Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da: Alice Censi
L’esercito siriano sta terminando la sua battaglia in quel 2% di territorio della provincia di Quneitra che è ancora controllato dallo Stato Islamico (ISIS). Decine di migliaia di combattenti dell’esercito siriano e delle forze che gli sono alleate saranno quindi sollevati dall’obbligo di combattere nel sud del paese e ci sarà finalmente una svolta dopo sette anni di guerra imposta al Levante. L’intera Siria è stata liberata dal controllo territoriale di milizie e jihadisti. Quello che resta occupato è controllato da due paesi: gli USA e la Turchia nel nord. Non sembra comunque che questa situazione possa durare, soprattutto da quando i curdi, che controllano il 23% della Siria, hanno deciso di rispondere alla richiesta del presidente siriano di decidere se iniziare a trattare oppure affrontare la guerra. Gli Stati Uniti non hanno speranze di restare a lungo, ma troveranno un modo abbastanza dignitoso per andarsene molto presto.
La presenza americana in Siria aveva parecchi scopi :
- Dividere la Siria facendo in modo che il nord venisse denominato Rojava, uno stato curdo “protetto”da un governatorato americano simile al Kurdistan iracheno all’epoca di Saddam Hussein. Gli USA non erano contrari a uno stato curdo che includesse Siria e Iraq. Il Kurdistan iracheno sotto la guida di Masood Barzani però ha fatto terra bruciata attorno alla possibilità di arrivare all’indipendenza rifiutando di seguire il consiglio americano di rinviare una tale decisione di 18 mesi. La decisione di Barzani ha suscitato una dura reazione da parte delle truppe di Baghdad che in conseguenza hanno assunto il controllo dei confini e delle risorse del Kurdistan.
- Lasciare il resto della Siria in balìa di una infinita, sanguinosa guerra tra i jihadisti salafi-takfiri e tutti gli altri gruppi. Questo avrebbe permesso all’ISIS di avere la supremazia e l’obbiettivo dell’ISIS non erano gli USA (un nemico geograficamente lontanissimo anche se militarmente adiacente), ma un nemico più vicino: il Libano, la Giordania e il resto del Medio Oriente. Ciò sarebbe stato dannoso per l’ “Asse della Resistenza” (Iran, Siria, Hezbollah) o avrebbe perlomeno interrotto il flusso di armi a Hezbollah in Libano. Hezbollah sarebbe stato messo con le spalle al muro nel sud del Libano, una enclave sciita che si sarebbe ritrovata circondata da Israele da una parte e da un governo ostile o un dominio takfiri in tutte le altre zone del paese.
Gli Stati Uniti sono venuti in Siria non solo per controllare una parte del suo petrolio, ma per contribuire ad eliminare i nemici di Israele. La guerra in Siria, comunque, non è andata come avevano pianificato e oggi il presidente siriano, o perlomeno il governo di Damasco, controlla l’intero territorio siriano ad eccezione del nord. Questo avviene malgrado l’insurrezione dell’ISIS che può continuare ad essere operativo non solo in Siria ma anche in qualunque altra parte del Medio Oriente e del Nord Africa (l’Egitto è l’esempio più appropriato: lo stato è consolidato ma continuamente attaccato dai terroristi).
D’altro canto, l’incontro tra Trump e Putin a Helsinki ha dato fiducia sia a Trump che al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avendo Mosca promesso di proteggere i confini con Israele. Il presidente russo ha sostenuto che Assad ha rispettato i confini con le alture occupate del Golan per più di 40 anni senza che si registrassero incidenti. La presenza di Assad al potere, quindi, la presenza della polizia militare russa sui confini, e quella dell’ UNDOF ( forze di disimpegno degli osservatori delle Nazioni Unite stabilite dalla risoluzione 350 delle Nazioni Unite nel maggio 1974 per supervisionare il cessate-il-fuoco tra Israele e la Siria) rappresentano tutte una sicurezza per Israele. Ottenuto questo obbiettivo, non ci sarà nessun motivo per cui le forze americane debbano restare ad occupare il valico di al-Tanf tra Siria e Iraq e la provincia di al-Hasaka dove hanno base le forze curde.
Assad , sicuro di sé ha lanciato l’ultimatum ai curdi “ o negoziate o sarà guerra”. La ragione per cui il presidente siriano si è espresso così è dovuta al fatto che lui sa che Idlib, la città del nord-ovest controllata dai turchi, non si arrenderà senza combattere.

