
Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da: Alice Censi
L’ 11 gennaio 2007 le forze americane facevano irruzione nell’Ufficio iraniano di Collegamento di Erbil catturando alcuni ufficiali iraniani del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Nove giorni dopo, un commando guidato da un ufficiale di Hezbollah e da membri del gruppo di Moqtada al-Sadr ( Asaeb Ahl al-Haq) lanciava un attacco temerario in pieno giorno nella provincia di Karbala alla guida di auto americane blindate di proprietà di un ministro iracheno. Riuscivano a catturare e ad uccidere cinque tra soldati e ufficiali americani. Questo è il linguaggio che l’Iran usa per mandare i suoi messaggi agli Stati Uniti, una comunicazione inconfondibile, senza lasciare le proprie impronte.
Domenica mattina alle 4 (ora locale) si è sentita una violenta esplosione nel porto di al-Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti il cui risultato è stato il pesante danneggiamento di cinquenavi da carico (al-Marzoqah, al-Miraj, al-Majd, al-Amijal e Khamsa Ashra). Non ci sono stati feriti né fuoriuscite di sostanze chimiche o carburante. Tra le navi colpite due erano petroliere dell’Arabia Saudita.
E’ stata un’operazione pulita, a basso costo, veloce e soprattutto efficientissima nel raggiungere un grandissimo risultato: metter fine alle prospettive di guerra in estate tra Stati Uniti e Iran e anche tra Hezbollah e Israele. Il sabotaggio è stato un assaggio di quello che potrebbe succedere alle economie dei paesi mediorientali e alle importazioni mondiali di petrolio nel caso l’Iran fosse messo con le spalle al muro e attaccato. Gli Stati Uniti e i loro alleati in Medio Oriente non potrebbero mai immaginare quello di cui è capace l’Iran ( anche se non c’è nessuna prova tangibile che porti ad accusare l’Iran) in caso di guerra. Trump dovrà riflettere molto attentamente sulla sua possibile rielezione nel 2020 dovesse mai decidere di intraprendere una guerra che non ha orizzonti e risultati chiari.

Al-Fujairah, che si trova a 140km dallo Stretto di Hormuz, è il secondo centro per il rifornimento di carburante a bordo delle navi al mondo, operativo dal 1983. Il suo primo terminale petrolifero ha iniziato a funzionare nel 2006, il secondo nel 2010. L’importanza di al-Fujairah si è delineata quando lo Stretto di Hormuz venne minato dall’Iran nella guerra tra Iraq e Iran degli anni ’80. Al di là di chi è responsabile dell’operazione di sabotaggio, il messaggio chiaro è che le esportazioni di petrolio non sono possibili se l’Iran non è in grado di esportare il suo petrolio. Inoltre ci dice che il mondo subirà un innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio se l’Iran viene accerchiato e gli si toglie l’ossigeno, cioè esattamente quello che il presidente Donald Trump e la sua squadra stanno tentando di fare.
L’Iran aveva minacciato la chiusura dello Stretto di Hormuz se non avesse potuto vendere il suo petrolio. Gli Stati Uniti e i loro alleati in Medio Oriente cercavano quindi di trovare altre soluzioni per evitare di usare lo stretto in caso si fosse presentato questo scenario estremo. Il sabotaggio di al-Fujairah è avvenuto non molto distante dalla base navale degli Stati Uniti e ha mandato perciò un doppio messaggio.
Il sabotaggio, negato dalle autorità emiratine nelle prime ore ma confermato poi più tardi nel pomeriggio, è avvenuto subito dopo l’annuncio da parte degli Stati Uniti dell’arrivo di una portaerei e dei bombardieri B-52 nel Golfo Persico, annuncio fatto per intimidire l’Iran e per affrontare i possibili attacchi al traffico marittimo nello stretto di Hormuz. E’ molto improbabile che gli Stati Uniti si potessero aspettare una risposta così immediata e diretta.
Un anno fa il presidente Trump ritirava gli Stati Uniti dall’accordo nucleare del 2015 firmato dall’Iran e dalle potenze mondiali, ripristinando severe sanzioni unilaterali intese a paralizzare l’economia iraniana. L’Iran allora avvertiva che avrebbe continuato la produzione di acqua pesante e l’arricchimento dell’uranio se entro 60 giorni l’Europa non avesse trovato il modo di compensare le sanzioni americane. Quello che è appena successo ( il sabotaggio a al-Fujairah) sta a indicare che sono possibili altri tipi di risposte alle aggressioni degli Stati Uniti.
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