La Siria non libererà il Golan occupato nei decenni a venire

Druze men at the Israeli-annexed Golan Heights flash the V for victory sign as they look out across the southwestern Syrian province of Quneitra, visible across the border on July 7, 2018 (Photo by JALAA MAREY / AFP) (Photo credit should read JALAA MAREY/AFP/Getty Images)

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

Lo stato siriano non sarà in grado, negli anni a venire, di liberare il Golan occupato. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha regalato questo territorio al primo ministro Benyamin Netanyahu il mese scorso. Questa mossa simboleggia l’appoggio dato da Trump alla campagna elettorale di Netanyahu in un momento in cui il primo ministro israeliano deve far fronte a gravi accuse  di corruzione. Nessun governo in carica a Damasco potrà riconquistare il Golan occupato nei prossimi decenni a causa del pesantissimo prezzo che pagherebbe sostenendo una guerra contro Israele per riottenerlo. L’unica speranza per la Siria potrebbe essere quella di riprodurre l’esperienza libanese delegando l’iniziativa alla resistenza siriana. L’esperienza libanese però è unica, difficile da imitare, a meno che la Siria non riallacci delle buone relazioni con l’Occidente e con i paesi arabi alleati degli Stati Uniti. 

La resistenza in Libano, infatti, riuscì ad imporre a Israele il ritiro, unilaterale, senza condizioni, da una gran parte del territorio che occupava. L’allora primo ministro Ehud Barak decideva di metter fine ad un’occupazione piu’ che decennale e di abbandonare i suoi alleati dell’ “Esercito del Libano del Sud”(ELS) ritirando le truppe dal paese proprio in seguito ai ripetuti attacchi della resistenza che avevano tolto la vita a  più di 1000 soldati e ufficiali israeliani. 

Inoltre , nella seconda guerra condotta da Israele al Libano, nel 2006, ( la prima era stata l’invasione del 1982) Israele evito’ di distruggere la capitale Beirut, il ministero della difesa, molte istituzioni ufficiali e infrastrutture ( furono bombardati alcuni obbiettivi pubblici e vennero distrutti molti ponti). La ragione per cui Israele si trattenne dall’usare la sua potenza distruttiva su questi,  ma anche su altri bersagli, (anche se non è comunque stato in grado di contenere le capacità militari di Hezbollah, il suo obbiettivo principale) era dovuta alla spaccatura interna al governo libanese di allora, diviso tra amici e nemici dell’egemonia e del potere dominante degli Stati Uniti e dei loro alleati. 

La presenza di autorità libanesi legate agli Stati Uniti come l’allora primo ministro Fouad Siniora e di molti ministri e leaders politici ostili a Hezbollah fece in modo che gli Stati Uniti potessero influire su Israele impedendogli di distruggere il paese. Era convinzione degli Stati Uniti che i loro alleati libanesi avrebbero potuto raggiungere benissimo con la politica quello che Israele non era riuscito a fare nei 33 giorni della guerra contro Hezbollah. 

La situazione in Siria oggi è diversa: Israele, l’Arabia Saudita, il Qatar, la Giordania, la Turchia, l’Europa e gli Stati Uniti, tutti quanti si sono dati da fare per cambiare il regime, al fine di rendere il paese uno “stato fallito” in mano ai jihadisti takfiri. Il ministro della difesa israeliano Moshe Yaalon, a questo proposito, aveva riferito che avrebbe preferito la presenza dell’ISIS al confine con Israele piuttosto che quella dell’esercito siriano. Molti israeliani, nei vertici dell’esercito, erano d’accordo con lui. 

E infatti Israele ha cercato di creare una “zona di sicurezza siriana” come quella creata in Libano negli anni ’80 il cui vero scopo era quello di annettersi il Golan e spostarsi qualche chilometro avanti in territorio siriano, quel territorio del sud del paese occupato da al-Qaeda e dall’ISIS. In un tale scenario, nessun paese al mondo avrebbe pensato di contestare la sua mossa. 

Ma, contrariamente alle aspirazioni di Israele , l’esercito siriano e i suoi alleati ritrovarono lo slancio necessario a rivoltare completamente la situazione e  si ripresero così tutti quei territori nel sud in mano agli amici di Israele, cioè i militanti di al-Qaeda e di “Jaish Khaled Bin al-Waleed” un gruppo fedele all’ISIS. Questa situazione ha fatto sì che oggi, nel 2019 ( mentre tutti i paesi che avevano scommesso che la Siria sarebbe precipitata nel caos in pochi mesi sono stati obbligati a riconoscere di aver sbagliato) Israele abbia chiesto a Trump il Golan, una proprietà che non è né di Israele e neppure degli Stati Uniti, come regalo a Netanyahu per aumentare le sue possibilità di essere eletto. 

