I dimostranti in Libano e in Iraq: Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita stufi dell’Iran 4/4

Da Beirut, Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi 

Quando il segretario di stato americano Mike Pompeo dice: “ gli iracheni e i libanesi rivogliono indietro il loro paese, stanno scoprendo che quello che il regime iraniano esporta più di qualunque altra cosa è la corruzione”, accusa in modo diretto i governi dei due paesi di essere a favore dell’Iran e quindi di appoggiare la rivoluzione. Il coinvolgimento degli Stati Uniti nelle proteste in Iraq come in Libano, accompagnato dal  desiderio di assistere alla caduta dei loro governi non è passato inosservato agli occhi della massima autorità nel mondo sciita, il Grande Ayatollah Ali Sistani di Najaf che gode di una notevole influenza in Iraq e nel resto del mondo islamico. “ Ci sono entità interne ed esterne che in Iraq, nei decenni passati, hanno giocato un ruolo di spicco (negativo), hanno seriamente fatto del male, vessato e maltrattato gli iracheni e potrebbero cercare oggi di cavalcare le proteste “ ha detto Sayyed Sistani, attraverso il suo rappresentante Sheikh Abdel Mahdi al-Karbala, durante la preghiera del venerdì. 

Queste parole forti riecheggiano analoghe affermazioni del segretario generale di Hezbollah in Libano, Sayyed Hassan Nasrallah, fatte quando ha parlato dell’origine delle proteste nel suo paese. Entrambi, Sistani e Nasrallah, hanno fatto attenzione a non accusare gli Stati Uniti di avere il controllo su ciò che avviene nelle strade. Chi protesta in Iraq come in Libano ha delle richieste legittime, contesta una reale, perdurante corruzione che affligge entrambi i paesi. Non ci sono dubbi sulle rimostranze e sull’esasperazione della popolazione nei confronti di un sistema politico dominato da un piccolo gruppo di leader. Gli Stati Uniti stanno cercando di intrufolarsi attraverso le legittime richieste dei manifestanti.

Tuttavia la situazione in Iraq e in Libano sta prendendo una piega pericolosa e la possibilità di un collasso totale, soprattutto in Libano, non è affatto remota. 

Non ha niente a che vedere con l’Iran e i suoi alleati sia in Libano che in Iraq. Il Grande Ayatollah Sayyed Sistani, famoso per essere contrario alle interferenze dell’Iran e degli Stati Uniti negli affari iracheni, ha protetto le al-Hashd al-Shaabi (Forze di Mobilitazione Popolare) accusate duramente dall’Occidente, in particolare dagli Stati Uniti, e dall’Arabia Saudita, di essere una creatura dell’Iran in Iraq : “ il nostro orgoglio, le forze armate e quelli che si sono uniti a loro nella lotta all’ISIS e hanno difeso l’Iraq hanno grande considerazione da parte di tutti, specialmente coloro che sono ancora oggi sui confini tra l’Iraq e la Siria e in siti sensibili”. Le Hashd al-Shaabi sono schierate  infatti lungo i confini tra l’Iraq e la Siria, nel deserto di al-Anbar e in tutte quelle zone remote e sensibili in cui l’ISIS è ancora presente. 

Sia in Iraq che in Libano Hashd al-Shaabi e Hezbollah hanno abbandonato le manifestazioni e hanno chiesto ai loro sostenitori di fare la stessa cosa. Entrambe le organizzazioni sono coscienti della trappola che è stata preparata e delle conseguenze che avrebbe un loro coinvolgimento a livello nazionale e internazionale. Entrambe credono che gli Stati Uniti siano pronti ad incitare l’Europa, le Nazioni Unite e la comunità internazionale ad intervenire in Libano e in Iraq per allargare la crisi, dirottare le proteste, riproponendo così lo stesso scenario della Siria e della Libia. 

