Un razzo ha provocato il ritiro degli Stati Uniti: dettagli sull’accordo curdo-russo-siriano

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Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

Venerdì scorso un proiettile di artiglieria da 155 mm è caduto a 300 metri da un posto di comando americano situato nei pressi della città siriana di confine di Ayn al-Arab ( chiamata “Kobane” dai curdi siriani), mentre era (ed è) in corso l’operazione militare della Turchia, un membro della NATO nonché alleata degli Stati Uniti. Questa operazione ha lo scopo di allontanare di 30-35 km dal confine tra Turchia e Siria i militanti curdi (sostenuti dagli Stati Uniti) dell’ YPG, considerato il ramo siriano del PKK, il “ Partito dei Lavoratori del Kurdistan”, designato come organizzazione terroristica da Stati Uniti, Europa e dalla NATO.

Durante la prima settimana, le truppe turche impegnate nell’operazione militare in questo territorio occupato dagli Stati Uniti, affiancate dai loro alleati dell’opposizione siriana, sono avanzate rapidamente riuscendo a tagliare le strade più importanti con l’intento di isolare il nemico.  

Entrambi questi eventi, avvenuti in pochissimo tempo, hanno fatto suonare i campanelli d’allarme e spinto immediatamente l’amministrazione americana ad annunciare, tramite il segretario della difesa Mark Esper, il ritiro di circa 1.000 uomini dal nord-est della Siria. L’uccisione di qualche soldato degli Stati Uniti in Siria avrebbe dato il colpo di grazia alla campagna elettorale (le elezioni si terranno nel 2020) del presidente Trump. Anche la Gran Bretagna e la Francia che hanno truppe in Siria le ritireranno quanto prima.  

E’ stato dato l’ordine alle forze armate siriane di schierarsi nel NES in seguito ad un accordo tra la Russia e la Turchia e tra la Russia e le autorità siriane per garantire la sicurezza dei separatisti curdi.  

Il presidente siriano Bashar al-Assad ha accettato di essere il garante della sicurezza dei curdi se saranno disposti a far parte delle Forze di Sicurezza Nazionali. I curdi non hanno posto altre condizioni, hanno perso lo slancio dopo l’improvviso ritiro americano. Damasco ha promesso che non si vendicherà né metterà in atto ritorsioni nei confronti dei curdi che per anni hanno agito come scudi umani per proteggere le forze d’occupazione americane rimaste in Siria anche dopo la sconfitta dell’ISIS.

L’accordo tra russi e curdi consiste nello schieramento dell’esercito siriano lungo tutti i confini con la Turchia e nel ritorno di tutte le fonti di energia (gas e petrolio) al governo di Damasco. Queste fonti di energia sono vitali per il governo della Siria che ha sofferto tantissimo a causa delle dure sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Europa. Tutti i rifornimenti di petrolio sono stati impediti tranne quelli dall’Iran le cui petroliere riuscivano a forzare il blocco.

L’intesa iniziale tra i curdi e Damasco ( avvenuta grazie alla Russia) prevede la fine dell’amministrazione autonoma del NES, l’integrazione dei curdi siriani nell’esercito di Damasco e il proseguimento della caccia all’ISIS fino alla sua distruzione.

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Si prevede anche un ritiro americano dal valico di frontiera di al-Tanf tra Siria e Iraq quando verrà trovata una soluzione per i 64.000 rifugiati che vivono nel campo di al-Rukhba.  

Tutti i motivi e i vantaggi offerti agli Stati Uniti per rimanere in Siria come occupanti sono svaniti: il “pericolo iraniano” non è più in discussione dopo la riapertura della frontiera ad al-Qaem. Quindi mantenere le truppe statunitensi sui confini  quando non rimarranno più nel paese gli “avversari” sarà per Trump un esborso di denaro a fondo perduto e un’assunzione di responsabilità inutile.

Chiaramente gli Stati Uniti non hanno più interesse a tenere le loro truppe in Siria fino a quando sarà approvata una nuova costituzione. Trump lascia che siano la Russia e la Turchia a risolvere (con l’appoggio dell’Iran!) il problema con il presidente Assad.

Oggi imporre sanzioni alla Siria non ha senso così come non ce l’ha ostacolare la sua rappacificazione con i paesi arabi. Tutti i paesi arabi, eccetto il Qatar, hanno espresso la loro solidarietà al presidente Assad condannando l’invasione turca. Il ritorno dei paesi arabi in Siria sarebbe una solida base di partenza per la ricostruzione del paese. Il mercato siriano seduce i paesi arabi che attraverso il contatto a livello commerciale potrebbero recuperare la loro influenza sul Levante. Al presidente Assad non dispiacerebbe affatto poter chiudere con la guerra una volta per tutte e iniziare ad avere relazioni completamente nuove e vantaggiose con gli altri paesi del Medio Oriente, probabilmente permetterebbe loro di avere anche voce in capitolo come di fatto succedeva prima del 2011.  

Le sanzioni all’Iran perderanno di significato quando il valico di al-Tanf riprenderà a funzionare insieme a quello di al-Qaem. Le merci iraniane arriveranno ai mercati siriani e viceversa. La strada che parte da Teheran e va in Libano passando da Baghdad e Damasco riprenderà forza e importanza.

Trump ha annunciato il ritiro senza prima avvertire i suoi alleati. Il sodalizio tra Stati Uniti e Europa si è sgretolato. La credibilità degli Stati Uniti ha raggiunto il livello più basso dopo il trattamento riservato ai curdi che hanno difeso le forze di Trump per avere uno stato loro, il “Rojava”.  

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Le sanzioni americane alla Turchia erano solo parole senza nessuna sostanza. Trump ha minacciato di sanzionare la Turchia se avesse oltrepassato il limite, i 35 km, solo per poi chiedere il ritiro totale due giorni dopo.

Il tentativo dell’élite americana di demonizzare la Russia è franato: Mosca è quella che ha salvato i curdi traditi dagli Stati Uniti. I sostenitori dei curdi che come fanatici li appoggiavano temendo il loro sterminio da parte dei turchi adesso non possono più sparare a zero contro la Russia. Ecco chi è la Russia, quella che con Assad si è mossa per salvarli.

Il Cremlino sta recuperando terreno in Medio Oriente, perfezionando la sua diplomazia in una zona complicatissima del mondo da cui gli Stati Uniti stanno scappando. Mosca ha preso tra le sue braccia quei curdi che per anni avevano scelto di stare con gli Stati Uniti. Il presidente Putin è riuscito sapientemente a stabilire buone relazioni con l’Iran e l’Arabia Saudita, con Assad come con Israele, con Hezbollah e anche con i ribelli siriani, addirittura con la Turchia.

 Ci sono tanti vincitori oggi in Siria e tra questi anche Trump che scappa per evitare perdite umane ( l’aveva promesso nella sua campagna elettorale). I curdi alla fine della fiera sono gli unici veri sconfitti, hanno perso 11.000 combattenti per uno stato che si è materializzato solo nei loro sogni. Anche se hanno scommesso in modo disastroso sul cavallo sbagliato (gli Stati Uniti) alla fine sono riusciti a salvarsi affidandosi ad altri mentori.

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