Erdogan ha in mano le carte per dividere la Siria e ricattare gli Stati Uniti

Scritto da Elijah J. Magnier

Tradotto da Andrea Bovenga

L’attuale amministrazione statunitense ha come priorità assoluta quella di aggiudicarsi il premio della “spaccatura tra Europa e Russia”, di tenere Mosca impegnata in Ucraina, di dividere la Russia dall’Unione Europea e di allargare la NATO aggiungendo altri due Paesi alle 30 nazioni esistenti. Circondare la Russia con forze ostili e indebolire il suo esercito è l’obiettivo primario degli Stati Uniti e Washington è pronta a pagare qualsiasi prezzo per raggiungerlo. Inoltre, questi evidenti obiettivi stanno offrendo al Presidente turco Recep Tayyip Erdogan un’occasione d’oro per mettere sul tavolo tutte le sue richieste e ricattare Biden per ottenere concessioni che sarebbero difficilmente ottenibili in una situazione normale.

Per l’ingresso di un nuovo Paese nella NATO è necessaria l’approvazione di tutti i parlamenti dei rispettivi Stati. Ciò è dovuto alle ramificazioni e alle responsabilità di una tale decisione, in particolare al budget annuale assegnato ai membri e all’impegno di difendere tutti i membri della NATO in caso di minaccia o attacco. L’accusa della Turchia alla Svezia e alla Finlandia di ospitare i leader curdi del PKK (inseriti nella lista dei gruppi terroristici stilata da USA e UE) è una banale scusa per impedire ai due Paesi europei di aderire alla NATO, un’organizzazione militare guidata dagli Stati Uniti. 

In effetti, gli Stati Uniti hanno dato asilo a Fethullah Gulen, un ex alleato diventato nemico di Erdogan che ha dichiarato di essere la mente dietro il fallito colpo di Stato del 2016 (ha vissuto in Pennsylvania per 20 anni). Inoltre, gli Stati Uniti armano e finanziano il ramo siriano del PKK (PYD/YPG) nel nord-est della Siria. Pertanto, Ankara dovrebbe innanzitutto chiedere a Washington di cessare ogni collaborazione con il PKK, se questo è davvero l’obiettivo di Erdogan, prima di permettere a Finlandia e Svezia di entrare nella NATO. In questo modo, la Turchia cerca ambiziosamente di ottenere concessioni alla propria lista di richieste prima di mostrare una qualche flessibilità.

Il primo desiderio della Turchia è quello di trasferire e reinsediare un milione e mezzo di rifugiati siriani (sui circa 3,6 milioni presenti nel Paese) in una nuova “zona cuscinetto” turca, un’area già occupata dall’esercito statunitense nel nord-est della Siria. L’insediamento dei rifugiati siriani che vivono in Turchia costituisce una barriera essenziale tra le forze turche e i loro alleati siriani da un lato e i curdi della Siria nord-orientale dall’altro. È il primo passo dell’espansione turca oltre il confine sud, intenzione che la Turchia aveva già espresso fin dal 2011, all’inizio della guerra siriana. Anche se una nuova “zona cuscinetto” non è al momento realizzabile, il reinsediamento dei rifugiati siriani nella città di Idlib, controllata dalla Turchia, e nei suoi dintorni costituirebbe un passo significativo verso l’annessione di una parte della Siria, sotto la sorveglianza della comunità occidentale.

Ankara è consapevole di essere in una posizione ideale per promuovere i suoi obiettivi strategici, soprattutto perché gli Stati Uniti non hanno nessuna nuova strategia per la Siria, se non quella di mantenere lo status quo. L’amministrazione del presidente Joe Biden ha mantenuto la situazione così come era stata progettata e lasciata dall’ex presidente Donald Trump. La Turchia, che considera il nord della Siria, Idlib e persino Aleppo come province turche, continuerà a fare forti pressioni sugli Stati Uniti per ottenere maggiori concessioni in Siria e scambiarle con gli obiettivi espansionistici della NATO.La Turchia controlla già il 9% del territorio siriano, dove le sue forze sono dispiegate in coordinamento con “Al-Nusra“, al-Qaeda (i “Guardiani della religione“) e tutti i gruppi di 

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