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Traduzione di: Alessandro Lattanzio (https://aurorasito.wordpress.com/2018/01/17/puo-sopravvivere-il-nuovo-stato-fantoccio-degli-usa-in-siria/)
Oggi è chiaro che le forze statunitensi rimarranno e occuperanno il nord-est della Siria dove i curdi di al-Hasaqah e Dayr al-Zur, insieme a tribù arabe, hanno il controllo. Washington dichiarava la formazione di 30.000 agenti per “difendere i confini” di questo “Stato nello Stato” appena dichiarato. La domanda è: può tale occupazione durare a lungo? E questa domanda ne pone un’altra fondamentale: uno Stato “curdo” può sopravvivere? Non c’è dubbio che gli Stati Uniti non vogliano lasciare la Siria e che la Russia estenda presenza e controllo, a patto che ci sia la possibilità che Washington disturbi e riduca l’influenza di Mosca nel Levante.
Dichiarandosi forza di occupazione e quindi la volontà di formare uno “Stato per procura”, la posizione USA giustifica (a sé stessi ma non al popolo statunitense, né al mondo) una presenza militare finché ritenga opportuno abbandonare i curdi e lasciarli al loro destino. Gli Stati Uniti usano come scusa la presenza iraniana sul territorio siriano e l’ossessione di limitare il controllo di Teheran su Damasco.
Non vi è alcun dubbio che le forze statunitensi possano badare ai loro interessi nel territorio occupato dalla Siria e impedire che una forza regolare possa avanzare. Tuttavia, la sicurezza dei loro soldati dipende dall’ambiente in cui si trovano, in questo caso un ambiente totalmente ostile, non solo all’interno della zona controllata, ma anche ai limiti di questa zona circondata. Gli attacchi contro le forze statunitensi e i loro agenti curdi non sono affatto esclusi. Questo quando gli Stati Uniti dovranno ripensare la necessità di una presenza in un territorio di recente occupazione, così lontano da casa e in cui le vite statunitensi possono essere perse in cambio di alcun beneficio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
L’Iran ha una lunga esperienza nel combattere le forze statunitensi in Medio Oriente, dove i gruppi iracheni, sponsorizzati e addestrati dall’Iran, sono riusciti a infliggere ingenti danni all’occupazione statunitense dell’Iraq nel 2003 e molto prima, quando la Repubblica Islamica era giovane, nel 1983. A quella epoca, i gruppi filo-iraniani colpirono i marines statunitensi in uno dei più grandi attacchi contro forze illegittimamente impegnati nella guerra civile libanese. Naturalmente, anche le forze statunitensi hanno acquisito esperienza nella lotta agli attori non statali.
Ciononostante, questa esperienza non gli eviterà gravi danni, probabilmente costringendo al ritiro prima o poi. Il piano di occupazione statunitense ha molte carenze. Le 30.000 forze curde dovrebbero:
– Proteggere i confini da Qamishlu a Yarubiya-Buqamal, contro l’Esercito arabo siriano ed alleati. Damasco ha già condannato la presenza illegale delle forze di occupazione statunitensi, dichiarando che i curdi che collaborano con le forze di occupazione sono considerate ‘traditori’.
– Proteggere i confini di al-Hasaqah, Ayn al-Arab, Tal Abiyad, Manbij con una Turchia che ha dichiarato guerra ai curdi e minacciato di distruggerli e d’impedire a tutti i costi uno loro Stato ai suoi confini. Ankara non starà a guardare. Quasi ogni giorno, il presidente turco Recep Tayyeb Erdogan minaccia di invadere i territori controllati dai turco-curdi e bombardare le province confinanti.
