La Russia è arrivata al capolinea in Siria, così Damasco continuerà a combattere con gli alleati che le sono rimasti.

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Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice censi

La Russia ha pressoché terminato le sue operazioni militari nel Levante ma di sicuro non faranno così, né il governo centrale di Damasco né i suoi alleati dell’”Asse della Resistenza”.

Mosca si prepara ad andar via da alcune aree ancora in mano all’ISIS e ad al-Qaeda nel nord della Siria e sta spianando la strada ad un processo politico probabilmente complicato. E’ comunque prevedibile che il processo politico possa prendere una piega ben diversa da quella desiderata dal presidente Putin e per un’unica ragione, la posizione del governo siriano. Questa posizione si scontrerà con quello che pensa il patrono russo e si manifesterà quando tutti i paesi coinvolti (USA, Turchia, Russia, Iran, Siria) prima o poi si siederanno al tavolo dei negoziati.

La Russia è stata in grado di coabitare con gli USA per decenni in Germania dopo la seconda guerra mondiale poiché le sfere di influenza erano state divise tra i paesi che avevano vinto la guerra. Nel Levante, le cose sono completamente diverse. Anche se la stessa Russia era pronta a “co-esistere” con gli Stati Uniti sul medesimo territorio, il governo di Damasco – insieme ai suoi alleati dell’“Asse della Resistenza” – è decisamente contrario a permettere o accettare qualunque occupazione straniera del suo territorio anche se temporanea.

Anche gli alleati della Russia vedono la presenza delle forze americane, francesi e britanniche come la peggiore minaccia alla Siria: sono ben note per aver orchestrato e attuato il piano del “cambio di regime” e per il loro sostegno di fondo, assoluto, ad Israele e alle sue ambizioni espansionistiche che dimostra con l’occupazione di territori in Medio Oriente.

Damasco ritiene che gli aeroporti illegali sotto il controllo americano nel nord-est della Siria vengano usati come stazioni di servizio per gli aerei israeliani. Inoltre, la presenza illegale americana è un incubatore per Israele e gli USA nel nord della Siria, fuori dal controllo del governo siriano, una provocazione  in una zona controllata dai curdi e una minaccia alla sicurezza nazionale della Siria come a quella dei suoi alleati nei vicini Iraq e Libano.

La Siria ritiene che l’intervento russo (dal settembre 2015) al suo fianco, abbia controbilanciato positivamente le posizioni militari sul campo di battaglia. L’intervento russo ha infatti permesso il ritorno di più del 50% del territorio siriano e la liberazione di Damasco, Homs, Hama e le loro zone limitrofe, oltre che la città di Aleppo e parte della provincia di Idlib e Deir Ezzor. La Russia non avrebbe potuto raggiungere questo risultato senza la partecipazione di decine di migliaia di siriani e di loro alleati come Hezbollah, l’Iran e altri sul terreno. La Russia ha infatti schierato un numero esiguo di truppe di terra in confronto al numero enorme fornito dagli alleati di Damasco.

La Russia ha appoggiato il governo siriano nelle sedi internazionali in momenti cruciali evitando che l’America portasse le Nazioni Unite a prendere decisioni per legittimare il rovesciamento del regime. E’ pure interessante notare che proprio la Russia è riuscita a ridurre al minimo due attacchi “disciplinari” americani alla Siria (uno contro l’aeroporto militare di Shu’ayrat e il secondo contro molteplici obbiettivi qualche mese dopo).

Ma la ricompensa della Russia nel Levante è stata, tramite la Siria, di riuscire a tornare sullo scacchiere internazionale. Usandola come terreno su cui fare esperienza diretta, Mosca è riuscita a mostrare le sue capacità militari e testare i risultati derivanti dall’uso delle sue armi moderne e innovative su obbiettivi reali. Damasco ha firmato un accordo strategico (per 49 anni) con la Russia per mantenere e sviluppare la sua base navale nelle calde acque siriane del Mediterraneo. La Russia è riuscita inoltre a promuovere il proprio ruolo economico in Siria relativamente allo sfruttamento delle risorse energetiche e alla ricostruzione del paese che permetterà alle imprese russe di godere di contratti senza limite di tempo.

