Cos’è che dà all’Iran la forza per poter affrontare una superpotenza come gli Stati Uniti d’America?

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

Durante la guerra tra Iran e Iraq negli anni ’80, la Repubblica Islamica dell’Iran utilizzava lo slogan “ Karbala, Karbala, stiamo arrivando” a “ difendere i valori dell’Islam”. In Siria il grido di battaglia “ non permetteremo che Zeinab venga fatta prigioniera una seconda volta” faceva sì che gli alleati sciiti si mobilitassero a migliaia per combattere i takfiri sunniti di al-Qaeda e dello “Stato Islamico” (ISIS). Oggi, malgrado la lotta vitale tra l’Iran e gli Stati Uniti, la “Repubblica Islamica” non usa più gli slogan religiosi ma raccoglie consenso a livello nazionale. Anche quegli iraniani che non sono in sintonia con l’attuale regime stanno appoggiando il loro paese contro l’atteggiamento aggressivo degli Stati Uniti. La revoca illegale del trattato sul nucleare (JCPOA) da parte degli Stati Uniti ha deluso i pragmatisti. La scelta di Trump di rifiutare l’accordo per far piacere a Netanyahu e per ripicca nei confronti del suo predecessore Obama ha avuto come conseguenza l’imposizione di severe sanzioni alla popolazione iraniana. A dispetto di queste sanzioni la Repubblica Islamica rifiuta di ubbidire agli ordini degli Stati Uniti. Diversamente da altri paesi del Medio Oriente disposti a sottostare ai ricatti e alle prepotenze di Trump, l’Iran dice NO alla superpotenza. Perché? Come è possibile che l’Iran faccia quello che l’Arabia Saudita e altre potenze regionali potrebbero fare ma non faranno? 

L’Iran produce i suoi carri armati, i suoi missili, i suoi sottomarini ed è membro del club dei paesi che hanno capacità e tecnologia nucleare. 

L’Iran ha degli alleati importanti in Libano, Siria, Iraq ,Palestina, Afghanistan e Yemen e può contare sulla loro partecipazione se gli venisse imposta una guerra da altri paesi, anche dagli Stati Uniti. 

L’Iran ha eletto democraticamente i membri del suo parlamento e anche il presidente che ricopre la carica per quattro anni, carica che può essere rinnovata solo una volta in caso vinca le elezioni, non come quegli stati arabi che hanno un presidente a vita o hanno monarchie ereditarie. Ebrei e cristiani, in Iran, vengono considerati minoranze; gli ebrei hanno un membro in parlamento, Siamak Moreh e si sentono “ al sicuro e rispettati”. Sono circa 15.000 su 85 milioni di iraniani e nel paese ci sono più di 25 sinagoghe. 

L’Iran convive con le sanzioni da più di 40 anni e non si è mai piegato alle richieste degli Stati Uniti. Si è scontrato con loro in varie occasioni in Medio Oriente e di recente ha abbattuto un loro drone mandando un chiaro messaggio, di essere cioè pronto ad affrontare un’eventuale guerra che gli venga imposta, con le sue possibili conseguenze. L’Iran è determinato a difendere il suo territorio, le sue acque e il suo cielo a qualunque prezzo; non farà compromessi sulla violazione della sua sovranità anche se fatta da una superpotenza come gli Stati Uniti. Teheran sta mandando un messaggio agli Stati Uniti, al loro principale alleato, Israele, e a tutti i paesi del Medio Oriente : di fronte ad una aggressione, la ritorsione sarà dura. 

L’Iran non teme i tentativi di cambiare il regime perché il suo sistema elettorale è nelle mani della popolazione e, se colpito all’interno, ha la capacità di reagire in qualunque luogo in cui si trovino i suoi alleati, contro i nemici nella regione mediorientale, dovunque essi siano. 

La situazione dell’Iran non dovrebbe essere considerata singolare o sorprendente. E’ naturale avere delle istituzioni democratiche. E’ normale che un paese abbia degli alleati pronti a stare al suo fianco e a offrire il loro appoggio quando ce n’è bisogno. E’ normale che un paese usi la forza, se serve, per difendere la sua sovranità e per proteggere i suoi confini. I cittadini sostengono il loro governo e le sue forze armate nella difesa del paese contro le aggressioni e i loro governanti quando prendono decisioni forti e coraggiose. 

