
Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da: Alice Censi
I due presidenti, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, si incontreranno per discutere dei loro rapporti economici e strategici a lungo termine. Tuttavia, la situazione in Siria e l’annunciato ritiro americano dal nordest del paese saranno presumibilmente un tema importante dei loro discorsi. Entrambi conoscono la criticità della situazione, soprattutto il tentativo americano di mettere la Turchia contro la Russia, lasciando, in contemporanea, gli alleati degli americani, i curdi delle YPG ( Unità di Protezione Popolare) e delle SDF (Forze Democratiche Siriane) nell’occhio del ciclone.
Senza dubbio i militanti curdi sono diventati un peso per l’amministrazione americana. I loro alleati americani stanno cercando di abbandonarli al loro destino consegnandoli al loro più acerrimo nemico, la Turchia. Damasco vorrebbe che tornassero come il figliol prodigo tra le sue braccia se solo i curdi ammettessero che questo è l’unico modo per salvare le proprie esistenze. Se ciò non succede e i militanti curdi insistono a restare sul campo come scudi umani a vantaggio delle truppe americane, diventeranno marginali anche per Damasco.
L’ attuale amministrazione americana approfitta della presenza delle sue truppe nel nordest siriano per permettere all’ISIS di rimanere, con migliaia di militanti, in una piccola zona nel distretto di albu-Kamal a est dell’Eufrate. Cerca inoltre di spaccare l’alleanza russo-turca insistendo a voler consegnare la zona che abbandonerà alle forze turche, mentre lo scopo della Russia è tenere unita la Siria e permettere all’esercito siriano di riprendere il controllo del suo territorio. Quanto detto dimostra che Washington non ha intenzione di rinunciare alla guerra nel Levante nonostante il suo piano di “ cambiare il regime” sia completamente fallito. L’ amministrazione americana, infatti, cerca di mantenere una situazione alquanto instabile per impedire che il governo siriano ricostruisca il paese.
Le ambizioni turche in Siria sono chiarissime. L’ impero ottomano firmava il trattato di Losanna nel 1923 all’hotel Beau Rivage in Svizzera. Questo trattato garantiva alla Turchia condizioni migliori rispetto a quelle del precedente trattato di Sèvres ma ciò nonostante la Turchia veniva obbligata a rinunciare alle sue rivendicazioni su ampi territori in Siria e Iraq (Mosul).

La Turchia afferma, sulla base di un presunto articolo segreto presente nel trattato, che il trattato di Losanna scadrà nel 2023, esattamente cento anni dopo la firma. Erdogan quindi dichiarerà il suo diritto a sfruttare le risorse energetiche nelle sue acque territoriali. Inoltre sta progettando di usare la data di scadenza del trattato come giustificazione per riprendersi i territori adiacenti alla Turchia.
La decisione di Ankara di consentire all’ISIS e ad al-Qaeda di attraversare i suoi confini per andare in Siria e Iraq nei primi anni della guerra, potrebbe essere stata presa in vista di una ridefinizione dei confini. Quando infatti l’ISIS occupava Mosul nel 2014 la Turchia era tra quei paesi che definiva l’occupazione di un terzo dell’Iraq una “rivoluzione sunnita”. Quando i diplomatici turchi vennero tenuti in ostaggio nel consolato di Mosul, la Turchia negoziò il loro rilascio scambiando ostaggi e prigionieri con il gruppo terroristico. Oggi i soldati turchi occupano Ba’shiqa nell’Iraq settentrionale e rifiutano di andarsene nonostante le ripetute richieste del governo centrale di Baghdad.
In Siria l’esercito turco è presente ad Afrin, Idlib, al-Bab e Jarablus ed è pronto, forte di 80.000 uomini, a penetrare nelle province di al-Hasaka e Raqqa con il pretesto di riprendere il territorio controllato attualmente dalle YPG e SDF.
Ankara cerca di annettersi più territorio siriano possibile, inclusi gli oltre 13.000 kmq nel nordest. La Turchia ha fatto trasparire spesso la sua volontà di fare uno scambio con la Russia. Erdogan ha permesso ad un gruppo, erede di al-Qaeda ( Hay’at Tahrir al-Sham), di eliminare Noureddine Zingi, un’organizzazione siriana sostenuta dalla Turchia prima che cominciasse a ricevere aiuto finanziario dall’Arabia Saudita. Così,con una mossa intelligente, il presidente turco permetteva al gruppo di al-Qaeda di controllare la città di Idlib e la sua provincia incluse nell’accordo di Astana come zone dove vige il cessate il fuoco. Facendo così, crea la possibilità che Idlib venga lasciata alla Russia come merce di scambio per ottenere il via libera sulla “ zona di sicurezza” proposta dall’amministrazione americana.

La “zona cuscinetto” proposta da Trump, è una zona a maggioranza araba in cui si trova una minoranza curda, ampia 490 km e lunga 32, un territorio più grande del Libano. Trump afferma di essere pronto a ritirare le sue forze da lì a beneficio di quelle di Ankara.
Erdogan sa che gli Stati Uniti potrebbero non ritirarsi subito ma prende in seria considerazione la possibilità che le truppe turche possano prendere il controllo della zona in questione a discapito dell’esercito siriano. Dopo la decisione americana di consegnare la “zona cuscinetto” in Siria alla Turchia, un alleato della NATO, Ankara ha alzato il muro del silenzio sull’omicidio del giornalista Khashoggi. E’ evidente che Trump sta cercando di tenere lontano Erdogan da Putin.
L’amministrazione americana sta facendo molta pressione sui paesi arabi del Golfo per evitare che partecipino alla ricostruzione della Siria e riprendano quest’ultima in seno alla Lega Araba. Sta anche chiudendo il valico di confine di al-Tanf tra Siria e Iraq per impedire la crescita degli scambi commerciali tra i due paesi. Mantiene il proprio controllo sulla zona del nordest, ricca di petrolio e di gas sabotando in questo modo una possibile ripresa dell’economia siriana.
Ecco perché Erdogan potrebbe facilmente convincere Putin ad accettare l’occupazione turca in sostituzione di quella americana, soprattutto se in cambio di al-Hasaka e Raqqa ci fosse Idlib. Non è la prima volta che il presidente turco fa un accordo del genere. In questo modo, in passato, lui ha contribuito efficacemente al ritorno di Aleppo e di al-Ghouta nelle mani dell’esercito siriano.
Fermo restando che il ritiro americano non è ancora certo e che inoltre non viene preso sul serio da chi opera in Siria, la creazione di una “zona cuscinetto” non sarà una passeggiata. I curdi difenderanno il loro territorio ma finiranno per lasciare i loro villaggi, come ad Afrin, e migreranno nelle zone controllate dall’esercito siriano. I militanti curdi saranno i veri perdenti perché trattano con un presidente americano che cambia idea a ogni piè sospinto, va a dormire dopo aver preso una decisione e si sveglia il mattino dopo con un’altra idea in testa, completamente diversa.
Ankara ha bisogno della “zona cuscinetto”per darla ai suoi alleati in Siria, ansiosi di conoscere i risvolti degli accordi tra Trump e Erdogan. Questi gruppi oggi sono seriamente preoccupati per il loro destino. Erdogan prevede di consegnare la parte del nordest siriano ricca di petrolio e con un’agricoltura sviluppata ai suoi “proxies” di modo che possano avere un pezzo di terra a spese dei curdi, i veri grandi perdenti.
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