Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da: Alice Censi
E’ un po’ presto per dire che gli Stati Uniti se ne andranno dal Medio Oriente. Di sicuro dopo l’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani la loro influenza si sta indebolendo parecchio. E tutto questo non sarebbe successo se non ci fosse stato il contributo (in)diretto del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Trump sta facendo tutto il possibile per ridimensionare e danneggiare l’egemonia degli Stati Uniti nel mondo. Anche se non ha sicuramente bisogno di essere aiutato in questa impresa, i suoi consiglieri e i membri del suo governo concorrono, con una bravura pari alla sua, ad amministrare malamente la politica estera e gli affari riguardanti la sicurezza nazionale. Grazie a questi cattivi maestri, negli Stati Uniti le relazioni con il mondo, soprattutto con il Medio Oriente, vengono in pratica gestite da un imprenditore abituato a contrattare e intimidire in maniera abbastanza rozza, in sostanza da un uomo d’affari privo di abilità diplomatiche.
Ogni volta che l’Iran ha bisogno di aiuto il presidente Trump si dedica anima e corpo a promuovere questa sua immagine, dovunque, in particolare tra l’”Asse della Resistenza”, andando così a incidere sulle sue relazioni con la Russia e la Cina. E così, adesso, le due nazioni non faranno che rafforzare le loro relazioni con l’Iran, il paese che di fatto ha apertamente sfidato la potenza numero uno nel mondo.
Colpire una base che ha al suo interno migliaia di soldati e ufficiali, lontana centinaia di chilometri ed evitare intenzionalmente di fare delle vittime, ci mostra quanto sia disinvolto, sicuro di sé l’Iran nella produzione dei suoi missili. L’Iran ha dimostrato la sua forza e le sue capacità tecniche bombardando con missili di precisione la più importante base americana in Iraq e per la seconda volta ha risparmiato la vita a dei militari statunitensi. La prima volta, nel giugno 2019, decideva di non abbattere un aereo spia americano con 38 militari a bordo che aveva violato lo spazio aereo iraniano durante la “guerra delle petroliere”. La seconda volta, ieri, evitava di colpire i militari presenti nella base di Ayn al-Assad in Iraq dove ce ne sono a migliaia tra statunitensi, canadesi, britannici, norvegesi e olandesi. L’Iran usava i suoi missili di precisione per colpire degli specifici obbiettivi militari senza fare vittime , diversamente da Trump che invece dava l’ordine di assassinare un comandante iracheno (Abu Mahdi al-Muhandes) e un generale iraniano, nonché un diplomatico in missione di pace (Sardar Qassem Soleimani).
L’attacco iraniano alla base militare di Ayn al-Assad ha messo in luce la poca efficienza dei sofisticatissimi radar e dei sistemi missilistici di intercettazione degli Stati Uniti. Il presidente Trump da tempo se ne vanta definendoli i “migliori nel mondo”. Ma il sistema di difesa americano nella base collocata nel deserto di al-Anbar (Iraq occidentale) non è stato in grado di intercettare neppure un solo missile balistico iraniano dei 16 lanciati. Le conseguenze di ciò sono devastanti sia per l’industria degli armamenti che per la politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente.
L’attacco ha chiarito agli alleati degli Stati Uniti nella regione che i loro miliardi di dollari (centinaia) spesi in armi americane non bastano a difendersi dall’Iran. Questi paesi adesso riconoscono di non avere una vera e propria deterrenza in caso di attacco iraniano. Averlo capito spingerà i nemici storici dell’Iran in Medio Oriente a cercare di superare le divisioni e a incamminarsi sulla via di Teheran per riallacciare dei buoni rapporti con la “Repubblica Islamica”. Non è da escludere la possibilità che alcuni di loro siano tentati dall’acquisto dei missili di precisione iraniani sicuramente più a buon mercato di quelli americani.
Il presidente Trump inoltre dichiarando che “gli Stati Uniti non hanno bisogno del petrolio del Medio Oriente” ha fatto un altro errore. Molti leader mediorientali l’hanno interpretato come una non voglia da parte del governo degli Stati Uniti di difendere i loro interessi visto che molti di questi regimi si basano economicamente sulla vendita del petrolio.
E così arriviamo a un altro punto cruciale: le minacce di Trump alle capacità nucleari iraniane. Dopo l’attacco a Ayn al-Assad è chiaro che gli Stati Uniti non bombarderanno l’Iran in futuro. Gli Stati Uniti hanno capacità militari distruttive e anche l’Iran. Quello che hanno imparato dall’attacco iraniano è che Teheran è pronta a bombardare e a rispondere scegliendo i suoi obbiettivi con grande precisione. Quindi di bombardare l’Iran non se ne parla. Lo sviluppo delle capacità nucleari dell’Iran invece è in discussione. Teheran probabilmente annuncerà nuovi sviluppi in questo campo mentre si avvicina l’anniversario della revoca da parte degli Stati Uniti dei loro impegni (il prossimo aprile).