I principali mezzi di comunicazione (mainstream media) si concentrano solo sulle migliaia in strada in Libano come in Iraq ignorando totalmente quei milioni di cittadini che invece sono rimasti a casa o che non scendono nelle strade. Tutti questi appoggiano comunque le giuste richieste dei dimostranti, la lotta alla corruzione e chiedono anche loro un cambio nella leadership politica ma si oppongono alla distruzione del loro paese, un destino verso cui gli eventi sembra stiano portando soprattutto il Libano. Molti di questi se non vanno a lavorare tutti i giorni non sono in grado di far fronte alle loro necessità e altri invece si trovano senza lavoro per la chiusura di tutte le  istituzioni. Il sistema monetario in Libano è quasi al collasso e le banche cercano di frenare la corsa al ritiro di denaro dai conti. L’ultima roccaforte del Libano, le banche, vacilla e il  governatore della Banca Centrale, Riad Salame, ha deciso di schierarsi con gli Stati Uniti per salvare se stesso invece del paese. Cerca di distogliere l’attenzione dalle sue responsabilità nella fallimentare programmazione economica e dall’appoggio dato personalmente a tutti quei personaggi, politici e non, noti per essere dei corrotti. Ha anche accusato Hezbollah di essere quello che fomenta le critiche alla sua politica monetaria. 

Non ci sono particolari sentimenti anti-iraniani che dominano in Iraq e in Libano, perlomeno non più di quelli anti-americani o anti-sauditi. In Iraq Moqtada al-Sadr, il leader politico che controlla 53 MP (membri del parlamento), che è a capo del più grosso partito politico in parlamento, che ha il più alto numero di ministri, direttori generali, ambasciatori e detiene altre posizioni chiave nel governo, è quello che ha lanciato gli slogan  contro l’Iran per una sua vendetta personale nei confronti di Teheran. Gli iracheni sono emotivi e pronti a criticare le  dichiarazioni che provengono dall’interno del paese o da fuori. Non va dimenticato che l’Iran ha sostenuto Baghdad ed Erbil contro l’ISIS quando gli Stati Uniti invadevano il paese. Gli Stati Uniti sono responsabili della morte di centinaia di migliaia di iracheni e non molto tempo fa non si preoccupavano più di tanto di intervenire contro l’ISIS ma stavano invece a guardare, inerti, fin dove questo gruppo terroristico si sarebbe spinto dopo aver occupato un quarto di Mesopotamia. La divisione del paese era auspicata dagli Stati Uniti ma non ebbe successo grazie al pronto intervento dell’Iran, all’addestramento fornito da Hezbollah ma soprattutto alla determinazione e ai sacrifici della popolazione irachena e delle forze di sicurezza. 

Stati Uniti e Iran cercano entrambi di imporre una leadership di loro gradimento sia in Libano che in Iraq. Gli Stati Uniti dettano le loro regole ai due paesi mentre l’Iran invece cerca di evitare governi ostili e non impone loro sanzioni né comanda le banche libanesi o decide cosa il Libano può o non può fare per difendersi dalle aggressioni di Israele, dalle sue violazioni continue del mare, del cielo e del territorio. 

L’Iran ha creato con successo un insieme di potenti amici in Medio Oriente là dove gli Stati Uniti hanno fallito. 

In Siria il presidente Bashar al-Assad è diventato uno dei più solidi alleati dell’Iran. In Iraq Teheran è riuscita a portare al potere tre suoi alleati, il primo ministro Adel Abdel Mahdi, lo Speaker Mohammad al-Halbusi e il presidente Barham Saleh. Il governo iracheno può contare su Hashd al-Shaabi che sono  forze di sicurezza connotate ideologicamente pronte a proteggere il paese e a impedire un eventuale colpo di stato pianificato da ufficiali di alto grado. A questo riguardo è proprio Hashd che ha mandato a monte i piani di alcuni alti ufficiali iracheni, legati a doppio filo con l’ambasciata americana a Baghdad. Ma la situazione in Iraq ha preso una brutta piega per il primo ministro Abdel Mahdi quando i dimostranti hanno invaso le strade chiedendo che fosse condannata la corruzione che invade tutta la classe politica. La gente manifesta, esattamente come in Libano, con delle giuste motivazioni che sono la mancanza di infrastrutture di base, di elettricità, di acqua potabile e di posti di lavoro. Libano e Iraq appaiono molto simili e le richieste della popolazione sono le stesse. Ma affermare che gli iracheni ne hanno abbastanza dell’influenza iraniana indica che gli osservatori del fenomeno hanno capito molto poco di questo paese e esprimono le loro pie illusioni piuttosto che la realtà. 