– Proteggere i lunghi confini con l’Iraq, dove le Unità di Mobilitazione Popolare sono pronte ad aiutare qualsiasi gruppo (tranne lo SIIL) disposto a scacciare le forze statunitensi dai confini iracheni, in particolare l’ultima sacca dello SIIL proprio al confine Siria-Iraq. Nonostante il controllo dei confini, c’è molto scontento nel vedere lo SIIL sul lato siriano dei confini protetto dagli Stati Uniti, consapevoli che Washington, non volendo porre fine al gruppo, permette a migliaia di terroristi di fuggire da Raqqah per poi usarli per “influenzare” i governi iracheno e siriano. Nonostante l’apparente impegno degli Stati Uniti per la stabilità dell’Iraq, Baghdad non vede alcuna giustificazione nella protezione degli Stati Uniti dello SIIL nell’enclave nel nord-est della Siria, un gruppo in grado di attraversare i confini in cui ha vissuto per anni e dove sa come muoversi. Gli Stati Uniti possono usare la propria esperienza acquisita in Iraq e in altre parti del mondo islamico per comprarsi la lealtà delle tribù locali, come i “Sahwa” iracheni. L’Arabia Saudita è disposta a ricostruire le aree danneggiate, nonostante la propria crisi finanziaria, assecondando la richiesta degli Stati Uniti, ed è disposta a finanziare e equipaggiare le tribù arabe di al-Hasaqah e Dayr al-Zur. Ma chi vende la fedeltà a qualsiasi acquirente può anche farsi comprare dagli avversari, come è accaduto in Iraq. Dopotutto, le tribù arabe nel nord-est della Siria fanno parte delle stesse tribù dell’Iraq.
– Proteggersi da dispute e lotte intestine tra i curdi fedeli a Damasco e i separatisti, e dagli attacchi IED e tattiche mordi e fuggi delle tribù arabe disposte a sostenere il governo siriano per liberare il territorio e destabilizzare le province curde.
– Proteggere un vasto territorio, circa 39500 kmq. Ciò significa un militante ogni 1,3 kmq per proteggere province circondate da nemici e forze non disposte a consentire la creazione di tale “Stato nello Stato”, qualunque sia la superiorità aerea statunitense e i droni che non lasciano mai i cieli della zona. I curdi di al-Hasaqah (vi sono grandi concentrazioni curde ad Ifrin e Aleppo che non vogliono dividersi da Damasco) si trovano in una posizione scomoda sotto la protezione degli Stati Uniti, un alleato noto per aver abbandonato gli “amici” quando non servivano più.
In definitiva, Damasco non accetterà l’occupazione statunitense del proprio territorio e combatterà un nemico considerato più grande e pericoloso della Turchia, che pure occupa territorio siriano. Alcuni osservatori ritengono che gli Stati Uniti potrebbero aver deciso di abbandonare la Turchia per proteggere e mantenere gli agenti curdi disposti a schierarsi col migliore alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente, Arabia Saudita, e l’alleato strategico Israele. Questo punto di vista è debole perché l’amministrazione statunitense è consapevole che i curdi non possono sostenere tale enclave per molto e che i Paesi circostanti attenderanno il momento giusto (da uno a dieci anni) per rimuovere la minaccia dai rispettivi confini.
Damasco non abbandonerà le province ricche di risorse energetiche di al-Hasaqah e Dayr al-Zur, e i suoi alleati supporteranno la cacciata delle forze statunitensi con mezzi militari dalla Siria. Gli alleati di Damasco hanno già addestrato e condiviso l’esperienza in guerriglia con diversi gruppi siriani, pronti ad impedire il ritorno dello SIIL e a rivendicare le alture del Golan occupate nel sud e la Siria nord-orientale.
In questo momento, Damasco vede il pericolo più grave in al-Qaida (l’Hayat Tahrir al-Sham ha oltre 10000 terroristi) e nello SIIL. Certo, il governo siriano chiederà sempre il ritiro delle forze turche anche se Russia e Turchia sono alleati necessari. Il presidente turco cerca di rimanere, mantenendo un piede nel campo statunitense e l’altro in quello russo, non vuole perdere entrambi e continuare a beneficiare delle due superpotenze che condividono interessi militari ed economici vitali con Ankara (e viceversa).
Erdogan può anche contare sul rifiuto di Damasco dello “Stato curdo nello Stato”, come obiettivo comune dei due Paesi anche senza un’alleanza e nonostante la dichiarata reciproca animosità dei presidenti Erdogan e Assad. La Russia, da parte sua, farà del suo meglio per sostenere Erdogan e, contemporaneamente, stringere legami coi curdi di Ifrin, nella speranza che i curdi di Ifrin e al-Hasaqa si parlino e si accordino su cosa affrontare, il giorno in cui gli Stati Uniti decideranno di ritirarsi dalla Siria. L’amministrazione USA ancora una volta s’infila in un vespaio, pensando (se è la parola giusta) coi muscoli militari piuttosto che intelligentemente, ad assicurarsi gli interessi in Siria, fingendo di dimenticare che il suo potere militare “onnipotente” si rivelò inutile in Libano, Afghanistan e Iraq. Com’è possibile che l’amministrazione Trump possa credere che sia possibile avere successo in Siria? Gli USA ignorano i fatti.
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