I dimostranti in Libano e in Iraq: Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita stufi dell’Iran 1/4

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Da Beirut, Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da Alice Censi  

Gli Stati Uniti d’America, Israele e l’Arabia Saudita non ne possono più dell’Iran e dei suoi alleati in Medio Oriente. Nonostante abbiano fatto la guerra alla Siria e a Hezbollah in Libano, abbiano spinto il governo iracheno a sciogliere Hashd al-Shaabi, abbiano tentato di sottomettere Gaza e contrastare gli Houthi in Yemen, non sono riusciti a rompere le forti alleanze di cui gode l’Iran in Medio Oriente. Inoltre, grazie ad elezioni democratiche, gli alleati dell’Iran in Iraq e Libano oggi sono in  parlamento e hanno i loro ministri in entrambi i paesi. Dulcis in fundo in Siria il presidente Bashar al-Assad, un ottimo alleato dell’Iran, è ancora oggi alla guida del paese dopo tanti anni di guerra e i numerosi tentativi portati avanti da forze interne e esterne per togliergli il potere. Ma i manifestanti che protestano giustamente contro la corruzione delle élite al potere in Iraq e Libano e contro la loro cattiva gestione delle risorse, stanno creando scompiglio in entrambi questi paesi e mettendo a rischio la loro stabilità, una situazione che ha messo in allerta l’Iran e i suoi alleati. L’ “Asse della Resistenza” organizza costantemente riunioni per valutare la situazione e le possibili minacce che possono derivarne e per capire quanto siano coinvolte nelle proteste le potenze straniere pronte a contrastarla.  

In Libano dopo due settimane di proteste in tutto il paese, il primo ministro Saad Hariri ha dato le dimissioni, oggi ha un ruolo provvisorio alla guida di un consiglio anch’esso dimissionario. Questa mossa ha calmato i manifestanti per alcuni giorni ma non è affatto certo che possa soddisfare i giovani senza lavoro e tutti coloro che stanno lottando contro la corruzione. Tutti si aspettano che le loro richieste vengano accolte anche nel medio e lungo periodo. Contemporaneamente bisogna fronteggiare il debito nazionale in continua crescita.

Non è chiaro se un nuovo governo potrà vedere la luce in questo mese o nei mesi a venire. Hariri ha discusso dei suoi progetti con i più importanti partiti politici esprimendo la volontà di dar vita ad un governo di tecnici. Quello a cui mira è rispondere ad alcune delle richieste dei manifestanti ma allo stesso tempo cercare di estromettere il potente membro del parlamento (MP), cristiano, nonché ministro degli esteri Gebran Bassil, a capo del gruppo più numeroso di MPs del paese. La richiesta di Hariri è stata contestata dato che “un leader politico (è a capo di un importante partito politico) non può guidare un governo non-politico a meno che non sia un misto di politici e tecnici qualificati”. Sul tavolo ci sono altre opzioni tra cui chiedere a Hariri di formare un governo politico-tecnico che faccia uscire il paese dall’attuale vicolo cieco.

Le difficoltà a livello locale e internazionale sono enormi e condizionano in modo cruciale il possibile successo o fallimento di un nuovo governo in Libano. L’amministrazione americana, in particolare ( come è stato annunciato dal Dipartimento di Stato) è dietro l’angolo, pronta ad imporre nuove sanzioni al Libano, soprattutto agli alleati di Hezbollah. E Bassil, il genero del presidente e grande alleato di Hezbollah, è considerato dal Dipartimento di Stato statunitense “persona non grata” proprio a causa del suo appoggio esplicito all’acerrimo nemico di Washington. Hezbollah, un’organizzazione politica di fede sciita, ha stretto un’alleanza con il più forte gruppo politico cristiano del paese. Questa alleanza disturba non poco i nemici di Hezbollah perché fa apparire questo alleato dell’Iran come un gruppo non settario e gli garantisce un appoggio internazionale attraverso i cristiani del Libano. Gli Stati Uniti possono contare su un modesto alleato cristiano, Samir Geagea che in passato era l’alleato più stretto di Israele ed è poi diventato un gran sostenitore dell’Arabia Saudita. Gli uomini di Geagea sono in strada tra coloro che impediscono ai cittadini di recarsi al lavoro e chiedono che Hezbollah rinunci alle armi.

Questo spinge Hezbollah a tenersi stretti i suoi alleati, a condividere con loro un destino comune e a consolidare il suo controllo sulla scena politica del paese. La cosa da chiarire è se in futuro il Libano avrà un governo funzionante oppure (cosa più probabile) un vuoto politico.  

In generale, le critiche più aspre nei confronti di Hezbollah, l’alleato dell’Iran in Libano, e del suo potentissimo esercito vengono dai principali mezzi di informazione che pare trovino particolarmente attraente associare l’Iran e i suoi alleati a qualsivoglia evento. Nei fatti, per le strade del Libano si sono sentite ben poche voci contro Hezbollah. E queste venivano soprattutto da zone controllate dal leader delle “Forze Libanesi”, Samir Geagea, ( sul libro paga degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita ) con l’obbiettivo, chiaro, di promuovere la sua immagine. I ministri di Geagea si dimostravano pronti alle dimissioni già all’inizio delle proteste per prendere le distanze dal governo di cui lui faceva parte negli anni passati. Lui rimaneva il solo ad andarsene. I suoi uomini oggi stanno chiudendo le strade principali in punti importanti nelle zone dominate dai cristiani per aumentare il suo potere nei futuri negoziati politici.  

Quello che è strano è il ruolo dell’esercito libanese e del suo comandante in capo, il generale Josef Aoun, parente del presidente attuale, Michel Aoun. Il codice di emergenza è il n°3, codice che permette all’esercito di intervenire a protezione del paese per minacce interne e esterne. Fonti interne al comando militare hanno detto: “ Il generale Aoun è sottoposto a pressione da parte degli Stati Uniti che gli hanno chiesto di non usare l’esercito contro i dimostranti anche se chiudono le vie principali che collegano il paese da sud a nord e a est. Delegazioni dell’ambasciata degli Stati Uniti hanno fatto visita al generale regolarmente per assicurarsi che il paese sia “ sotto il comando dei dimostranti” e non delle forze di sicurezza. Il comportamento del capo dell’esercito mette in imbarazzo il presidente, alleato di Hezbollah, perché lo scopo è segnalare come sia precario il suo mandato a causa delle sue scelte politiche e dei legami con Hezbollah. Questa condotta  permetterebbe al capo dell’esercito di diventare il nuovo presidente in futuro”.  

Fonti ben informate a Beirut sono convinte che la chiusura del collegamento stradale tra il sud del Libano e Beirut e tra la valle della Bekaa e Beirut ( roccaforti sciite ) non sia casuale. Lo scopo è far scendere in strada Hezbollah e scatenare un’altra guerra civile che destabilizzerebbe il paese nei prossimi anni.

Hezbollah sembra essere ben al corrente di questo progetto e del suo potenziale negativo.  

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