Il pericolo insito in questo riconoscimento e’ che, nonostante il mondo abbia condannato l’azione illegale di Trump, la posizione internazionale nei confronti del Golan potrebbe cambiare negli anni se non nei decenni a venire. Esattamente come è successo alla Palestina ormai ridotta ad un esiguo territorio assediato da Israele dove a nessun palestinese e’ concesso di tornare nella sua casa sequestrata da quel di’. Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e molti capi di stato lo hanno seguito. L’ intervento americano, al di là delle parole usate dai capi di stato in difesa della legge internazionale, non si troverà di fronte una efficace  resistenza e neppure una seria opposizione promossa dai leaders dei paesi arabi e islamici ( a parte l’Iran e i suoi alleati fidati). 

Israele può giocare così al gioco dell’attesa che gli farà  incassare ulteriori riconoscimenti su Gerusalemme e le alture del Golan. E cosa succederebbe se la Siria decidesse di riprendersi i suoi territori occupati? 

Le forze armate israeliane sono in grado di riportare indietro la Siria all’eta’ della pietra. L’aviazione riuscirebbe a distruggere la rete elettrica, le dighe, i ponti, le infrastrutture militari e civili della Siria se quest’ultima dichiarasse guerra a Israele per riconquistare il Golan, come ha fatto nel 1973. 

Diversamente dal Libano, nel governo siriano e nel suo apparato legislativo e militare non ci sono alleati degli Stati Uniti perché il potere e’ in mano al presidente. In più la Siria non ha legami con gli Stati arabi che potrebbero ricostruire il paese in caso di grossi danni o che potrebbero fare pressione su Israele e impedirgli di bombardarla. 

L’ex presidente Hafez Assad aveva coscienza di questo quando decise di recarsi a Ginevra dopo anni di negoziati per firmare un accordo di pace. Assad guidava una delegazione di 130 persone,sotto l’egida del presidente americano Bill Clinton, pronto a far pace con Israele sulla base dello scambio: la terra con la pace. Fu il primo ministro Ehud Barak che si ritirò dai negoziati poiché la pressione esercitata su di lui in Israele  sommata alla volontà dell’opinione pubblica non gli permisero di effettuare un ritiro completo dal Libano e dalle alture del Golan. Lui voleva avere il controllo di Tiberiade e delle acque che affluiscono nel lago dall’alta valle del fiume Giordano, delle sorgenti del fiume Banias e di altri ruscelli. Barak semplicemente non riuscì a rispettare l’impegno preso da Yitzhak Rabin con Assad ( e in seguito Shimon Peres) che Israele si sarebbe ritirato sulla linea del 4 giugno. Voleva mantenere una presenza israeliana duratura sul monte Hermon e fece quindi delle richieste sulla sicurezza che Assad non poteva soddisfare. Barak era convinto di poter forzare la mano ad Assad fino all’ultimo senza rendersi conto che il presidente siriano era sincero e non disposto invece ai compromessi o a cedere anche un solo millimetro di territorio siriano. 

Nel 2010, dieci anni dopo la morte del padre, anche il presidente Bashar al-Assad avrebbe voluto avviare dei colloqui di pace con Israele sul Golan e il ritorno alla linea del 4 giugno, ma Netanyahu, già a quel tempo primo ministro, rifiuto’ l’offerta. 

A Israele non interessa scambiare la pace con il territorio. Si attiene strettamente alla strategia di Ben Gurion : avere la supremazia  in Medio Oriente attraverso il potere militare. Solo i gruppi della resistenza siriana che hanno acquisito esperienza di guerra negli ultimi otto anni del conflitto potrebbero cercare di riottenere il Golan con azioni di guerriglia, ricalcando quello che ha fatto  Hezbollah nel 2000 quando è riuscito a sconfiggere Israele. Ma la Siria dovrà  mettere in conto una violenta reazione da parte di Israele se ciò avvenisse. 

Il Giappone non è riuscito a riavere le isole Curili occupate dalla Russia in seguito alla seconda guerra mondiale. Gli Emirati Arabi Uniti non sono in grado di riprendere possesso delle due isole di Tunb e Abu Mussa attualmente governate dall’ Iran. La Cina ancor oggi non riesce a riprendersi Taiwan perché gli Stati Uniti proteggono il governo dell’isola. L’Ucraina non si riprenderà la Crimea così come Ceuta e Melilla restano enclavi spagnole e non verranno ridate al Marocco. Ci sono contestazioni sui territori tra paesi africani, Pakistan, India, Australia, Cambogia, Corea e molti altri paesi. 

Superpotenze come la Cina ma anche altri paesi potenti non si ostinano a recuperare i loro territori proprio perché il gioco non vale la candela. Anche la situazione del Golan oggi è così. Ecco il motivo per cui Israele continuerà a possedere questa terra nei prossimi decenni. 

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