L’accordo sul nucleare del 2015 non sembra più essere un valido riferimento per l’Iran

Di Elijah J. Magnier 

Tradotto da A.C. 

L’accordo sul nucleare firmato nel 2015 dall’allora presidente  Barack Obama sembra non sia più considerato un accordo utile per l’Iran e indubbiamente viene valutato come un’intesa carente  dagli Stati Uniti. Prima di revocare le sanzioni imposte all’Iran da tutti i presidenti americani a partire dal 1979, Washington e i firmatari europei propongono di apportare delle modifiche al trattato, chiedono infatti  la partecipazione di Israele e dell’Arabia Saudita e che venga messo in discussione il programma missilistico iraniano. L’Iran chiede invece la conferma dell’abolizione di tutte le sanzioni prima di ricominciare a rispettare i punti dell’accordo. E’ chiaro a questo punto che l’accordo sul nucleare non si addice più agli scopi, agli interessi e agli obbiettivi di sicurezza nazionale dell’Iran visto che l’amministrazione Biden non dà garanzie di voler rispettare gli impegni presi. Così, come conseguenza, questa nuova amministrazione perderà l’opportunità di poter obbligare la “Repubblica Islamica” a rispettare il JCPOA (Piano d’Azione Congiunto Globale). Sembrerebbe che Washington pensi che il modo migliore di imporre delle ulteriori condizioni all’Iran sia proprio quello di non revocare le sanzioni. Ma questa supposizione non farà altro che spingere Teheran ad allontanarsi rapidamente dai suoi obblighi e a sviluppare le sue capacità nucleari fino ad un punto di non ritorno. In questo caso le scelte che restano all’amministrazione americana sono pochissime e includono la possibilità di colpire i siti nucleari iraniani per riuscire a rallentare il ritmo con cui vengono sviluppate le capacità nucleari, una “linea rossa” che secondo Biden e Israele non può assolutamente essere superata. 

Il leader supremo iraniano, Sayyed Ali Khamenei ha affermato che “ se in pratica vengono cancellate tutte le sanzioni noi torneremo a rispettare l’accordo sul nucleare. Ma prima Washington deve revocarle tutte. Chi ha il diritto di porre condizioni sull’accordo è l’Iran perché ha rispettato tutti gli obblighi mentre gli altri paesi non l’hanno fatto”. Sayyed Khamenei è l’unica persona in Iran a decidere la politica estera e l’unico che prende tutte le decisioni strategiche riguardanti i rapporti del paese con il mondo esterno. 

Uno tra coloro che prendono le decisioni in Iran dice: “il significato di quello che ha detto Sayyed Khamenei è che gli Stati Uniti dovrebbero per prima cosa revocare tutte le sanzioni imposte all’Iran e dimostrare che la decisione è stata attuata.  Dovrebbero inoltre dare il permesso a tutti gli stati europei e non europei di stringere accordi commerciali, in tutti i settori, con l’Iran. In più Teheran chiede che le venga assicurato che gli Stati Uniti non torneranno in futuro ad imporle le sanzioni o a revocare un eventuale nuovo accordo come ha invece fatto Donald Trump. Se questo non è possibile l’Iran non potrà annullare i passi fatti per aumentare l’arricchimento dell’uranio al 20% e si ritirerà per gradi da qualunque trattato a meno che tutte le parti non ricomincino ad attenersi all’accordo senza se e senza ma, quindi senza nessuna modifica”. Sayyed Khamenei, parlando con i suoi stretti collaboratori ha spiegato che “ molti paesi europei sono governati da ipocriti che obbediscono agli ordini degli Stati Uniti anche quando i loro leader la pensano diversamente” e che “ gli Stati Uniti e l’Europa 

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non hanno nessun interesse a far diventare l’Iran una nazione forte”. E’ abbastanza ovvio che, se tutte le sanzioni fossero revocate, l’Iran, a livello finanziario, diventerebbe più potente. Le sanzioni sull’esportazione del petrolio hanno infatti limitato la sua vendita che è calata da circa 2,3 milioni di barili al giorno a 700.000. E le entrate derivanti dagli scambi con l’estero si sono ridotte e il valore della moneta locale è sceso in modo significativo. Comunque le esportazioni non petrolifere iraniane nel 2020 hanno superato i 25,1. miliardi di dollari. E gli alleati dell’Iran in Medio Oriente hanno continuato a pagare gli stipendi a decine di migliaia di loro militanti in dollari americani: possiamo tranquillamente dire che l’obbiettivo di Trump di riuscire a paralizzare il potere di Teheran nella regione è decisamente fallito. 

