Chi prende l’iniziativa e chi è in grado di mobilitare la popolazione nelle strade dell’ Iraq?

Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

Non ci sono molti dubbi sul fatto che Moqtada al-Sadr abbia il controllo di quello che avviene nelle strade dell’Iraq e sia capace, quando vuole, di rendere violente delle proteste iniziate pacificamente. Nonostante la presenza di tanti altri attori meno importanti e di coloro le cui richieste di riforme sono sincere, Sayyed Moqtada è in grado di far andare le proteste nella direzione che a lui fa comodo. Sta di fatto però che tutti i politici iracheni (e forse anche quelli che non sono in Mesopotamia) non sono assolutamente a conoscenza degli obbiettivi strategici di Sayyed Moqtada. Chiunque ottenga un gran numero di MP (membri del parlamento) e abbia la maggioranza dei ministri, ha sempre avuto la possibilità di chiedere le dimissioni del governo e del primo ministro. Lui è stato il primo a chiedere, nel parlamento, che l’Iran se ne andasse dall’Iraq nonostante la “Repubblica Islamica” sia sempre stata il suo miglior rifugio dal 2005 quando aveva avuto l’impressione che la sua vita fosse in pericolo e gli Stati Uniti volessero ucciderlo. In questo momento si trova in Iran, un paese in cui ritorna abbastanza frequentemente. Ma cosa vuole Moqtada? 

Fonti ben informate a Najaf dicono che quelli che hanno appiccato il fuoco al consolato iraniano sono seguaci dell’attuale MP Adnan al-Zurfi, sebbene lui, nominato a suo tempo governatore di Najaf da Paul Bremer, abbia negato il suo coinvolgimento. Le fonti a Najaf però confermano che sono proprio stati i suoi seguaci a dar fuoco al consolato di Najaf ben due volte e poi si sono diretti al santuario di Sayyed Mohammad Baqer al-Hakim nella piazza Sahat al-Ishreen dove hanno anche bruciato la biblioteca. 

Lo sceicco Jalaleddine al-Sagheer, uno dei più stretti collaboratori del defunto Sayyed Mohammad Baqer, mandava i suoi uomini, conosciuti come “Saraya al-Aqeeda” a proteggere il santuario noto come “Shaheed al-Mihrab”. Sayyed al-Hakim venne assassinato nel 2003 insieme ad altri (75) da un’autobomba piazzata all’esterno del santuario dell’Imam Ali; il mandante era Mohammad Yassin Jarrad, il cognato di Abu Musab al-Zarqawi. I sostenitori di Sayyed Moqtada presenti nelle strade invece si rifiutavano di proteggere il santuario. Questo comportamento è dovuto alla vecchia faida in corso a Najaf tra le famiglie al-Sadr e al-Hakim. 

Non solo non c’è un collegamento che abbia un senso tra la biblioteca del santuario e le richieste dei dimostranti di riformare il sistema di governo e combattere la corruzione politica ma in più i giovani, che sono i protagonisti della protesta nelle strade di Najaf, erano anche all’oscuro del fatto che il defunto Sayyed Mohammad Baqer era lo zio e non il padre di Sayyed Ammar al-Hakim. 

Senza dubbio Moqtada è in grado di trattenere i manifestanti. Lui e i suoi uomini affronterebbero senza esitazione una battaglia tra sciiti ben sapendo che altri gruppi (sciiti) non sono preparati ad un tale scontro. Nel 2005 Sayyed Moqtada incendiava più di 100 uffici e istituzioni appartenenti al Majlis al-A’la e all’organizzazione BADR in tutto il sud dell’Iraq dopo che un ufficio di suo padre era stato attaccato a Najaf. Nel 2016 gli uomini di Moqtada davano alle fiamme un gran numero di uffici appartenenti a gruppi militari e politici sciiti inclusi quelli di Hashd al-Shaabi sapendo bene che non ci sarebbe stata una reazione nonostante questi gruppi avessero una potenza di fuoco decisamente superiore alla loro. 

Sayyed Moqtada si scontrava con l’esercito americano e quello iracheno a Najaf nel 2004 dopo aver occupato la città santa. Grazie all’intervento del Grande Ayatollah Sayyed Ali Sistani riusciva ad andarsene insieme ai suoi ufficiali e a quello che rimaneva dei suoi uomini. 

Sayyed Moqtada fa affidamento sulla reputazione di suo padre e sulle risorse umane ereditate. Conta inoltre sulla moderazione degli altri gruppi sciiti non propensi a farsi coinvolgere in un conflitto interno. 

