Dal 2006 al 2019: dopo gli insuccessi in Siria, Iraq e Yemen, la guerra, per Israele, non è più un’opzione percorribile.

Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da: Alice Censi

Durante la guerra dell’estate del 2006, Israele è riuscito a distruggere un gran numero di razzi e missili che Hezbollah aveva in dotazione. Una gran parte delle sue unità missilistiche veniva eliminata e, nei sobborghi della capitale libanese, Beirut, più di 250 edifici ( che ospitavano soprattutto gli uffici di Hezbollah, i suoi depositi e le abitazioni dei suoi membri) venivano rasi al suolo dalle bombe di precisione israeliane che oltre a prendere di mira Hezbollah colpivano numerosi civili. Nel sud del Libano centinaia di case erano completamente distrutte. Malgrado tutto ciò, Israele non riusciva a raggiungere i suoi scopi, infatti una durissima resistenza impediva alla fanteria israeliana un’avanzata profonda in territorio libanese. I missili anticarro Kornet a guida laser e i missili anti-nave “Nour” in possesso di Hezbollah, inoltre, coglievano di sorpresa il nemico, mettendo in luce da un lato le lacune di intelligence di Israele e dall’altro le straordinarie capacità di combattimento dell’organizzazione libanese. 

Tredici anni dopo, gli insuccessi della politica degli Stati Uniti e di Israele nella regione mediorientale ci fanno capire che non è più possibile per Israele pensare ad uno scontro diretto con Hezbollah in Libano. Gli Stati Uniti e Israele non sono riusciti a raggiungere tre fondamentali obbiettivi : il cambio di regime in Siria, la divisione dell’Iraq e la sconfitta degli Houthi in Yemen. In più, il loro rifiuto di garantire ai palestinesi uno stato ha rafforzato la determinazione di questi ultimi ad agire contro Israele. 

Tel Aviv ha aumentato le sue capacità militari e possiede armi sempre più raffinate ma anche Hezbollah, da organizzazione locale con un approccio tattico qual’era, è diventato in Medio Oriente un attore con una chiara linea strategica. Le sue abilità in combattimento sono ulteriormente migliorate grazie anche a nuove armi e mezzi militari. Tutto ciò rende decisamente improbabile la guerra in Medio Oriente nel prossimo futuro. 

Il tentativo degli Stati Uniti e dei loro partners di spodestare il presidente Bashar al-Assad e far diventare la Siria uno stato fallito in mano ai jihadisti takfiri (ISIS e al-Qaeda, che si sono in breve tempo imposti sulle altre organizzazioni ribelli non jihadiste) obbligava gli Hezbollah libanesi, l’Iran e l’Iraq a intervenire militarmente nel Levante. 

Lo stesso scenario si ripeteva in Iraq quando gli Stati Uniti rimanevano a guardare la crescita dell’ISIS mentre informazioni affidabili ( la cui accuratezza è stata in seguito confermata) avvertivano che l’ISIS si sarebbe spostato dall’Iraq in Siria dopo aver occupato una grossa parte dell’Iraq. Hezbollah, i gruppi iracheni e le forze iraniane combattevano in Siria e in Iraq per fermare i jihadisti e impedire che mettessero in pericolo il Libano, la Siria, l’Iraq e l’Iran. 

In Iraq, contrariamente a quanto veniva detto, l’ISIS non occupava la seconda città (in grandezza) della Mesopotamia, Mosul. Fu un gruppo di organizzazioni, insieme a poche centinaia di combattenti dell’ISIS, che rubò la vittoria ad altri gruppi sunniti ( soprattutto i Naqshabandi). Erano sostenuti dai paesi vicini e dal leader curdo-iracheno Masoud Barzani che, con la divisione dell’Iraq in Kurdistan, Sunnistan e Shiastan avrebbe soddisfatto le sue aspirazioni. 

La leadership turca ambiva a riprendersi Mosul, un tempo parte dell’Impero Ottomano. La Turchia avrebbe avuto dei vantaggi con l’occupazione di Mosul e del nord dell’Iraq da parte di un gruppo come l’ISIS. Non sarebbe stato infatti poi così difficile in futuro eliminare questa organizzazione, priva di riconoscimento internazionale.

Il leader curdo Barzani ambiva ad avere il controllo di Kirkuk, ricca di petrolio, e soprattutto sognava uno stato auto-proclamato dei curdi iracheni ( uno stato di cui lui in seguito avrebbe dichiarato l’indipendenza senza però poi riuscire ad ottenerla) indipendentemente dalla sconfitta dell’ISIS. Infatti Barzani elogiava l’ISIS durante l’occupazione di Mosul, riteneva l’occupazione una “rivoluzione sunnita” dimenticando però che il gruppo terroristico avrebbe cercato di conquistare anche il Kurdistan e Kirkuk. 

Gli Stati Uniti volevano il nord dell’Iraq diviso in due stati, uno sunnita e uno curdo. Non avrebbero mai permesso che l’ISIS si espandesse oltre Baghdad, per poter tenere il petrolio sotto il loro controllo. Il sud dell’Iraq sarebbe sopravvissuto come un piccolo, disperato cantone sciita malgrado la sua ricchezza di petrolio e gas e così l’Iraq sarebbe stato tolto dall’elenco degli “alleati dell’Iran”, non avrebbe più rappresentato una potenziale minaccia per l’Arabia Saudita e Israele. 

