Il Presidente dell’Iraq: la decisione è solo mia.

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da Alice Censi 

Il presidente iracheno Barham Salih è quello che oggi ha effettivamente il controllo del paese anche se non ne rispetta la costituzione. Con un gesto teatrale ha dichiarato di volersi dimettere per riuscire ad ottenere l’appoggio della popolazione. Dopo aver rifiutato la decisione della coalizione di maggioranza in parlamento di nominare il loro candidato, in conformità con l’articolo 76 della costituzione, partiva per Suleimaniya. Solo lui deciderà chi potrà essere nominato nuovo primo ministro del paese, indifferente alle clausole della costituzione che prevedono il rispetto della volontà della maggioranza parlamentare.

Le dimissioni del primo ministro provvisorio Adel Abdel Mahdi e il faticoso iter per nominare un nuovo primo ministro, hanno messo in luce quanto siano divisi i partiti politici, soprattutto il blocco maggioritario sciita, nel parlamento iracheno. Hanno  anche messo in evidenza l’incapacità dell’Iran di far convergere i gruppi sciiti iracheni su un unico candidato scelto da loro! E’ chiaro a questo punto che l’Iran ha un’influenza abbastanza limitata sull’Iraq. Cosa ha in serbo il futuro per l’Iraq? 

La costituzione irachena dà alla coalizione parlamentare di maggioranza il diritto di scegliere il candidato a primo ministro e successivamente comunicarne il nome al presidente che dovrà poi annunciarlo pubblicamente. Ma in questo caso la costituzione non è stata rispettata: il presidente Barham Salih ha cercato di ritardare la nomina della coalizione maggioritaria, Al-Bina’, chiedendo al parlamento di confermare l’identità della suddetta coalizione. Riusciva a guadagnare un po’ di tempo comunicando a al-Bina’ che “avrebbe preferito aspettare il sermone del venerdì del Marjaiya di Najaf e annunciare il nome dopo”. 

Salih sapeva benissimo che il Marjaiya aveva deciso di non intervenire né a favore né contro qualsiasi candidato o coalizione parlamentare. Il Grande Ayatollah Sayyed Sistani aveva già definito il percorso che qualsiasi candidato avrebbe dovuto intraprendere: metter fine alla corruzione, preparare elezioni anticipate con una nuova legge elettorale, rendere indipendente il sistema giudiziario e inoltre: creare opportunità di lavoro, dare ascolto alle richieste della popolazione, proteggere i dimostranti e porre fine all’ingerenza straniera negli affari del paese. 

Tutti i politici e i capi delle coalizioni interpretavano le linee guida del Marjaiya a loro piacimento. 

Hadi al-Ameri, a capo della coalizione al-Bina’, diceva ad altri a Baghdad che “il Marjaiya non voleva Qusey al-Suheil come candidato a nuovo primo ministro”. Invece fonti a Najaf definivano tutti i politici “ dei bugiardi avidi di potere, per niente interessati ad ascoltare le richieste di chi protesta”. Hadi al-Ameri si proponeva come candidato ma i suoi stessi alleati respingevano la sua candidatura considerandola una provocazione nei confronti dei dimostranti. 

Il presidente Barham Salih ritardava l’annuncio della nomina di al-Suheil sperando che i manifestanti rifiutassero il suo nome. Per Barham Salih la candidatura di al-Suheil era una chiara minaccia al suo candidato, Mustafa al-Kazemi e al suo programma politico. In Iraq qualunque candidato può essere eliminato con il passare del tempo vista l’impossibilità quasi totale di scegliere un candidato che vada bene a tutti cioè a sunniti, sciiti e curdi. 

 Qusey al-Suheil mi ha riferito, che lui “si rifiutava di distribuire il potere e le cariche ministeriali tra i partiti politici che, per sostenerlo, avevano posto questa condizione”.  L’astuzia è contenuta nella dichiarazione “ presenterò le mie dimissioni andandomene dignitosamente. I partiti politici sono intenzionati a continuare sulla falsariga di sempre e questo per me è inaccettabile. Mi rifiuto di dividere la torta con coloro che non hanno nessun interesse a ricostruire il paese”, una giustificazione alla violazione della costituzione. 

Fonti ben informate a Baghdad mi hanno anche riferito che “ il presidente Salih ha chiesto più volte come mai Adel Abdel Mahdi non fosse rimasto in carica come Nouri al-Maliki che lo era stato per ben 7 mesi. In fondo il paese può aspettare”. 