Nello scenario politico la Russia ha giocato un ruolo essenziale dando slancio ai colloqui di Astana che si sono imposti come la vera, efficiente alternativa a Ginevra.

Tuttavia, tutto ciò non impedirà alla Siria di richiedere la restituzione di tutti i territori occupati, in particolare quelli sotto il controllo degli USA, innanzitutto nel nord-est ad Hasaka e Deir al-Zour. La zona di al-Tanf si prevede più difficile per il suo tipo di terreno aperto e desertico – ma diventa insignificante nel momento in cui termini l’occupazione del nord-est.

Il governo centrale di Damasco perciò non si lascerà intimidire e rivendicherà il sud del paese nonostante l’accordo russo-americano su Daraa e il Golan dove gruppi come al-Qaeda e l’ISIS hanno il controllo (1.500 militanti dell’“Esercito Khalid bin al-Walid “controllano 8 villaggi e oltre 200 Kmq di territorio). Questo potrebbe andare contro il desiderio russo di deporre le armi per terminare la guerra e iniziare un’azione politica volta al recupero dei territori occupati senza dover combattere.

La Russia, comunque, agisce come se non sapesse che i negoziati politici non costringeranno mai gli Stati Uniti e Israele ad andarsene dalla Siria, infatti entrambi questi due paesi non hanno mai cessato, di loro volontà, l’occupazione di territori, l’hanno fatto solo in seguito ai ripetuti attacchi di quelle forze locali che hanno cercato di dominare!

La Siria e i suoi alleati (guidati dall’Iran) sono convinti di aver vinto questa guerra perché la loro situazione sul terreno contro i jihadisti fino a settembre 2015, prima dell’intervento russo, era critica. Oggi gli stati arabi (e la Turchia) hanno perduto tutti i “proxies” siriani che avevano durante la guerra. Tutti i restanti delegati (proxies) sono stati spinti da tutte le città siriane nel nord, e principalmente da Idlib.

La Siria e l’Iran hanno inflitto perdite consistenti ai paesi occidentali (Europa e USA) che speravano dal 2011 di rovesciare il regime siriano e il presidente Bashar al-Assad ha mantenuto il comando e il controllo del potere politico e militare in Siria.

Anche se mantenere al potere il presidente Assad non era un prerequisito per Mosca (che è convinta della necessità di elezioni presidenziali) oggi la Russia vorrebbe che la popolazione siriana scegliesse il suo presidente: questo atteggiamento è coerente con il desiderio espresso dallo stesso Assad e dai suoi alleati strategici.

Per quanto riguarda l’Iran e i suoi alleati, Assad è in totale accordo con loro sugli obbiettivi da raggiungere in Siria. Mosca è anche lei un’alleata strategica di Damasco, ma tra loro ci sono divergenze: quello che è importante è che queste divergenze non rovinino la cordialità delle relazioni né il sostegno di fondo.

Mosca può dire ciò che vuole e quello che dice può trovare smentite tra gli stessi funzionari russi. Comunque, il linguaggio che usano e gli obbiettivi a cui mirano Assad e l’Iran in relazione alla guerra in Siria sono identici e non sembra che differiscano.

Mosca lavorerà per la pace a modo suo senza contraddire gli obbiettivi in Siria e senza dover interferire nelle operazioni militari che la Siria e i suoi alleati potrebbero condurre senza l’appoggio russo.

La liberazione dell’estremo nord-est ad Albuqmal e dell’estremo sud-ovest a Beit Jinn, è stata effettuata dalle forze paramilitari senza l’appoggio dell’aviazione russa. La Russia e la Siria hanno ognuna le proprie politiche che non sono in guerra tra loro! Sembrerebbe che la strategia di Mosca le permetta di coesistere nel Levante con gli USA e con Damasco e i suoi alleati – e tutti sullo stesso territorio, anche se hanno obbiettivi che confliggono.

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