Sayyed Khamenei ha comunicato alle autorità iraniane che “ dovrebbero agire come se con l’amministrazione Biden non ci fosse all’orizzonte la revoca delle sanzioni perché non ci sono differenze di comportamento tra questa amministrazione e le altre”. 

I leader iraniani credono che gli Stati Uniti non faranno marcia indietro su una parte consistente di sanzioni che, se tolte, permetterebbero all’Iran di tornare sui mercati internazionali. L’Iran stesso ha messo a punto diverse violazioni un anno dopo il ritiro illegale degli Stati Uniti. Inoltre l’anno scorso ha avviato il Meccanismo di Risoluzione delle Controversie previsto nel paragrafo 36 del JCPOA, ma senza risultati. In realtà l’Iran non vorrebbe smettere di mettere in pratica il JCPOA e così i suoi alleati strategici, la Cina e la Russia, entrambi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite restano al suo fianco. Entrambe, Cina e Russia, sono d’accordo con Teheran sulla necessità di un ritorno “senza condizioni” degli Stati Uniti al JCPOA il prima possibile.

Gli Stati Uniti non sono certo penalizzati dalle sanzioni imposte all’Iran, anzi, avviene il contrario. Mentre “gode” dei vantaggi che derivano dalle pesanti sanzioni di Trump, Biden chiede all’Iran come prima cosa di tornare a rispettare i suoi impegni. E’ una questione di logica: se gli Stati Uniti credono che l’Iran decida di  proibire le armi nucleari e di vietare lo sviluppo e l’uso di armi di distruzione di massa, perché mai dovrebbero revocare le sanzioni così presto? Perché non negoziare con Teheran pressata da opprimenti penalizzazioni? Ma è un gioco pericoloso perché una Fatwa può cambiare a seconda delle circostanze e delle necessità.

Sayyed Khamenei ha detto alla sua cerchia ristretta che “ alcune autorità iraniane sono deludenti”. Lui ritiene che chiunque pensi che la politica di Biden nei confronti dell’Iran possa essere diversa da quella dei suoi predecessori sia un “ingenuo” e che l’idea che il nuovo presidente revochi le sanzioni sia semplicemente “folle”. “E’ ora di chiudere la porta ai negoziati e tenerla chiusa fino a quando gli Stati Uniti e l’Europa non si impegneranno seriamente in quell’accordo che loro stessi hanno violato e non hanno rispettato”, così avrebbe dichiarato Sayyed Khamenei. 

Sembra ormai evidente che a breve non ci sarà nessun accordo sul nucleare tra Stati Uniti e Iran. Supponiamo che Biden insista sulla partecipazione di Israele e l’Arabia Saudita ad un nuovo JCPOA che comporti delle modifiche. Farebbe un errore enorme. Per anni Trump ha cercato di negoziare le stesse modifiche senza successo, l’Iran ha sempre preferito le pesanti sanzioni. Sayyed Khamenei ha definito i limiti: “nessun emendamento o negoziato fino a quando gli Stati Uniti non revocheranno le sanzioni. L’Iran continuerà ad attuare la sua politica economica che non dipende dalle vendite del petrolio”. 

E allora perché l’Iran dovrebbe soddisfare le richieste di Biden se a Trump ha risposto picche? Perché mai avrebbe appoggiato le elezioni vinte da Biden respingendo l’ultimo tentativo di Trump di trattare, una manovra studiata dall’ex presidente proprio per portare a casa un risultato utile alla sua rielezione? 

La risposta arriva dai vertici iraniani: “ Trump e Biden sono le due facce della stessa medaglia. Ma Trump ha ucciso il maggiore generale Qassem Soleimani per cui se fosse rimasto al potere altri quattro anni lo sbocco naturale della sua politica sarebbe stata la guerra. E in Iran sanno perfettamente che dal giorno in cui la “Rivoluzione Islamica” ha vinto tutte le amministrazioni americane hanno sempre esercitato l’arte delle sanzioni traendone tutti i benefici possibili. Indipendentemente da quelle che potranno essere le intenzioni di Biden, il ritiro totale delle truppe degli Stati Uniti dall’Asia Occidentale è diventata la vera  priorità dell’Iran e dei suoi alleati nella regione. Il Medio Oriente è quindi vulnerabile e aperto a tutte le possibilità.

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