
Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da: Alice Censi
Da quando la rivoluzione iraniana ha preso il potere nel 1979, il mondo si è schierato contro l’Iran perché è una “ Repubblica Islamica”, non disposta a riconoscere ma soprattutto a piegarsi al dominio americano sul Medio Oriente e sul mondo intero. Dico “il mondo” perché a questa rivoluzione fece seguito la Perestroika russa dopo la caduta dell’impero sovietico che si contrapponeva, come superpotenza, agli Stati Uniti. In più l’Iran ha danneggiato la vendita di armi degli Stati Uniti in Medio Oriente stabilendo regole di ingaggio diverse che hanno mandato a monte i loro piani per un “ nuovo Medio Oriente”. Ha messo a rischio la sicurezza e i progetti di espansione del principale alleato degli Stati Uniti nella regione, Israele. Nonostante molti esperti ( anche con doppia nazionalità ) e accademici in Occidente abbiano una profonda conoscenza dell’Iran, chi prende le decisioni non è mai stato in grado di trovare una politica e le parole adatte a portare l’Iran al tavolo dei negoziati.
Le sanzioni all’Iran non sono una novità. La “ Repubblica Islamica” ha preso il controllo del paese 40 anni fa e da quel momento ha sempre convissuto con loro. Il presidente Carter proibiva le importazioni di petrolio iraniano, congelava i conti iraniani (12 miliardi di dollari) e vietava tutti i commerci con l’Iran e i viaggi nel paese nel 1980. Il presidente Reagan definiva l’Iran uno stato che sponsorizza il terrorismo, si opponeva alla concessione di prestiti internazionali, autorizzava le scorte alle navi nel golfo Persico imponendo un embargo sulle importazioni iraniane. Il presidente Clinton, con l’ordine esecutivo 12959, aumentava le sanzioni, vietava tutti gli investimenti e qualunque partecipazione nell’industria petrolifera iraniana. Il presidente George W. Bush congelava i beni di tutte le persone, gruppi, entità straniere, aziende che avevano a che fare con l’Iran o lo appoggiavano. Il presidente Obama vietava l’importazione di alimenti e tappeti, imponeva sanzioni all’IRGC ( Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica) cessava i rapporti con quegli enti finanziari che facevano affari con la banca centrale iraniana.
Nonostante tutte le sanzioni si dice che il leader della rivoluzione sia in possesso di beni del valore di decine di miliardi di dollari. Sayyed Ali Khamenei, non molto tempo fa, tirava fuori dal Fondo Nazionale di Sviluppo (NDF) quattro miliardi per potenziare le capacità missilistiche. In una crisi seria l’Iran e’ in grado di sopravvivere vendendo una parte del suo petrolio a quei paesi che hanno rifiutato le sanzioni unilaterali degli Stati Uniti, contrabbandando centinaia di migliaia di barili al giorno attraverso il “ mercato grigio” (commercio di merci legale attraverso canali di distribuzione diversi da quelli autorizzati o intesi dal produttore originale) per aumentare le sue esportazioni.
Le sanzioni non sono quindi niente di nuovo per l’Iran; anche se hanno delle forti ripercussioni sulla popolazione non vanno ad incidere sul regime. Tra l’altro l’Iran si fa carico di sostenere, con un giuramento, “ la giusta lotta degli oppressi” e rifiuta qualsiasi forma di dominio imperialistico. La sua costituzione ( articoli 3, 152, 154) prevede la completa eliminazione dell’imperialismo e dell’influenza straniera sull’Iran. La leadership iraniana ha dei vincoli e degli obbiettivi molto chiari.
La Guida Suprema, Sayyed Ali Khamenei ha il potere finanziario sufficiente per continuare a sostenere tutti i gruppi alleati in Medio Oriente anche se perdurano le sanzioni. Le minacce che partono dagli Stati Uniti e da Israele hanno rafforzato la volontà dell’Iran di finanziare, armare e appoggiare tutti i suoi alleati mediorientali perché in caso di una guerra che mettesse in pericolo la sicurezza e/o l’esistenza stessa del paese, quest’ultimo non si troverebbe da solo nell’affrontarla e potrebbe arrecare seri danni ai suoi nemici.

Il possesso di missili e droni da parte dell’Iran ha provocato danni alla vendita di armi statunitensi nel lungo periodo avendo messo in luce come queste armi non funzionino come previsto. I droni iraniani hanno colpito un missile Patriot americano rivelando i suoi limiti in confronto al sistema russo S-400.
Mandando i suoi missili in Libano, l’Iran ha aiutato Hezbollah ad aumentare le sue capacità di arrecare seri danni alle piattaforme petrolifere, ai porti, alle infrastrutture civili e militari di Israele come anche ai suoi carri armati , aeroporti e barche creando nuove regole d’ingaggio a dispetto dell’indubbia superiorità dell’aviazione , della Marina e della fanteria israeliana senza dimenticare il suo sofisticato equipaggiamento militare.
Il repentino intervento dell’ Iran in Iraq nel 2014 in seguito alla caduta di Mosul e del 40% delle province irachene mandava anche all’aria i piani degli Stati Uniti di dividere il paese. L’ Iran concorreva a trasformare le unità di mobilitazione popolare Hashd al-Shaabi in una forza dominante sulle orme del Sepah-e Pasdaran (IRGC). Il Sepah fu creato per difendere il paese e “ i valori della rivoluzione “ quando, sotto lo Scia’, l’Occidente controllava metà dell’esercito iraniano. Oggi l’Iraq si trova in una situazione simile,infatti gli Stati Uniti controllano molti elementi nel suo esercito. Hashd al-Shaabi, fortemente legato alla sua ideologia, starà con l’Iran ancora per moltissimo tempo.
