
Da Beirut, Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da Alice Censi
Nel 1975 in Libano iniziava una guerra civile violenta e devastante che sarebbe durata 15 anni. Il contesto in cui avveniva era caratterizzato dal tentativo di eliminare e rimuovere dal paese l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) comandata da Yasser Arafat. La presenza dei palestinesi nella guerra civile libanese apriva la strada all’invasione israeliana del 1982 che obbligò l’OLP ad andarsene dal Libano ( e la “Resistenza Islamica” nota anni dopo come Hezbollah). Oggi Hezbollah pensa che in Libano potrebbe ripresentarsi lo stesso scenario se l’organizzazione fosse trascinata in strada a fronteggiare i dimostranti. Ecco perché la leadership affronta la situazione con pazienza, trattenendosi, e continuerà a comportarsi così, a tenere sotto controllo i suoi membri, lontano dalle proteste nelle strade.
Tuttavia tra i dimostranti si sono alzate voci che chiedevano con insistenza “perchè Hezbollah copre e protegge i suoi alleati anche se accusati di corruzione?”
Anni prima che Hezbollah facesse la sua comparsa ufficiale (nel 1985), la “ resistenza islamica” era già impegnata a cercare di liberare il territorio libanese occupato dagli israeliani con l’invasione del 1982. Pochi anni dopo il ritiro delle truppe israeliane da gran parte delle città e dei villaggi, nel 2000, Hezbollah esordiva sulla scena politica. L’impegno politico rappresentava una sfida difficile per la leadership dell’organizzazione. Molti all’interno del consiglio della Shura volevano mantenere le distanze da un governo corrotto che guidava il paese dal 1992 temendo di essere chiamati in causa insieme alla vecchia guardia rappresentata da capi politici disonesti.
Hezbollah decideva di mantenere un unico ministro nel governo per poter avere qualcuno presente a tutti gli incontri e ai dibattiti interni del consiglio dei ministri. Dopo qualche anno sceglieva di diventare partner, in parlamento e nel consiglio dei ministri, del suo alleato sciita, lo Speaker del parlamento nonché leader del movimento Amal, Nabih Berri. In seguito al ritiro dell’esercito siriano dal Libano nel 2005 e alla terza guerra israeliana contro il paese del 2006, Hezbollah decideva di prendere anche lui la parte che gli spettava, insieme a Berri, e nominava gli ufficiali della sicurezza riservati agli sciiti lasciando allo Speaker tutti gli altri incarichi di alto (e non) livello assegnati a loro come prevede il sistema confessionale libanese. Il rapporto di Hezbollah con Amal era basato su un principio fondamentale: la nomina di un ufficiale della sicurezza nell’esercito o in altre forze di sicurezza avrebbe dovuto avere l’approvazione di entrambi i gruppi sciiti.
Hezbollah era riuscito a realizzare il suo obbiettivo di proteggere gli sciiti libanesi. Il suo scopo era proprio quello di fare in modo che questo gruppo storicamente messo da parte non dovesse mai più subire delle ingiustizie all’interno del sistema politico libanese. Lunghi decenni di iniquità nei confronti degli sciiti del Libano finivano nel momento in cui Hezbollah diventava un gruppo sociale e militare potente ed efficiente.
Hezbollah è oggi “quello che nomina il presidente della Repubblica” dopo anni di guerra condotta con successo contro lo “ Stato Islamico” (ISIS) e al-Qaeda sui confini del Libano così come in Siria e Iraq. Gli uomini di Hezbollah hanno agito in un territorio dieci volte più grande del Libano in entrambi i paesi confinanti. Hezbollah non è esclusivamente un gruppo locale ma è un attore regionale e anche internazionale. I suoi uomini erano in Bosnia, Yemen, Iraq, Siria e Palestina a difendere gli oppressi dovunque si trovassero, un loro obbiettivo da sempre. Recentemente il segretario generale di Hezbollah Sayyed Hassan Nasrallah ha nuovamente confermato la missione del gruppo: “ Dovunque c’è bisogno della nostra presenza noi ci saremo”. Però il coinvolgimento di Hezbollah nelle guerre regionali e nelle politiche interne del Libano non ha avuto solo effetti positivi, ne ha avuti anche di negativi sul gruppo stesso e le sue operazioni.
A livello militare Hezbollah è uno dei più forti eserciti non regolari ma organizzati del Medio Oriente. Possiede decine di migliaia di razzi e missili, missili di precisione a lungo raggio, missili anti-nave e antiaerei, droni armati, capacità di sorveglianza elettronica (intercettazioni telefoniche) e migliaia di uomini nelle Forze Speciali.
A livello interno le alleanze e i forti legami con il suo partner sciita, lo Speaker Nabih Berri, con quello cristiano, il presidente della repubblica Michel Aoun, e anche con il genero di quest’ultimo, il ministro degli esteri Gebran Bassil (che è a capo del FPM, il Movimento Patiottico Libero) hanno dei costi. Per la prima volta, durante le proteste di queste settimane in Libano, manifestanti di fede sciita considerati parte integrante della “ società di Hezbollah” sono venuti allo scoperto criticando aspramente Berri e Bassil e hanno contestato il presunto appoggio di Hezbollah a questi alleati accusati di corruzione.
Quella che in Libano appare come una rivolta contro la corruzione è però anche una campagna indiretta contro Hezbollah, una campagna che cerca di colpire i suoi alleati quando non è possibile attaccare direttamente l’organizzazione. Parecchi attori regionali e internazionali consapevoli di non essere in grado di affrontare Hezbollah sul campo di battaglia ( e lo dimostrano le sue vittorie contro Israele, quelle in Siria, in Iraq e in Yemen) sarebbero felici di vederlo totalmente impegnato nelle lotte politiche e nei disordini interni del Libano, imprigionato nelle sue sabbie mobili. Questa è la politica dell’amministrazione degli Stati Uniti portata avanti instancabilmente dal segretario di stato Mike Pompeo : riuscirà nel suo intento?
In Siria il presidente Bashar al-Assad è diventato nel tempo uno degli alleati più solidi su cui può contare l’Iran. In Iraq Teheran è riuscita a portare al potere tre dei suoi migliori alleati, il primo ministro, il presidente del parlamento e quello della repubblica. Il governo iracheno può contare su Hashd al-Shaabi per prevenire un possibile colpo di stato e a questo riguardo è riuscito poco tempo fa a mandare a monte i piani di alcuni alti ufficiali che avevano contatti diretti con l’ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad.
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