L’Iran non ha altra scelta che quella di uscire dall’accordo sul nucleare soprattutto a causa dell’inerzia e dell’incapacità dei firmatari europei dell’accordo (JCPOA) di tenere fede agli impegni presi, di offrire delle alternative e di condannare Trump per la sua revoca unilaterale del contratto. Una tale decisione sarà il “regalo” dell’Iran alla prossima campagna elettorale di Trump, un’arma data in mano ai suoi oppositori politici.
Trump ha fatto di tutto per compattare l’Iran con i suoi leader imponendo sanzioni sulla popolazione e assassinando il loro generale. In modo intelligente, attaccando le petroliere nello stretto di Hormuz, il regime iraniano ha conquistato il sostegno della popolazione e alimentato i suoi sentimenti nazionalistici. L’assassinio di Sardar Qassem Soleimani ha fatto scendere in strada milioni di persone e unificato l’Iran sotto un’unica bandiera : il ritorno della dignità, del potere e della sovranità iraniana. Solo Trump assurdamente avrebbe potuto raggiungere questo obbiettivo: rigenerare il regime iraniano al momento giusto cioè nel momento in cui ne aveva più bisogno.
La richiesta di Trump alla NATO di assumersi le sue responsabilità in Medio Oriente è stata interpretata nella regione come un segno del declino dell’egemonia americana. Il presidente non ha l’abilità o la volontà di occuparsi degli affari del Medio Oriente. E forse questo mostra l’incompetenza dei suoi consiglieri oppure una scelta strategica americana di perdere la loro influenza.
L’Iran ha mostrato di essere una potenza regionale affrontando gli Stati Uniti in un momento di grandissima difficoltà. E’ abbastanza chiaro che i 40 anni di sanzioni americane alla “Repubblica Islamica” si stanno rivelando un fiasco totale anche con la politica di Trump della “massima pressione”. Difficile immaginare i risultati se l’Iran non avesse dovuto fare i conti con le sanzioni in tutti questi anni.
Israele, il primo alleato degli Stati Uniti nella regione, osserva gli eventi con grande attenzione. La minaccia iraniana di colpire gli Stati Uniti o Israele è oggi diventata realtà. Non solo, negli anni l’Iran ha consegnato i suoi missili di precisione ai suoi alleati in Medio Oriente. L’Iran ha mostrato le sue capacità nei più complicati e coordinati attacchi come dimostra la distruzione delle strutture petrolifere in Arabia Saudita. Droni e missili di precisione lanciati a centinaia di chilometri di distanza colpivano simultaneamente i bersagli. Questo attacco spettacolare veniva rivendicato dallo Yemen, il paese più povero del Medio Oriente che ha iniziato solo negli ultimi anni ad avere rifornimenti di armi e capacità di rispondere. E Hezbollah, questo attore non statale con 38 anni di esperienza ben equipaggiato e incredibilmente addestrato? Hezbollah ha ricevuto i missili di precisione dall’Iran e li ha schierati sul confine tra Siria e Libano nelle montagne, in silos sotterranei. Il bombardamento della base americana in Iraq segna la fine della guerra tra Israele e Hezbollah. Israele adesso può vedere di cosa sono capaci l’Iran e i suoi alleati. Forse dovrebbe pensare ad un nuovo approccio nei confronti dei palestinesi.
Il presidente degli Stati Uniti che ha promesso la fine delle “interminabili guerre” ha ucciso il comandante iracheno Abu Mahdi al-Muhandes e il maggiore generale iraniano Qassem Soleimani pensando di poter controllare l’Iraq e di cambiare il regime dell’Iran. Mentre stava per scatenare una guerra di grandi dimensioni, Trump ha perso l’Iran in modo spettacolare e sta per perdere l’Iraq.
“ Magnifiche attrezzature militari non governano il mondo, il popolo governa il mondo e vuole gli Stati Uniti fuori dalla regione” ha detto il ministro degli esteri iraniano Jawad Zarif. Il presidente Trump non può contare su molti sostenitori in Medio Oriente, neppure tra i suoi alleati i cui leader sono stati insultati a più riprese. L’Iran non avrebbe potuto sperare in un presidente migliore per ristabilire la sua posizione internamente e nella regione. Tutti i suoi alleati esultano insieme alla “Repubblica Islamica” che ha mantenuto la promessa di colpire gli Stati Uniti. Sta per nascere un “Nuovo Medio Oriente” che non sarà “fabbricato negli Stati Uniti” ma “fabbricato in Iran”. E speriamo che l’era dei guerrafondai sia finita. E’ ora che un’intelligente diplomazia prenda il sopravvento nel mondo.
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