Non si sentono voci in Iran che invochino la caduta dell’attuale regime malgrado la “massima pressione” esercitata dagli Stati Uniti. Il presidente dell’Iran ha risposto per ben 14 mesi con la “massima pazienza” prima di fare il primo passo legale per un ritiro parziale dall’accordo sul nucleare. Rouhani a quel punto si spostava verso “una strategia conflittuale” finendo per adottare “una strategia di uguale risposta” nei confronti di qualunque attacco. Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana (IRGC) stavolta non ha bisogno di slogan religiosi perché gli iraniani sono uniti, al di là della loro etnia, sono con i loro capi, contro gli Stati Uniti. Trump è riuscito a unire pragmatisti e radicali contro di lui. 

L’Europa si è affrettata ad agire con un ruolo di mediatrice nel tentativo non riuscito di allentare la tensione tra Stati Uniti e Iran. I capi di governo europei non possono fare molto contro il presidente Trump, non sono compatti anche se hanno firmato l’accordo sul nucleare e  sono quindi obbligati a rispettarlo. L’Iran ha imposto all’Europa di inventare un nuovo sistema per i pagamenti, INSTEX, malgrado la sua inefficacia. INSTEX è il frutto dell’intenzione dei leaders europei di dare soddisfazione all’Iran e fermare così la sua produzione di bombe atomiche. E’ uno sforzo europeo concreto. 

L’Iran non rinuncerà ai suoi alleati e non lo farebbe mai perché sono essenziali per la sua sicurezza nazionale, sono i difensori dei suoi valori e della sua esistenza. Senza di loro non potrebbe esistere una politica che va contro l’egemonia degli Stati Uniti. Le sanzioni, durissime, all’Iran, hanno danneggiato anche loro ma non hanno peggiorato e neppure scalfito le loro capacità militari. 

L’Iran non si priverà dei suoi missili che sono il suo unico meccanismo e la sua unica opportunità di difesa. Teheran è pronta alla guerra, non abbandonerà la produzione e lo sviluppo dei suoi missili. Ne ha consegnati tanti ai suoi alleati in Palestina, Libano, Siria, Iraq e Yemen. 

L’Iran non si sottometterà alle intimidazioni di Trump, a quei ricatti con cui il presidente americano estorce centinaia di miliardi di dollari ad altri paesi mediorientali obbligandoli  a comprare le sue armi e i pezzi di ricambio. L’Arabia Saudita, gli Emirati e il Qatar, per esempio, pagano notevoli somme di denaro per limitare i danni provocati dalla prepotenza del presidente americano. 

Se tutti questi paesi si ribellassero al bullo del quartiere, come ha fatto l’Iran, e investissero un pochino di quello che stanno dando a Trump nello sviluppo e nel benessere del Medio Oriente, gli Stati Uniti non potrebbero più ricattare l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati. 

E per concludere, è importante sottolineare che l’Iran rifiuta il piano che Trump cerca di imporre ai palestinesi : chiede loro di vendere i loro territori per una manciata di dollari. Molti paesi del Medio Oriente hanno abbracciato il piano infantile di un principiante, Jared Kushner, che conta qualcosa solo perché ha sposato la figlia del presidente, e che crede di poter arrivare là dove molti presidenti e diplomatici di grande esperienza hanno fallito da sempre. L’Iran insieme all’Iraq, al Libano e al Kuwait ha rifiutato l’” Accordo del Secolo”. 

Trump ammette di conoscere solo il linguaggio “ delle cifre e dei soldi”. La risposta dell’Iran alle strategie ricattatorie degli Stati Uniti dà  l’impressione che questo mondo rispetti e capisca soltanto coloro che danno prova di forza rifiutando di sottomettersi alla sopraffazione e anche la coscienza di questo mondo si risveglia solo grazie a quelli che continuano imperterriti a resistere. 

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