Nella zona rurale di Lattakia è iniziata l’operazione militare per allontanare tutti i pericoli da questa provincia costiera in cui i jihadisti, di tanto in tanto, attaccano le posizioni siriane e i villaggi. Molti droni armati, inoltre, sono stati lanciati da questa zona contro la base militare russa di Hmeymim e sono stati abbattuti dall’antiaerea russa interna alla base prima che raggiungessero l’obbiettivo.
A Idlib, il capo della task-force umanitaria delle Nazioni Unite per la Siria, Jan Egeland, ha detto che “ ci sono 2 milioni di persone, inclusi i rifugiati interni” e oltre 40.000 jihadisti con i loro alleati ( Jabhat al-Nusra, cioè Hay’atTahrir al-Sham, Hurras el-Deen, Jund al-Aqsa, Ahrar al-Sham e molti altri) che si rifiuteranno di deporre le armi senza combattere.
Fonti a Damasco hanno confermato che la battaglia di Idlib avverrà presumibilmente a settembre. “Quando l’aviazione e l’artiglieria inizieranno a colpire le postazioni jihadiste, Idlib sarà sotto attacco. L’esercito siriano ha pensato di stabilire molti corridoi di sicurezza per l’evacuazione dei civili da Idlib a nord e a sud della città e nelle aree rurali per evitare vittime”.

La Turchia sa che il governo siriano è inarrestabile per cui deve risolvere la questione del suo ritiro e dovrà accettare di separarsi dai jihadisti nel nord essendo Assad determinato a liberare tutta la Siria con qualunque mezzo.
La prima preoccupazione della Turchia è quella di impedire che i curdi abbiano un loro stato che coincide con l’obbiettivo di Assad di evitare la divisione della Siria.Una delegazione curda è infatti andata a Damasco per iniziare il dialogo con il governo centrale con il consenso della dirigenza americana.
In tutte e tre le enclavi curde ( Afrin, Kobani e Jazeera)c’era una “ amministrazione autonoma democratica” controllata dal Partito dell’Unione Democratica curdo (PYD) e il suo braccio armato , le Unità di Protezione Popolare (YPG). Con la perdita di Afrin e il suo passaggio alla Turchia, le restanti due enclavi diventano collegate tra loro e ospitano molte basi militari americane e areoporti.

La città curda capitale è Qamishli ( nel cantone di al-Jazeera) e ospita anche un grosso nucleo dell’esercito siriano. I curdi non hanno mai combattuto contro l’esercito siriano ( solo alcuni incidenti si sono registrati anni fa ) e non vorrebbero separarsi dalla Siria, ma ambirebbero a un cantone decentralizzato. La delegazione curda ha chiesto a Damasco di assumersi le sue responsabilità, come governo centrale, e quindi provvedere alla manutenzione e al restauro della diga sull’Eufrate (in seguito ai consistenti danni subiti durante la lotta all’ISIS), alla distribuzione di acqua potabile, ai rifornimenti di elettricità e alla ricostruzione di case, scuole e ospedali.
Il governo siriano ha risposto dicendo che la Costituzione era stata modificata nel 2012 e gli articoli 130 e 131 per “ la decentralizzazione e l’indipendenza finanziaria e amministrativa delle strutture locali di governo” abbinati al decreto legislativo 107 dell’ottobre 2011.

I curdi si sono trovati d’accordo con il decreto 107 ma hanno contestato il modo in cui era stato applicato e la mancanza di autorità data ai rappresentanti locali e al governo incaricato. Hanno inoltre contestato il potere dato al ministro con la funzione di sovrintendere tutte le province e la loro amministrazione.
E’ l’interpretazione delle leggi esistenti come anche la loro attuazione e il potere che sono stati discussi tra le due delegazioni. Riguardo alla distribuzione della ricchezza ( soprattutto gas e petrolio) si è deciso di rinviare la discussione e tutti i punti rimasti in sospeso nei prossimi incontri, previsti tra poco.
Damasco ritiene positivo l’incontro e pensa che ci sia la volontà da parte curda di rimanere sotto l’egida del governo centrale, in un unico stato. I curdi accettano anche la Russia come garante del trattato e della soluzione politica nel paese.
I curdi hanno offerto di mettere al servizio dell’esercito siriano una quantità ragguardevole delle loro forze militari per essere d’aiuto nella guerra contro i terroristi e i jihadisti, soprattutto quelli dell’ISIS , di al-Qaeda e dei loro alleati che ancora si trovano nel nord del paese. Damasco ovviamente apprezza l’iniziativa e sicuramente ne trarrà beneficio.
E’ troppo presto per parlare di un accordo definitivo tra Damasco e Qamishli, senza dubbio è partito bene ed è sulla giusta strada. I curdi hanno accettato che non ci siano più gli Stati Uniti a proteggerli e pertanto devono proteggersi ritornando tra le braccia del governo centrale al quale appartengono.
Con la fine della guerra nel sud e l’iniziativa curda,un’uscita discreta degli USA dalla Siria è solo una questione di tempo e di circostanze che metteranno fine così alla loro occupazione: dovranno accettare il patetico fallimento del loro tentativo di “cambio di regime”.
Potrebbe succedere che gli Stati Uniti vogliano vedere da vicino come la Siria e la Russia affronteranno Idlib. Tuttavia non c’è nessun dubbio sull’esito della battaglia : la Siria sta avanzando verso la fine della sua lunga e sanguinosa guerra.
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