Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da: Alice Censi
La scadenza del 15 ottobre, concordata da Turchia, Russia e Iran per consentire alla Turchia di far uscire tutte le armi pesanti e i gruppi jihadisti dalla striscia smilitarizzata (larga 15 – 20 km) attorno a Idlib e alla sua zona rurale, inclusa la zona rurale di Lattakia, è arrivata ed è già passata. Tuttavia, nonostante la Turchia abbia fatto seriamente pressione sui jihadisti perché lascino la Siria o se ne vadano dalla zona smilitarizzata, evitando così che Idlib venga attaccata dall’esercito siriano e dalla Russia, i jihadisti restano accampati lì. Nello stesso tempo sia Damasco che Mosca ritengono che il momento non sia propizio per un attacco su larga scala alla città perciò è stata concessa alla Turchia un’ulteriore proroga perché possa continuare le sue trattative. Ogni attacco a Idlib, la prima linea di difesa americana in Siria, è stato posticipato.
Ma perché Idlib è la prima linea di difesa americana in Siria? Semplicemente perché la Siria è stata liberata e soltanto le città settentrionali di Idlib e al-Hasaka (e una piccola parte di Deir-ezzour a est dell’Eufrate) sono ancora occupate.
A settembre, la Russia, l’Iran e la Siria avevano deciso di liberare l’intero territorio siriano iniziando da Idlib per finire ad al-Hasaka dove sono stanziate le forze di occupazione americane, tutt’altro che intenzionate ad andarsene a breve. Ecco perché Washington vede Idlib come la sua prima linea di difesa e perché gli Stati Uniti volevano colpire la Siria con il pretesto dell’“uso di armi chimiche”, per prevenire, ovviamente, la liberazione di Idlib da parte dell’esercito di Damasco. Mosca e Damasco, capendo le intenzioni americane, decisero di annullare tutti i preparativi militari per evitare un attacco americano alla Siria. La data stabilita per l’attacco a Idlib venne quindi abolita e la Siria e i suoi alleati decidevano di non intervenire e di dare alla Turchia la possibilità di cercare di frapporsi tra i belligeranti. Questa decisione fu anche utile ad evitare un possibile scontro militare tra le due superpotenze, Russia e Stati Uniti, nel Levante.
Nel frattempo gli alleati della Siria avevano preparato tre linee di difesa: la prima di fronte a Tal el-Eiss, la seconda al “progetto residenziale di 3000 appartamenti“ a ovest di Aleppo e la terza all’entrata della città di Aleppo : avevano ricevuto informazioni da fonti attendibili che al-Qaeda e altri jihadisti avevano radunato circa 10.000 uomini e si preparavano ad attaccare Aleppo. L’accordo tra Russia e Turchia fermava questo attacco imminente. Alla Turchia veniva concessa una proroga e un periodo di tempo non definito per ottenere il controllo di Idlib. La Siria e i suoi alleati aspetteranno il momento più opportuno per attaccare la città se e quando gli Stati Uniti si ritireranno dalla guerra in Siria e le circostanze diventeranno più consone.
Fonti di informazione vicine a quelli che prendono le decisioni in Siria hanno detto: “Non c’è dubbio che l’intero territorio siriano tornerà sotto il controllo del governo legittimo, incluse Idlib e al-Hasaka. I valichi di Qunietra e Nasib tra la Siria e la Giordania sono già stati riaperti. Presto saranno riaperti i confini tra Siria e Iraq dato che adesso, in Iraq, c’è un nuovo primo ministro”.
“Il ministro degli esteri iracheno Ibrahim al-Jaafari è andato in visita in Siria non solo per riaprire i valichi di frontiera tra i due paesi ma anche per far sì che la Siria ritorni nella Lega Araba. L’Iraq è convinto che l’Arabia Saudita e i suoi alleati non siano più intenzionati a continuare la guerra in Siria e abbiano quindi smesso di finanziare jihadisti e ribelli. La Siria tratterà con gli occupanti del suo territorio (Turchia e Stati Uniti) e metterà fine alla guerra”, ha detto la fonte.
E’ previsto che il primo passo sarà fatto ufficialmente da Amman, intenzionata a riprendere le relazioni con Damasco (che aveva prima del 2011), con l’invio dei suoi diplomatici in Siria nei prossimi giorni. Secondo la fonte, “l’iniziativa della Giordania ha l’approvazione dei paesi del Golfo e di quelli occidentali che sperano di separare la Siria dall’Iran”.
“Quelli che aprono i loro confini e i loro aeroporti ai jihadisti di tutto il mondo perché vengano a combattere in Siria e coloro che hanno svuotato le loro prigioni per mandare i detenuti a creare una piattaforma per il terrorismo nel Levante, e dar vita ad uno stato fallito, hanno deciso di cambiare politica e ristabilire i contatti con Damasco. Noi non ci opponiamo a questa decisione ma non potremo dimenticare perché abbiamo pagato un prezzo altissimo a causa di questi “vecchi amici che hanno distrutto il nostro paese”, ha detto la fonte.
“Non c’è dubbio “, continua a dire la fonte, “che il numero dei militari alleati che sono in Siria è stato drasticamente ridotto. L’Iran ha diminuito i costi e ridotto al minimo la presenza dei suoi alleati sul terreno (Afgani, Iracheni, Pachistani e altri ancora). Nessuno, comunque, può obbligare l’Iran a lasciare il Levante in cambio di un sostegno finanziario per la ricostruzione del paese. Solo degli idioti credono che noi potremmo svendere le relazioni tra la Siria e l’Iran per ottenere decine o centinaia di miliardi di dollari oppure svendere le alture del Golan per qualunque prezzo. Il legame strategico tra Siria e Iran è molto più forte di quello che si possa immaginare”.
I leaders mediorientali e la Lega Araba sono pronti a riavere tra loro il presidente siriano Bashar al-Assad avendo preso atto che l’operazione del cambio di regime è fallita. Alla Turchia è stato dato più tempo e la liberazione di Idlib è stata posticipata. I jihadisti e i ribelli non sono ancora convinti che la guerra sia finita e non hanno ancora capito che nessun paese li rifornirà più di armi. Stanno solo prendendo tempo e il loro destino è segnato. Ad al-Hasaka, i militanti curdi arriveranno a capire che le forze americane non possono rimanere a lungo. La base americana ad al-Tanaf verrà abbandonata soprattutto perché il campo profughi di al-Rukban (da 80.000 a 90.000 profughi presi in carico dagli Stati Uniti e circondati dagli eserciti siriano e iracheno) è diventato un peso e perché il valico di al-Bu Kamal riaprirà presto. È ora che i curdi capiscano che possono solo sopravvivere venendo a patti con Damasco.
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