Se la Siria fosse stata distrutta e trasformata in un rifugio per jihadisti, la lista dei vantaggi per gli Stati Uniti e i loro alleati sarebbe stata lunghissima. Uno stato fallito avrebbe impedito alla Russia di esportare il suo petrolio in Europa attraverso la Siria e la Turchia. Le avrebbe tolto l’accesso alle acque del Mediterraneo e la sua base navale a Tartous. Avrebbe spezzato l’”Asse della Resistenza” tra Iran Siria e Libano. Avrebbe fermato il flusso di armi dall’Iran a Hezbollah in Libano e quindi impedito al gruppo libanese di riarmarsi e migliorare il suo equipaggiamento militare. Avrebbe isolato gli sciiti nel sud dell’Iraq, lontani dalla Siria. 

La coalizione a guida americana avrebbe così potuto tenere sotto controllo i movimenti dei gruppi jihadisti takfiri dalla Siria al Libano e tenere Hezbollah impegnato in una guerra settaria per parecchi anni, indebolendo in questo modo i nemici di Israele. Questo avrebbe spinto i cristiani del Libano e della Siria ad andarsene in Occidente, abbandonando il Medio Oriente a un destino segnato: decenni di lotte settarie. I jihadisti non avrebbero avuto niente da obiettare sul regalo fatto a Israele delle alture del Golan. Lo smantellamento dell’esercito siriano avrebbe lasciato i palestinesi privi dell’appoggio di Hezbollah, della Siria, dell’Iran e del Libano. Senza dover temere l’esercito siriano o quello iracheno, con Hezbollah impegnato in casa sua e senza più i rifornimenti di armi, con i jihadisti che avrebbero offerto un facile pretesto per lo scoppio di una guerra e con l’Arabia Saudita al suo  fianco, Israele avrebbe potuto tranquillamente ampliare il suo territorio a spese dei palestinesi e dei paesi vicini : nessun paese, nessuna forza avrebbe potuto essergli d’ostacolo. 

Ma tutti questi piani sono falliti : Hezbollah è andato in Iraq e in Siria a combattere l’ISIS e al-Qaeda. E’ riuscito a mettere in sicurezza il Libano sconfiggendo al-Qaeda e l’ISIS ad Arsal e lungo il confine tra Libano e Siria. Ha reso sicuri i passaggi aerei e via terra dalla Siria al Libano per il rifornimento di armi. Ha raggiunto straordinarie capacità a livello di guerriglia, anche urbana, e guerra classica , si è addestrato, in scenari reali, a combattere da solo, con l’esercito siriano e con russi e siriani usando abilità di combattimento classico con il sostegno di aviazione e artiglieria. Hezbollah, abituato a combattere Israele in una zona inferiore a 1.500 kmq nel sud del Libano, adesso ha un’esperienza di combattimento, acquisita in Siria, in un territorio che supera gli  80.000kmq. 

Ma non è tutto: durante la guerra imposta alla Siria, Hezbollah ha inventato un razzo che ha una tonnellata di esplosivo nella testata (Burkan-Vulcano) rendendolo operativo. Ha fatto corsi intensivi per l’uso dei droni, usato i suoi missili di precisione con accuratezza, ha messo in campo migliaia di Forze Speciali altamente addestrate e combattuto un nemico (al-Qaeda) molto più motivato a combattere fino alla morte di qualunque unità speciale israeliana. E inoltre, Hezbollah ha schierato i suoi missili di precisione a lungo raggio sul ben protetto confine siro-libanese affinché le conseguenze di una possibile guerra sulla popolazione delle città e dei villaggi libanesi si riducano.

Il fallimento del piano di cambiare il regime ha cementato la posizione di Hezbollah e dell’Iran in Siria, la loro cooperazione con lo stato è ai massimi livelli, livelli mai raggiunti prima. Il governo siriano è stato assistito economicamente dall’Iran e protetto a livello militare dagli interventi iraniano, libanese, iracheno e russo. 

Oggi le truppe statunitensi occupano quel territorio nel nordest della Siria in cui si trova la maggior parte del petrolio del paese mentre a Damasco sono state imposte durissime sanzioni economiche. Solo l’Iran è corso a sostenere l’economia siriana per prevenire il suo collasso; ha infatti fornito petrolio, costruito industrie farmaceutiche e di altro genere a questo scopo e per poter soddisfare i bisogni primari. La politica degli Stati Uniti e di Israele di cercare di colpire duramente il governo di Damasco non fa altro che rafforzare le relazioni tra l’Iran, Hezbollah e la Siria, soprattutto da quando gli Stati Uniti hanno impedito ai paesi arabi del golfo di riaprire le loro ambasciate in Siria, permettendo così all’Iran e alla Russia di essere gli unici paesi rappresentati a Damasco. 