Anche in Siria un gran numero di nazioni ( tra cui Stati Uniti, Europa, Arabia Saudita, Qatar e Turchia) non sono riuscite a cambiare il regime nonostante abbiano investito tantissimo a livello finanziario e militare. L’appoggio dell’Iran e dei suoi alleati e l’intervento russo nel 2015 si sono dimostrati molto più efficaci dei terroristi arrivati da moltissimi paesi e appoggiati dall’Occidente e i suoi alleati in Medio Oriente. Un governo stabile a Damasco rovinava i piani americani e israeliani di creare uno stato fallito e dividere il paese. Il ministro israeliano Moshe Ya’alon infatti riferiva che “avrebbe preferito che fosse stato l’ ISIS ad avere il controllo del territorio (Siria)”.
Le costosissime, sofisticate armi vendute dagli Stati Uniti all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti non sono state in grado di avere la meglio sugli Houthi e lo Yemen. Non sono riuscite a preservare la sicurezza delle petroliere che hanno subito un sabotaggio negli Emirati e a prevenire gli attacchi ad altre petroliere in navigazione nel Golfo così come il bombardamento di due stazioni di pompaggio in Arabia Saudita, senza dimenticare che non hanno impedito gli attacchi agli aeroporti sauditi e alle batterie di missili Patriot.
L’Iran e’ oggi uno dei principali attori sulla scena mediorientale e, rafforzando i suoi alleati, e’ riuscito a prevenire l’esecuzione del progetto degli Stati Uniti di creare un “ Nuovo Medio Oriente”. Ha contrattato e firmato un accordo sul nucleare non vincolante con le potenze occidentali nel 2015 quando l’amministrazione Obama capiva l’inutilita’ delle sanzioni e decideva di mettere un freno ai progressi dell’Iran in campo nucleare, incluso a livello militare.
L’Iran non era così ingenuo da accettare un accordo basato sulla cieca fiducia tra tutti i firmatari. L’accordo era equilibrato e non creava problemi tra la corrente radicale e quella pragmatica poiché includeva delle clausole che permettevano all’Iran di ritirarsi parzialmente o completamente nel caso non fosse stato rispettato. L’Iran ha avuto la pazienza di aspettare per ben 14 mesi prima di avvisare che avrebbe aumentato la percentuale dell’arricchimento dell’uranio portandola da 3,67 a una purezza del 4,5%. Sia che l’Iran raggiunga il 20% ( considerato uranio a basso arricchimento -LEU-ma l’obbiettivo più ambizioso) o il 70% ( uranio altamente arricchito) questo progresso rappresenterà un graduale avvertimento che darà all’Europa tempo sufficiente per prendere le distanze dagli Stati Uniti anche se il livello per produrre una bomba non è ancora raggiunto. Il livello per produrre armi nucleari e’ 80-90%.
I governi europei fondano la loro legittimità sui principi dell’illuminismo e amano essere rispettosi della legge. Oggi da un lato devono fare i conti con i legami che hanno con gli Stati Uniti e dall’altro con gli impegni presi con l’Iran. I capi dei governi europei (Francia, Germania e Regno Unito) dovranno affrontare la sfida di attenersi agli accordi che hanno firmato ( il trattato sul nucleare definito con l’acronimo JCPOA).
L’Iran non vuole mostrarsi debole nelle trattative o nei passi che intraprende. Non può permettersi di ritirare quello che ha detto in risposta all’embargo degli Stati Uniti a meno che l’Europa non venga effettivamente in suo soccorso con un significativo strumento economico in grado di aggirare una parte delle sanzioni americane. E’ fondamentale per l’Iran salvare la faccia, preservare l’orgoglio nazionale e la dignità della sua popolazione e non tirarsi indietro dalla decisione di ritirarsi gradualmente soprattutto perché è stato il presidente degli Stati Uniti a revocare l’accordo sul nucleare.
Il presidente Donald Trump sta proponendo al mondo un comportamento che può essere considerato una nuova forma di teppismo: io mi prendo quello che voglio senza tenere in considerazione le altre nazioni o gli individui e tutti devono pagare per ottenere la nostra protezione. In generale, nel mondo, i principi degli Stati Uniti non vengono più rispettati e Washington non viene più considerata un partner ma nemmeno un potenziale intermediario quando scoppia una crisi.
Da come l’ambasciatore del Regno Unito a Washington, Sir Kim Darroch, ha descritto Trump cioè uno che “diffonde insicurezza” e la Casa Bianca un “ ambiente segnatamente disfunzionale”, e’ chiaro che gli Stati Uniti non saranno in grado di portare avanti nessuna trattativa con l’Iran fino a quando Trump resterà in carica. Dal giorno in cui finirà il suo primo o secondo mandato sarà necessario un lungo periodo prima che i colloqui sul nucleare possano ricominciare. L’unico interlocutore che resta all’Iran e’ l’Europa anche se c’e’ poco da aspettarsi da questo Vecchio Continente tanto diviso. Tuttavia le possibilità di una guerra tra gli Stati Uniti e l’Iran ( e il resto del Medio Oriente) aumenteranno sensibilmente se Trump verrà rieletto. L’Iran lo sa, pensa che Trump abbia buone possibilità di ottenere un secondo mandato e si sta perciò preparando, insieme ai suoi alleati, ad affrontare una possibile guerra.
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