
Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da C.A.
In seguito alla sconfitta subita nella seconda guerra al Libano, Israele intuiva che per eliminare Hezbollah non gli era rimasta che una sola possibilità, quella di fermare i rifornimenti che arrivavano all’organizzazione passando attraverso la Siria. E per riuscire in questa impresa era indispensabile estromettere il presidente Bashar al-Assad, disgregando così quell’ “Asse della Resistenza” che va da Teheran a Baghdad, Damasco, Beirut e Gaza. Ma Israele e gli Stati Uniti, appoggiati dall’Arabia Saudita, dal Qatar, dagli Emirati, dalla Turchia e dall’Europa ma anche da tanti altri paesi, non riuscivano nel loro intento di ridurre la Siria ad uno stato fallito, il loro obbiettivo fondamentale. Il presidente Assad faceva appello ai suoi alleati la cui sicurezza nazionale era anch’essa in pericolo. Se fosse caduta la Siria, i jihadisti di al-Qaeda e dello “Stato Islamico” (ISIS) sarebbero arrivati a Beirut, Baghdad e Teheran dove avrebbero continuato la loro battaglia. Sarebbero diventati così forti da riuscire a mandar via la Russia dalla sua base navale in Siria e probabilmente sarebbero anche stati in grado di portare la guerra al di là dei confini del Levante. Così Israele e gli Stati Uniti fecero un buco nell’acqua, non riuscirono a distruggere la Siria e a mettere alle corde Hezbollah. Non solo, Hezbollah è diventato più forte di prima. La Resistenza ha raccolto i frutti di questa sua vittoria e adesso ha potere decisionale all’interno delle principali istituzioni libanesi.
Israele ha sempre tentato di distruggere Hezbollah in quanto ostacolo ai suoi piani espansionistici in Libano, piani architettati per appropriarsi delle sue acque e di parte del suo territorio ma anche per obbligare il “paese dei cedri” ad accettare un trattato di pace che in realtà sarebbe stata una resa incondizionata e, dulcis in fundo, per spezzare l’alleanza tra Beirut e Teheran privando così l’Iran del suo alleato più forte in Medio Oriente. Negli ultimi quarant’anni, a partire dalla vittoria della “Repubblica Islamica” nel 1979 guidata dall’Imam Ruhallah Khomeini che spodestava lo Scià dell’Iran, fedelissimo degli Stati Uniti, Washington ha sempre imposto sanzioni punitive a Teheran che non si è mai piegata al suo potere e non ha mai smesso di appoggiare i suoi alleati mediorientali, in particolare Palestina, Libano e Siria, contro Israele.
Nel 2006 gli Stati Uniti presero parte ai piani di guerra israeliani. Al vertice del G8 di quell’anno, il presidente George W. Bush definiva le relazioni tra Hezbollah, l’Iran e la Siria la causa all’origine dell’ ”instabilità”: “ il mondo deve affrontare Hezbollah, la Siria e continuare a lavorare per isolare l’Iran.” (Roshandel J. & Lean C.N. (2011) “Iran, Israel and The United States”, ABC-CLIO, CA p.109).
Il segretario di stato degli Stati Uniti Condoleezza Rice si rifiutava di mediare un cessate il fuoco a meno che “le condizioni fossero favorevoli”, convinta che Israele avrebbe vinto la guerra. Hezbollah non soltanto fu lasciato solo contro gli Stati Uniti e Israele, ma gli alleati libanesi degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita (il primo ministro Fouad Siniora e il leader druso Walid Jumblatt) appoggiarono la posizione americana e israeliana dicendo che non c’era “ nessun motivo per un cessate il fuoco”. (Wilkins H. (2013) “The making of lebanese foreign policy: understanding the 2006 Hezbollah-Israeli war” Routledge, Introduction).
