Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Il destino della città di Idlib suscita un grande scetticismo dopo la conclusione dell’accordo tra i due presidenti Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan che ha portato alla sospensione della tanto attesa operazione militare contro i jihadisti e i loro alleati. Solo pochi dettagli sono stati finora resi noti ma comunque sufficienti a sollevare delle perplessità sulla sua validità e sostenibilità. L’ottimismo, tuttavia, è presente nel campo russo, iraniano e turco considerando che i jihadisti che si trovano a Idlib e nei dintorni non vedono più come inevitabile uno scontro. La differenza fondamentale adesso, dopo l’accordo tra Putin e Erdogan, è che la Turchia non sarà più quella che difende i jihadisti né Erdogan colui che agiterà le acque in Europa minacciando l’“ esodo di milioni di profughi”( nel vecchio continente) e usandolo come leva per evitare la battaglia di Idlib.
Quello che non appare nelle informazioni che sono state rese pubbliche è che Putin e Erdogan si sono dati reciprocamente una mano a fare marcia indietro dalle loro posizioni degli ultimi mesi trovando un compromesso accettabile.
Prima dell’accordo di Idlib, Putin aveva promesso di ripulire la città e i suoi dintorni dai jihadisti e aveva sostenuto la retorica del presidente siriano Bashar al-Assad : “ ogni millimetro della Siria sarà liberato”. L’esercito siriano aveva radunato una gran parte delle sue forze nei 4.000 Kmq della zona a nord occupata dalla Turchia, dai suoi “proxies” e altri jihadisti. Questa mossa scatenava una dura reazione da parte degli Stati Uniti le cui forze occupano parti del nord-est (al-Hasaka) e dell’est (al-Tanf) della Siria.
La prospettiva di una liberazione di Idlib ( senza che ci fosse un accordo) – seguita dall’eliminazione dell’ISIS dai territori che occupa nel Levante – non avrebbe più giustificato la presenza delle forze americane in Siria e avrebbe obbligato Washington a smantellare le sue tre basi più importanti ( sono circa una dozzina complessivamente) e gli aeroporti che aveva installato in Siria quando la sua presenza militare era stata messa in discussione in Iraq. Questi fattori spingevano gli Stati Uniti a riunire gli alleati europei per escogitare insieme un piano per bloccare l’esercito siriano usando il pretesto degli evidenti “attacchi chimici” da parte di Assad e per fermare il flusso di rifugiati verso il vecchio continente. Come risposta alle manovre militari russe davanti alle coste siriane, le più grandi fino a questo momento, gli Stati Uniti radunavano le loro forze nel Mediterraneo.
A questo punto la Russia e l’Iran capivano che gli Stati Uniti erano determinati a trovare – o anche innescare – una scusa per distruggere l’esercito siriano e questo avrebbe significato un’umiliazione per Putin se non avesse risposto per difendere il suo alleato siriano. Mosca si sarebbe ritrovata con un paese debolissimo, la sua denominazione di superpotenza legata e limitata solo al numero delle sue bombe atomiche e al suo peso alle Nazioni Unite ma chiaramente impotente a proteggere i suoi alleati. Nel caso di una risposta russa a un attacco americano in Siria, non sarebbe stato possibile immaginare le conseguenze.
Per Erdogan la guerra a Idlib avrebbe significato la fine della sua posizione di leader del mondo islamico. Avrebbe condiviso il disonore con l’Arabia Saudita : l’ex leader del mondo islamico, l’Arabia Saudita, aveva perso lo status dopo essersi allineata alle politiche di Israele e Stati Uniti nel Medio Oriente, in particolare sulla causa palestinese. Nel caso di una liberazione di Idlib da parte siriana e russa, i “proxies” turchi di Erdogan si sarebbero ritrovati privi di difese e quindi il suo status in Turchia compromesso.
La Russia e la Turchia, però, sono unite da interessi strategici fondamentali, anche maggiori di quelli tra Russia e Iran, inoltre Putin sta facendo breccia all’interno della Nato creando un’alleanza commerciale, militare e strategica con un importante stato membro di quest’ultima, la Turchia.

Tutti quelli che hanno firmato l’accordo, incluso l’Iran ( che ha avuto un ruolo importante nel suo successo) hanno molto da perdere e poco da guadagnare se ci fosse la battaglia di Idlib. Solo i jihadisti hanno tutto da guadagnare da una tale battaglia. L’accordo tra Putin e Erdogan impone una zona demilitarizzata di 15-20 Km nella zona controllata solo dai jihadisti. Questo significa che nessun jihadista armato di Jabhat al-Nusra (cioè Hay’at Tahrir al-Sham) sarà presente con le sue armi nella zona rurale orientale di Idlib, nella zona rurale di Hama e Sahl al-Ghab. Significa anche che tutte le fortificazioni dovranno essere rimosse, tutte le armi pesanti eliminate e non sarà permesso alcun attacco alle posizioni dell’esercito siriano.
Il 10 ottobre o il 15 novembre o anche il 15 gennaio non saranno mai date abbastanza lontane per permettere alla Turchia di portare a termine l’accordo. Questo significa che la Turchia dovrà iniziare a realizzare quello che è possibile, a imporre il suo controllo sulla città di Idlib e la zona rurale, significa che ci sono solo due possibilità : o i jihadisti rivalutano le loro scelte e decidono di attaccare la Turchia o si uniscono ai “proxies” turchi permettendo a tutti i combattenti stranieri di andarsene.
La prima opzione è suicida perché gli eserciti siriano, turco e russo e soprattutto le decine di migliaia di “ribelli”, diventati “proxies” turchi saranno contro di loro. I jihadisti potranno contare su Allah e iniziare la battaglia nei 4.000Kmq e, senza prospettive, morire combattendo. Questo non è realistico anche se non si può escludere la possibilità che piccoli gruppi rifiutino l’accordo, scatenando lotte intestine a Idlib e nei dintorni.
Nel frattempo, gli alleati siriani hanno rinforzato le loro posizioni nella città di Aleppo con parecchie unità speciali : è la risposta a informazioni dell’intelligence che hanno rivelato i piani dei jihadisti di attaccare il “progetto appartamenti 3000” nel caso che l’accordo finisca male.
La Russia non sta cercando di scatenare un altro conflitto in Siria ma vuole chiudere i 7 anni di guerra. Sarebbe pertanto impensabile che possa iniziare un attacco a Idlib mentre molte forze militari americane e europee sono in allerta, alcune anche impegnate in manovre nel Mediterraneo, pronte a bombardare l’esercito siriano. L’accordo su Idlib offre a Putin e a Erdogan un’uscita dalle posizioni in cui si erano intrappolati e scombussolerà i piani americani di prolungare la guerra nel Levante. Finchè la Turchia non solo mostrerà buone intenzioni ma anche concrete realizzazioni di alcuni punti dell’accordo di Idlib, ci saranno sempre possibilità di estenderlo. Una cosa è certa, la Turchia imporrà di sicuro il suo controllo sulla città di Idlib e i suoi dintorni. Questo è il prezzo che il presidente Assad è pronto a pagare adesso, fino a quando gli Stati Uniti sotterreranno l’ascia di guerra.
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