Avendo vissuto in Iraq (e in Libano e in Siria) per molti anni, e  tornandoci abbastanza spesso, non mi è difficile capire come  la popolazione si stia svegliando e contesti l’incredibile livello di corruzione. Come in Libano, decine di miliardi di dollari sono stati sottratti dall’Iraq dall’inizio dell’occupazione americana del 2003 dai governanti e dai politici, nessuno escluso. 

Una volta chiesi a Sayyed Sistani perché non si opponesse alla scelta del primo ministro e ne indicasse un altro più adatto e lui mi rispose: “ Hai un nome da suggerirmi? Questa è la nostra gente. Dove potremmo trovare un candidato perfetto?” 

Certamente l’Iran, come gli Stati Uniti, tenta di mettere insieme una coalizione di partiti forti per avere un primo ministro non ostile (all’Iran). Ed è esattamente quello che l’inviato degli Stati Uniti in Iraq ha cercato di fare dal 2003. Gli americani non ce l’hanno più fatta, dalla caduta di Iyad Allawi, a mettere al potere un loro uomo fino a quando è arrivato Adel Abdel Mahdi, un candidato accettabile per entrambi, Stati Uniti e Iran. 

Abdel Mahdi è infatti un economista che vorrebbe riformare il paese ma non ha alle spalle un appoggio politico che gli permetta di scegliere tra i politici. E’ stato eletto grazie al sostegno accordatogli dai più importanti partiti, soprattutto i blocchi capitanati da Moqtada al-Sadr e da Hadi al-Ameri. 

Ma lui, come il governo libanese, ha dato il via ad un piano di riforme per attuare dei cambiamenti. Se ai governi non viene permessa l’attuazione delle riforme sotto l’occhio attento di chi protesta, i paesi collasseranno. 

Non sono parole dettate dal pessimismo bensì un approccio realistico allo sviluppo degli eventi. In Libano l’esercito ha i suoi depositi principali di armi e munizioni a Dbaiye, una zona che gli alleati degli Stati Uniti possono facilmente raggiungere nel caso ci fossero dei disordini. La maggior parte dei cristiani fedeli al presidente Aoun che hanno sempre ritenuto l’esercito il loro protettore, hanno scoperto che potrebbero essere abbandonati da un momento all’altro. Il comportamento del comandante in capo dell’esercito ha deluso profondamente il presidente e i suoi sostenitori. Infatti, secondo quanto dicono fonti ben informate, lui potrebbe usare un pugno di delinquenti per scatenare un massacro in una zona dell’area cristiana che terrebbe in casa tutti i cristiani che simpatizzano con Hezbollah consentendo così a coloro che sono pronti alla guerra civile di prendere il sopravvento. Non è uno scenario da fantascienza vista la situazione di totale anarchia che si sta delineando all’orizzonte. 

In Iraq il contesto è decisamente migliore. Un governo riformato sta per prendere il potere e il primo ministro Abdel Mahdi ci sta lavorando incontrando una insignificante resistenza da parte dei vari partiti politici. In Libano invece il primo ministro Saad Hariri è ben lontano dal riuscire a formare un nuovo governo. In un incontro privato, Hariri diceva ad un inviato di Hezbollah che le sue dimissioni erano dovute alla presenza del ministro degli esteri Gebran Bassil e all’influenza che esercita all’interno del governo. Incontrando il presidente Aoun, Hariri invece diceva che lui non accetta un governo in cui ci siano dei ministri di Hezbollah. Questo “giochetto” dimostra la sua poca trasparenza e suscita interrogativi tra i suoi oppositori politici che lo vorrebbero a capo di un nuovo governo anche se non possono accettare le sue richieste   impossibili. Il primo ministro ad interim non ha il potere di escludere i partiti che hanno avuto moltissimi voti quando non ha neppure lontanamente il sostegno di metà del parlamento. 

E’ giusto affermare che i paesi in cui l’Iran ha degli alleati di ferro sono in tumulto ma lì c’è anche un’intera popolazione che non ha niente a che vedere con l’Iran e gli Stati Uniti. Per l’amministrazione americana la guerra sembrerebbe essere un passatempo ma chi vive in Medio Oriente ne ha abbastanza di guerre. Pare però che i dimostranti non abbiano abbastanza consapevolezza del fatto che le proteste potrebbero portare a qualcosa che va oltre le loro richieste di riforme interne. Chi avrà la meglio? Le prossime settimane saranno particolarmente delicate per l’Iraq e il Libano. 

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