Quando però Israele non riuscì a raggiungere i suoi obbiettivi, gli Stati Uniti furono invece d’accordo a fare da mediatori per fermare la guerra. Lo scopo dei negoziati non era più solo un cessate il fuoco ma la fine delle ostilità tra i due paesi. E Tel Aviv e Washington non riuscirono ad ottenere che le forze dell’UNIFIL (Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite) venissero schierate al confine con la Siria. Gli Stati Uniti cercavano di soddisfare le richieste di Israele che tentava di ottenere con i negoziati quello che non era riuscito a conquistare in 33 giorni con la sua enorme macchina da guerra. “L’obbiettivo di Israele non è mai stato realistico” disse la ministra degli esteri israeliana Tzipi Livni.

Non riuscendo a controllare i confini tra Libano e Siria, dopo la sconfitta del 2006, Israele aveva in mano un’unica carta da giocare contro Hezbollah: chiudere la strada che passava da Damasco e trovare il modo di bloccare i suoi rifornimenti. E questo poteva avvenire solo con una guerra alla Siria.
Non essendo più un’opzione lo scontro diretto con Hezbollah, la Siria diventava l’obbiettivo successivo della campagna per isolare l’Iran, proprio come aveva detto il presidente Bush. Le motivazioni alla base della guerra in Siria sono state interpretate in modo sbagliato da tanti ricercatori e analisti in tutto il mondo che hanno dipinto questa guerra come l’epilogo di una “primavera araba” nata come rivolta ad un regime dittatoriale. Ma anche l’Arabia Saudita, il Bahrein e altri paesi del Golfo sono governati da dittature e dai membri della stessa famiglia da decenni però sono quei partner, ricchi grazie al petrolio, con cui l’Occidente ha stretti legami!
La guerra in Siria è iniziata in realtà subito dopo l’attacco di al-Qaeda agli Stati Uniti dell’ 11 settembre. Il generale (rango a quattro stelle) Wesley Clark rivelò il piano di Washington dopo averlo appreso nei giorni successivi all’attacco: “ occupare l’Iraq, la Siria, il Libano, la Libia, la Somalia, il Sudan e per finire l’Iran”. Alcuni mesi dopo l’invasione americana dell’Iraq, il segretario di stato americano Colin Powell si recava dal presidente Bashar al-Assad per avvisarlo che gli Stati Uniti avrebbero invaso la Siria se non avesse smesso di appoggiare le organizzazioni anti israeliane, Hezbollah e i gruppi palestinesi: avrebbe condiviso il destino del presidente iracheno Saddam Hussein.
L’invasione dell’Iraq del 2003 non fu certo un gioco da ragazzi. L’occupazione generò una nuova resistenza tra i sunniti e gli sciiti. E questo incoraggiò il presidente Assad a respingere con decisione le minacce americane senza sapere cosa il futuro aveva in serbo per la Siria. Un gran numero di stati tra cui Arabia Saudita, Qatar, Giordania, Turchia, Emirati, Europa e Stati Uniti decisero di appoggiare l’operazione per cambiare il regime portata avanti dai loro delegati Takfiri. La destabilizzazione della Siria diede ad al-Qaeda un’opportunità più unica che rara di poter fiorire in Siria e fece emergere un gruppo se possibile ancora più letale, lo “Stato Islamico”, cioè l’ISIS. Il presidente Assad chiedeva aiuto ai suoi pochi alleati, Iran Russia e Hezbollah, per affrontare l’enorme coalizione che cercava di rendere la Siria uno stato fallito. La guerra in Siria che in seguito fornì all’esercito siriano un’esperienza senza precedenti, fece nascere una nuova resistenza siriana e regalò a Hezbollah conoscenze belliche uniche e una base all’Iran che Teheran non si sarebbe mai sognata di avere nel Levante.