L’Iran sta anche accrescendo le capacità missilistiche siriane. Le tensioni attuali tra Stati Uniti e Iran dimostrano che i missili possono fronteggiare una forza navale e aerea superiore e stabilire così le regole d’ingaggio con un investimento molto meno costoso rispetto al prezzo di aerei e fregate. La guerra in Yemen e la crisi tra Iran e Stati Uniti hanno infatti mostrato  come i droni armati e i missili possano colpire obbiettivi lontani con successo. 

Questo è esattamente ciò che Hezbollah ha fatto in Libano e sul confine tra Siria e Libano. Nel 2006 il comando di Hezbollah ha fatto lo sbaglio di accumulare depositi strategici in Siria. La superiorità aerea di Israele rendeva rischiosi i rifornimenti di armi dato che Israele può colpire tutto ciò che si muove in cielo. La guerra in Siria però ha reso consistente la presenza di Hezbollah e delle sue basi attrezzate con missili di precisione a lungo raggio sul confine siro-libanese così adesso sono pronte per diventare operative in caso di guerra. Non c’è pertanto nessun bisogno che questo “attore non statale” sposti i suoi missili dalla Siria al Libano. 

Negli ultimi anni Israele ha bombardato centinaia di obbiettivi in Siria, inclusi dei carichi di armi diretti al Libano senza mai però dimenticare di avvertire prima il guidatore. Israele infatti ha sempre voluto evitare che ci fossero vittime tra i membri di Hezbollah, ben sapendo che avrebbe dovuto pagarne il prezzo. Malgrado i ripetuti attacchi, secondo una stima israeliana, i depositi di Hezbollah sono pieni. Questo sta a significare che il gruppo è in grado di lanciare migliaia di razzi e missili ogni giorno anche in una guerra di lunga durata. Israele riconosce di non essere stato capace di limitare gli approvvigionamenti di armi e le capacità di Hezbollah. 

Le guerre in Iraq, Siria e Yemen hanno insegnato parecchio e, a livello militare, anche le tensioni nel golfo tra Iran e Stati Uniti hanno chiarito molte cose. Missili a basso costo diretti alle piattaforme petrolifere, nei porti, verso le navi in transito, gli aeroporti, le centrali elettriche, gli acquedotti e le basi militari oggi hanno un impatto politico e militare di gran lunga superiore a quello provocato dalla distruzione di obbiettivi civili. Droni armati e missili di precisione possono rivelarsi mortali per uno stato militarmente equipaggiato ai massimi livelli. I razzi possono essere usati per rendere impotenti i sistemi missilistici di intercettazione  israeliani con il “fuoco di saturazione”; decine di razzi possono essere lanciati simultaneamente prima del lancio di alcuni missili di precisione contro un obbiettivo. Il sistema di intercettazione verrebbe “saturato”non riuscendo più ad abbattere tutti i razzi e missili in arrivo, così almeno il 30-40% dei missili riuscirebbe a passare e colpire il bersaglio prestabilito, un danno sostanziale che creerebbe un cambio di equilibrio. Tutti riconoscono che queste tecniche di saturazione possono essere assai efficaci. 

La nuova guerra in atto è essenzialmente economica, è una guerra fatta di sanzioni e di limitazioni ai movimenti navali nel mondo. E’ una guerra che va a colpire petroliere e piattaforme petrolifere. E’ una guerra che ha lo scopo di affamare il nemico, una guerra in cui nessuno può minacciare nessuno di riportarlo all’”età della pietra” perché le armi ci sono per tutti. Lo Yemen ne è l’esempio migliore : la minaccia di bombardare Dubai ha obbligato gli Emirati a cercare la mediazione dell’Iran per evitare un attacco missilistico. Gli Houthi, nonostante anni di bombardamenti sauditi dello Yemen, sono anche loro riusciti a colpire aeroporti, basi militari e stazioni petrolifere nel cuore dell’Arabia Saudita, usando missili da crociera e droni. 

Gaza insieme a Beirut, Damasco e Baghdad è ben equipaggiata da Teheran con un numero di missili sufficiente a danneggiare seriamente Israele e le truppe statunitensi schierate in Medio Oriente. Israele gioca a colpire vari obbiettivi tatticamente ma non ha obbiettivi strategici, è solo Netanyahu che si dà un gran daffare per tenere in allenamento la sua aviazione e per farsi pubblicità attraverso i mezzi di informazione. Appena la Siria si riprenderà e l’Iraq sarà più forte, le passeggiate israeliane dovranno finire. Anche l’esercito irregolare ma organizzato di Hezbollah potrebbe a breve darsi da fare a lanciare missili contro gli aerei israeliani che quotidianamente violano il cielo del Libano imponendo così nuove regole d’ingaggio. E’ comunque ancora troppo presto per sfidare Israele nei cieli perché l’”Asse della Resistenza” lavora seguendo le sue priorità e questa fase della crisi tra Iran e Stati Uniti è solo all’inizio. Mentre però la crisi va avanti il nuovo effetto stabilizzante creato da questa precisa e letale generazione di droni e missili renderà assai improbabile la possibilità che si scateni una guerra aperta.

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