avere dei missili nucleari tattici con uranio arricchito simili a quelli usati da Israele in Libano nel 2006. Inoltre se l’Iran venisse fortemente colpito, come farebbero gli Stati Uniti a impedire ai suoi alleati di colpire Israele e attaccare le ambasciate e le basi degli Stati Uniti in Libano e Iraq e le truppe americane in Siria? Quando il gioco si fa duro, le regole saltano e le rappresaglie avvengono di sicuro. 

L’Iran ha sostenuto i suoi alleati mediorientali per un decennio e sarebbe illogico non aspettarsi un aiuto da parte loro in caso venisse attaccato direttamente . Nel  momento in cui nel paese le vittime cominciassero a moltiplicarsi e la distruzione si estendesse,  sparirebbero certamente le preoccupazioni di rivelare al mondo le proprie capacità militari segrete per paura di una reazione. Questo potrebbe essere in effetti il piano B dell’Iran, una possibilità che Trump sembra dimenticare. 

Gli Stati Uniti potrebbero usare armi non convenzionali che susciterebbero indignazione dovunque. Oggi Internet rende possibile l’accesso immediato alle informazioni in tutto il mondo. L’uso di armi non convenzionali potrebbe riportare alla memoria la tragedia del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. Nella seconda guerra mondiale gli Stati Uniti non dovettero affrontare le loro responsabilità perché allora tutto il mondo era in guerra. Oggi la situazione è molto diversa e Trump deve fare i conti con una divisione politica all’interno del suo paese, una campagna elettorale e i firmatari del trattato sul nucleare (JCPOA) contrari alla sua uscita dall’accordo, un’uscita fortemente voluta dal  primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu. 

L’Iran non è da solo e non lo sarà anche nel caso in cui i suoi dirigenti, il 7 luglio dovessero decidere di far salire la tensione ritirandosi parzialmente dal JCPOA. La Cina ha rifiutato le sanzioni imposte dagli Stati Uniti all’Iran. La Russia si oppone con forza alla decisione di Trump importando petrolio iraniano e l’Europa potrebbe forse  iniziare a mettere in funzione il sistema monetario INSTEX prima che l’Iran decida il  suo ritiro parziale. 

In Iran si discute se concedere all’Europa ancora un po’ di tempo per verificare se effettivamente  l’INSTEX verrà applicato per sostenere l’economia iraniana o se invece l’Europa non “meriti alcuna fiducia ” come ha comunicato la Guida Suprema ai dirigenti del paese. 

L’ Iran sta accumulando una gran quantità di acqua pesante e di centrifughe ( sta anche modernizzando le IR-1 che sono diventate IR-6 e presto diventeranno IR-8). Trump sta impedendo all’Iran di esportarne l’eccesso proprio perché così il paese  venga accusato  di violare il JCPOA. Ma quello che Trump sembra non capire e’ che in realtà sta dando all’Iran un’altra carta da giocare. L’Europa, ansiosa di impedire all’Iran di raggiungere le potenzialità nucleari a livello militare si offrirà di allentare le restrizioni nelle esportazioni di acqua pesante e centrifughe in eccesso. Ma l’Iran non accetterà questa logica di scegliere ciò che può o non può essere esportato. Questo metterà di nuovo sotto i riflettori la decisione di Trump di mandare a monte il trattato sul nucleare, a meno che non vengano tolte le sanzioni o emergano altri partners pronti a fare affari con l’Iran. 

Quando Trump ha minacciato la “distruzione” ha obbligato sia i pragmatici che i radicali a rimettere in discussione la Fatwa emessa dalla Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, che impediva al paese di possedere bombe atomiche. Israele, Pakistan e India, paesi vicini all’Iran, posseggono la bomba atomica. D’altra parte la discussione  prevalente oggi in Iran riguarda un piccolo gruppo, Hezbollah,  che e’ riuscito a fermare Israele, una potenza nucleare, impedendogli di raggiungere i suoi obbiettivi nel 2006. La tecnologia, la superiorità aerea, un esercito più numeroso, le decine di basi militari che circondano l’Iran non possono garantire agli Stati Uniti una vittoria- lampo ma neppure una vittoria dopo un lungo conflitto. I migliori esempi che lo dimostrano sono l’Afghanistan e l’Iraq. Resta in sospeso la domanda : per quanto tempo ancora l’Iran potrà continuare a reprimersi evitando di avere bombe atomiche se il suo nemico (Donald Trump) rinnova continuamente le sue minacce di distruggerlo? 

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