Hezbollah ha costretto Israele a un ritiro incondizionato dal Libano nel 2000 e sfidato tutti i piani elaborati da Israele e Stati Uniti per creare “un nuovo Medio Oriente” dopo la seconda guerra al Libano del 2006. E i lunghi nove anni della guerra in Siria hanno fatto sì che Hezbollah affinasse le sue tattiche e le sue armi arrivando a conseguire una strepitosa vittoria. Oltre ad essere l’artefice della nascita di Hezbollah Israele ha insegnato a questo attore quasi statale varie tecniche e l’ha obbligato ad addestrarsi e armarsi sempre più e meglio per allontanare la guerra e smontare i piani del nemico. L’ex capo di stato maggiore israeliano e candidato a primo ministro Benny Gantz pensa che Hezbollah sia diventato uno dei più forti eserciti organizzati, non regolari del Medio Oriente in grado di imporre le sue regole di ingaggio e il suo “equilibrio della deterrenza” al più forte esercito classico del Medio Oriente.

“Elencatemi quattro o cinque stati che abbiano più potenza di fuoco di Hezbollah: sono gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, Israele, la Francia e il Regno Unito” ha detto Gantz parlando alla conferenza di Herzliya nel 2014.
E questo avveniva nel 2014. Sei anni dopo, nel febbraio scorso, il ministro della difesa israeliano Naftali Bennet dichiarava: “ per ogni convoglio che viene colpito cinque passano senza problemi e così, lentamente, Hezbollah accumula un numero preoccupante di missili che ci minaccia”.
Hezbollah è diventato più forte di tantissimi eserciti del Medio Oriente. Non è più l’organizzazione che si scontrava con gli israeliani su una collinetta o in qualche altra località o che tendeva un’imboscata a una pattuglia dietro un vicolo. In Siria e in Iraq ha sperimentato scenari diversi. Ha molte armi moderne ed è diventato una minaccia strategica per Israele nel caso in cui quest’ultimo pensasse di intraprendere una vera e propria guerra al Libano e alla Siria.
L’obbiettivo che si era prefissato Israele era quello di rovesciare Assad in Siria e separare il paese dall’ “Asse della Resistenza”. Il ministro israeliano della difesa Moshe Ya’alon diceva che: “ Israele preferisce avere l’ISIS al confine piuttosto che Assad”. Ma Israele, l’America, l’Europa, l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati hanno perso la guerra. Israele ha scelto di continuare il conflitto per paura che l’America lo lasci perdere. Ecco perché Israele continua a colpire centinaia di obbiettivi in Siria il più delle volte senza che abbiano un senso a livello strategico.
Fonti interne all’ “Asse della Resistenza” in Siria riferiscono che: “ Israele ha colpito il quartier generale iraniano all’aeroporto di Damasco (un edificio con i vetri verdi di cui due piani sono stati distrutti). Il giorno seguente l’Iran lo ripristinava e ora è di nuovo in funzione. Israele ha ripetutamente colpito depositi che contenevano armi iraniane ma anche un centro di addestramento abbandonato nella zona di Kiswa, vuoto ormai da anni. In questo modo cercano di comunicare agli Stati Uniti che Israele è minacciato e che la partenza delle truppe americane metterebbe in pericolo la sua sicurezza nazionale. E’ troppo tardi ormai, gli aerei israeliani non sono più in grado di modificare le capacità della Siria. L’Iran non esporta armi, le fabbrica. Se a Israele ci sono voluti 9 anni e 300 incursioni aeree per distruggere i depositi iraniani in Siria, all’Iran basta un solo anno per riempirli di nuovo e equipaggiare l’esercito siriano con missili di precisione ancora più sofisticati e tutti i missili strategici si trovano in depositi sotterranei”.

L’Iran ha in Siria solo poche centinaia di uomini tra consiglieri e ufficiali ma guida decine di migliaia di alleati che provengono dal Libano, dall’Iraq, dal Pakistan, dall’Afghanistan e forze ausiliarie siriane, formazioni militari organizzate ma non regolari.