Viene spesso definito erroneamente un artefice di nomine benché non sia capace di scegliere un primo ministro, un presidente della repubblica e un presidente del parlamento senza il consenso di altri gruppi sciiti e non. Ma è anche vero che gli altri gruppi non possono scegliere i leader senza coordinarsi con lui. Finora Sayyed Moqtada ha avuto il sostegno di un  gruppo numeroso di MP nel parlamento. Ma le prossime elezioni potrebbero riservare delle sorprese a tutti i partiti politici, inclusi i sadristi. 

Moqtada non perde nessuna occasione di mostrare la sua determinazione nel difendere ciò che lui crede gli competa. Più di un anno fa durante le ultime elezioni l’Alta Commissione elettorale dell’Iraq dichiarava che più di 12 MP erano stati eletti illegalmente e chiedeva il riconteggio. Nella notte gli uffici della commissione in cui c’erano le schede prendevano fuoco. La commissione dichiarava che aveva copie del cartaceo sui server elettronici. Lo stesso giorno anche gli uffici in cui si trovavano i server andavano a fuoco. I risultati non poterono essere cambiati e Sayyed Moqtada si tenne i suoi 53 MP, il gruppo più numeroso in parlamento. 

Durante il suo ultimo passaggio in Iran quattro mesi fa enunciava ai mezzi di informazione la sua intenzione di rimuovere dal potere il primo ministro Adel Abdel Mahdi. Gli iraniani gli chiedevano di tacere oppure di andarsene cosicché non apparisse, la sua, una decisione in armonia con i desideri di Teheran. Sayyed Moqtada scelse di andarsene dall’Iran. I leader politici iracheni ritengono che la presenza di Moqtada in Iran crei meno problemi all’Iraq che la sua presenza in Mesopotamia. Moqtada oggi è di nuovo in Iran. La sua presenza là è per lui una garanzia di essere al sicuro dato che è accusato dell’omicidio di Wissam al El’yawi e di suo fratello Issam, comandante del gruppo sciita filo-iraniano Asaeb Ahl al-Haq, la cui tribù ha giurato vendetta. 

Sayyed Moqtada non vuole avere ruoli nella imminente elezione del nuovo primo ministro. Quello che probabilmente vorrebbe è chiedere le dimissioni di questo primo ministro un paio di mesi dopo l’inizio del suo mandato dato che è la sua prassi collaudata. I partiti politici invece obbligheranno il leader sadrista a partecipare alla scelta del nuovo primo ministro e a condividere le responsabilità di questa scelta con gli altri grandi partiti chiamati “balene”, ampiamente accusati di corruzione. 

Moqtada nega un suo coinvolgimento nell’incendio del consolato iraniano a Najaf dicendo: “ mi rifiuto di attaccare le rappresentanze diplomatiche. Non ho neppure attaccato l’ambasciata degli Stati Uniti perché i diplomatici sono nostri ospiti”. 

Al-Sadr aveva detto che avrebbe dato al governo “un anno per riformare il sistema e combattere la corruzione”. Ma dopo solo pochi mesi dall’insediamento di Abdel Mahdi chiedeva ai suoi di manifestare a Baghdad e li spingeva verso la “zona verde”, il suo posto preferito per le dimostrazioni. Lui è il signore delle strade ma non ha né piani né obbiettivi strategici. Lui rappresenta l’opposizione in un parlamento e in un governo in cui ha la maggioranza. 

Sayyed Moqtada si è scontrato con il Marjaiya di Najaf (che sa come il leader sadrista si comporta con i leader al potere dopo che ha contribuito alla loro elezione) dopo aver praticamente detto no ad una richiesta privata del Grande Ayatollah all’inizio dell’anno che lo invitava a non chiedere le dimissioni del primo ministro Abdel Mahdi e a lasciarlo lavorare. Recentemente Sayyed Sistani ha criticato Moqtada, senza però nominarlo, e altri partiti politici che si sono rifiutati di collaborare con Abdel Mahdi per sveltire le riforme. 

Sayyed Moqtada non è l’unico a cui mancano le qualità di un uomo di stato. Una buona parte dei leader iracheni hanno poco autocontrollo e raggiungono risultati minimi. E’ proprio per questo motivo che il Grande Ayatollah Sistani ha questo grande potere. Ma cosa succederà quando questo anziano leader non sarà più presente? Che ne sarà dell’Iraq? 

L’Iraq è uno dei paesi più importanti del Medio Oriente e ha delle risorse enormi. Il terrorismo è ancora presente e il piano degli Stati Uniti e di Israele che vorrebbe dividere il paese non è ancora stato archiviato ma è in attesa che si presenti l’occasione per essere attuato. Gli abitanti e i leader della Mesopotamia che fanno veramente molto poco per garantire la stabilità al loro paese, dovrebbero non dimenticare quali sono le mete che si prefiggono i nemici dell’Iraq nel lungo periodo e darsi da fare per smussare i loro contrasti interni. 

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