Dopo che Qusey al-Suheil ritirava la sua candidatura la coalizione maggioritaria al-Bina’ decideva di presentare come candidato a primo ministro il governatore di Bassora Asaad al-Idani. Il presidente Salih diceva di voler aspettare il sermone del Marjaiya del venerdì per decidere ma veniva informato che Sayyed Sistani non avrebbe preso posizione. Salih anche questa volta rifiutava la scelta della coalizione maggioritaria e in una lettera al parlamento comunicava di essere pronto a dimettersi (ovviamente senza farlo). 

Il presidente Salih rimandando l’annuncio di un nuovo primo ministro ha provocato il rifiuto da parte dei dimostranti di qualsiasi candidato proposto dalla coalizione maggioritaria. Continua imperterrito a prendere tempo senza annunciare il nome del nuovo primo ministro. Per lui sembra che la costituzione non conti e anche i politici interpretano i suoi articoli secondo il proprio interesse. Ogni coalizione chiede la sua fetta di potere usando espressioni come “accordo”, “equilibrio”, “intesa” ma ignorando le procedure costituzionali. Anche all’interno della stessa coalizione si sono manifestate enormi disparità di vedute. L’impotenza delle autorità giudiziarie è lampante. 

Un’altra cosa da non sottovalutare è il ruolo di Sayyed Moqtada al-Sadr che è a capo del gruppo più numeroso in parlamento che però non fa parte della coalizione di maggioranza. Moqtada ha detto che non sarebbe intervenuto e non ha partecipato alle consultazioni per il primo ministro. In realtà continuava a ricordare ai candidati e ai leader politici quanto lui avesse peso in parlamento. Su Twitter esprimeva il suo rifiuto sia di Mohammad al-Sudani che di al-Suheil e rammentava al governatore di Basra quanto lui contasse nel nuovo governo e nella scelta dei direttori generali. Moqtada non solo è a capo del gruppo più numeroso di membri del parlamento ma ha anche la maggioranza dei ministri e dei direttori generali. 

Moqtada proponeva tre nomi come candidati: Mustafa al-Kadhemi, Raheel al-Ukeili e Fair al-Sheikh Ali. In realtà, secondo fonti all’interno della sua cerchia, lui spinge il capo dei servizi di intelligence, Mustafa al-Kadhemi. Il presidente Salih  seguendo le sue indicazioni appoggia proprio al-Kadhemi. 

L’Iran non è riuscito a unire le coalizioni e neppure la maggioranza dei gruppi politici su un’unica candidatura. I politici iracheni sono in realtà divisi e lo hanno dimostrato, gli sforzi fatti dall’Iran perché appoggiassero un unico candidato erano destinati al fallimento. L’attuale situazione di stallo ricorda quella del 2017 quando Hadi  al-Ameri contrastava la decisione libanese e siriana di combattere ed eliminare l’ISIS dai confini in comune con l’Iraq a Deir-Ezzour. In un’altra occasione al-Ameri rifiutava il suggerimento di Soleimani di unire le sue forze a quelle del primo ministro Haidar al-Abadi prima delle elezioni parlamentari. 

Oggi al-Ameri vuole diventare di nuovo primo ministro: ha rifiutato Qusey al-Suheil dopo averlo sostenuto all’inizio firmando il documento che approvava la sua candidatura a primo ministro e ora sostiene al-Idani. 

Gli Stati Uniti, per la prima volta dal 2003, non hanno praticamente partecipato a questo processo di scelta del primo ministro e neppure sono intervenuti. Ciò indica che il presidente Trump non dà molta importanza a quello che avviene in Libano, Siria e Iraq. Le sue preoccupazioni sembrano riguardare esclusivamente il suo paese e la minaccia economica rappresentata da Cina e Russia. Trump è indaffarato a imporre sanzioni a nemici e ad alleati e pare poco interessato all’Iraq. 

L’Iraq adesso è nelle mani del presidente Salih che sta usando le proteste nelle strade per aumentare il suo potere. Lui sta dicendo chiaramente al parlamento : “ o decido io o rassegno le dimissioni”. Il presidente Salih ha violato la costituzione utilizzando i dimostranti. La sua proposta di dimettersi è un trucco per avere il loro appoggio, vuole far vedere che è schierato contro i partiti politici. Salih, ben sapendo quanto siano emotivi gli iracheni, cerca di conquistare il loro appoggio. 

La popolazione può rifiutare qualunque candidato a primo ministro e lo farà. Probabilmente Adel Abdel Mahdi resterà primo ministro ad interim per un po’ di tempo fino a quando verrà sostituito da qualcuno dell’apparatomilitare. L’Iraq nel 2020 entrerà in un territorio inesplorato andando incontro ad un futuro incerto. 

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