In Siria Hezbollah ha potuto operare in un’area dieci volte più grande del Libano e questo gli ha fornito un’esperienza unica che qualunque esercito nel mondo vorrebbe poter avere. E’ stato anche oggetto di attacchi da parte di un membro della NATO, la Turchia, che in questi attacchi ha usato i droni. L’esperienza di Hezbollah è eccezionale e l’organizzazione ha imparato lezioni che oggi integrano il curriculum delle scuole militari iraniane.
Il presidente Assad non dice che è ora che i suoi alleati (soprattutto Hezbollah) lascino la Siria. Anzi, secondo la fonte dice che “ la Siria ha un debito con Hezbollah. Dovunque voglia andare Hezbollah con lui ci sarà la Siria”. E così l’America e Israele sono riusciti a creare un’alleanza indissolubile tra la Siria, l’Iran e Hezbollah.
In Libano Hezbollah ha iniziato a raccogliere successi. E’ stato in grado di imporre il nome del presidente della repubblica, il generale Michel Aoun, nonostante i bastoni tra le ruote messi dall’Arabia Saudita e dagli Stati Uniti, quelli che hanno perso la guerra in Siria. Il Libano, prima che Aoun assumesse la presidenza, per parecchi mesi non aveva avuto un presidente.
Hezbollah rifiutava numerose offerte di diversi paesi dando a Nabih Berri (e non ad altri), il leader del movimento Amal, che è stato in carica per decenni, la presidenza del parlamento. Hezbollah in Libano ha in mano il vero potere (anche se non su tutto), per autorizzare la nomina del presidente della repubblica e di quello del parlamento.

E per quanto riguarda la scelta del candidato a primo ministro, non può avvenire senza l’approvazione di Hezbollah. Hezbollah ha quel sufficiente peso politico all’interno della camera dei rappresentanti e della presidenza della repubblica che gli permette di nominare un primo ministro o di accettare e/o pilotare la sua nomina. L’ex primo ministro Saad Hariri ci tiene ai suoi contatti amichevoli e giornalieri con Hezbollah perché non ha perso la speranza di tornare al potere. Hariri sa che la porta con cui si accede alla carica di primo ministro viene aperta da Hezbollah.
Questo non significa che Hezbollah voglia il controllo totale del Libano. I leader di Hezbollah hanno potuto constatare come il leader druso Kamal Jumblatt, quello sunnita Rafic Hariri, quello cristiano maronita Bashir Gemayel e i palestinesi abbiano tutti fallito nel loro tentativo di controllare il Libano. Hezbollah non vuole ripetere gli stessi loro errori e non è un suo desiderio controllare il “paese dei cedri”. L’influenza contraria di altre nazioni esiste ed è ben radicata nel paese. L’ambasciatore degli Stati Uniti, tanto per fare un esempio, sta minacciando il governo libanese per evitare che il governatore della Banca Centrale, Riad Salame, venga allontanato dalla carica. Gli Stati Uniti hanno anche fatto uscire dal paese un agente di Israele, Amer al-Fakhouri, con un aereo atterrato all’ambasciata americana di Beirut senza tener conto della sovranità libanese. Washington sostiene l’esercito libanese e le forze di sicurezza interne per continuare ad avere potere su alcune figure chiave.
La Siria ha dato al segretario generale di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, un potere in Libano che lui non avrebbe mai ottenuto se non ci fosse stato l’intervento di Israele e dei suoi alleati contro Damasco. Hezbollah è riuscito a salvaguardare le sue forniture militari che passano dalla Siria sconfiggendo i Takfiri (al-Qaeda e ISIS) e impedendo loro di creare un “emirato islamico” in Libano e in Siria.
La vittoria di Hezbollah ha avuto il suo prezzo: migliaia di martiri e migliaia di feriti. Ma il raccolto che ne deriva è così ricco e strategicamente importante che adesso gli sciiti libanesi godono di un potere che mai (dall’anno 661, quando il quarto califfo, l’Imam Ali bin Abi Talib venne ucciso) hanno potuto assaporare in Libano e Bilad al-Sham (Levante).
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