Gli attacchi contro le basi degli Stati Uniti in Iraq, i messaggi tra le righe e le conseguenze

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Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

Tradotto da Alice Censi

 Appena dopo mezzanotte i missili balistici iraniani “Fateh 313” hanno colpito due basi militari in Iraq che ospitano un numero rilevante di soldati statunitensi e di altre nazioni alleate. L’attacco avveniva come ritorsione per l’assassinio del generale iraniano della brigata Gerusalemme dell’ IRGC ( Corpo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana) Sardar Qassem Soleimani e di coloro che erano con lui, uccisi la scorsa settimana da un drone americano all’aeroporto di Baghdad. La vendetta dell’Iran porta con sé dei messaggi strategici in Medio Oriente per l’anno 2020 e per gli anni a venire. Quali sono? Quali saranno le ripercussioni di questo attacco dell’Iran al paese più potente del mondo?

 Un’importante personalità iraniana contattava il primo ministro iracheno Adel Abdel Mahdi dopo mezzanotte per informarlo che l’Iran aveva deciso di rispondere all’assassinio del suo generale colpendo una concentrazione di forze americane in Iraq senza coinvolgere i militari iracheni.

 Il primo ministro Adel Abdel Mahdi, secondo fonti ben informate a Baghdad, replicava dicendo che questa azione avrebbe avuto risultati devastanti in Medio Oriente e che l’Iraq si rifiutava di diventare il nuovo teatro di scontro tra Stati Uniti e Iran”. La risposta che riceveva era “ chi ha iniziato questa spirale di violenza sono gli Stati Uniti, non l’Iran, la decisione ormai è presa”.

 A quel punto il primo ministro Abdel Mahdi metteva al corrente le forze americane della decisione iraniana. Gli Stati Uniti dichiaravano lo stato di emergenza e, prima che avvenisse l’attacco, allertavano tutte le loro basi in Iraq e nella regione.

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L’Iran bombardava la più importante base militare degli Stati Uniti in Iraq, Ayn al-Assad, dove proprio negli ultimi due giorni il comando americano aveva radunato un gran numero di soldati.  Molte basi americane, soprattutto nelle zone controllate dagli sciiti e attorno a Baghdad erano state evacuate negli ultimi giorni per ragioni di sicurezza e i militari erano stati spostati proprio ad Ayn al-Assad che ha dei rifugi antiatomici. Ayn al-Assad si trova nel deserto di Anbar, vicino al confine tra Iraq e Siria. E’ la stessa base da cui sono partiti i droni che hanno assassinato Sardar Soleimani e quelli che erano con lui all’aeroporto di Baghdad. L’Iran colpiva contemporaneamente anche un’altra base a Erbil, nel Kurdistan iracheno.

Per comunicare la sua decisione, l’Iran ha copiato lo stile usato dagli americani. Il 30 dicembre 2019 infatti il segretario alla difesa Mark Esper contattava il primo ministro Abdel Mahdi e lo informava, senza chiedergli il permesso, dell’intenzione degli Stati Uniti di bombardare le PMF irachene (Forze di Mobilitazione Popolare). Cinque basi delle forze di sicurezza irachene venivano distrutte e 79 membri della polizia federale e  dell’esercito iracheno uccisi e feriti.

Esper dava pochissimo tempo (mezz’ora) al primo ministro per poter avvisare le sue forze. E anche l’Iran comunicava solo mezz’ora prima ad Abdel Mahdi la sua intenzione di bombardare le truppe statunitensi lanciando poi i modernissimi missili “Fateh 313” a testata multipla ( 16 missili) contro le basi a Erbil e al-Anbar.

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Preso in mezzo tra i due, Iran e Stati Uniti, l’Iraq ha perso la sua sovranità. Potrà riuscire a riottenerla solo nel momento in cui le truppe americane se ne andranno dal paese seguendo la decisione appena presa dal parlamento iracheno. La decisione è arrivata in risposta all’assassinio del brigadiere generale Qassem Soleimani che era un inviato diplomatico. Soleimani era stato ufficialmente invitato nel 2004 dal governo iracheno quando l’Iraq chiedeva all’Iran 100 consiglieri per combattere l’ISIS. Aveva l’immunità irachena e guidava la cellula dell’intelligence iraniana a Baghdad, non lontana dall’ambasciata degli Stati Uniti, in coordinamento con ufficiali russi, siriani e iracheni. Aveva un passaporto diplomatico in quanto membro della diplomazia e avrebbe dovuto incontrare il  il giorno seguente alle 8,30 il primo ministro iracheno che gli avrebbe consegnato un messaggio dell’Arabia Saudita. Il primo ministro Abdel Mahdi aveva acconsentito a fare da mediatore tra l’Iran e l’Arabia Saudita ed era l’intermediario nell’iniziativa di pace in corso tra l’Iran e i leaders arabi. Soleimani era arrivato in Iraq in seguito ad una richiesta del presidente Trump di allentare la tensione con l’Iran. Il suo viaggio aveva parecchie finalità.

L’Iran aveva usato i suoi missili di precisione quando bombardava l’ISIS e i separatisti curdi nel Kurdistan lo scorso 18 settembre, missili che raggiungevano gli obbiettivi desiderati. La scorsa notte ha usato i suoi missili balistici di precisione su obbiettivi studiati per evitare vittime, e ha mandato così un chiaro messaggio al presidente Trump. Le vittime sono sicuramente poche, forse nessuna. Gli Stati Uniti non stanno dando informazioni a questo proposito.

Gli iraniani non hanno lanciato i loro missili da silos sotterranei contro le due basi in Iraq ma da installazioni all’aperto. L’Iran ha dato spazio a una de-escalation perché senza quella, la guerra incendierebbe di sicuro tutto il Medio Oriente.

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Il presidente Trump ha messo il regime iraniano con le spalle al muro e così è stato obbligato a rispondere all’assassinio del suo generale. I suoi organi di stampa hanno parlato di “ 80 vittime tra i militari statunitensi”, una comunicazione che gratifica l’opinione pubblica iraniana e il nazionalismo manifestato dai milioni di partecipanti ai funerali di Sardar Soleimani. Serve inoltre ad avere l’appoggio della popolazione nel caso in cui ci fosse una risposta americana che ne richiederebbe ovviamente un’altra da parte dell’Iran e che potrebbe portare ad una vera e propria guerra.

Il messaggio dell’Iran è anche diretto al partito democratico degli Stati Uniti che potrebbe usare quanto è successo come arma contro il presidente, un presidente che aveva giurato che i suoi soldati non sarebbero stati in pericolo durante il suo mandato. Invece sta mettendo a rischio la vita di migliaia di loro in uno scontro con l’Iran e i suoi alleati in Medio Oriente. 

L’Iran ha scelto anche come obbiettivo la base statunitense di Erbil per mandare un altro chiaro messaggio. Secondo le autorità iraniane, gli Stati Uniti devono capire che se decidessero di lasciare l’Iraq per spostarsi a Erbil, non sarebbero comunque poi così lontani dai missili iraniani e quindi i loro soldati non sarebbero al sicuro da nessuna parte in Iraq.

Il bombardamento ha rivelato che i missili di intercettazione americani non erano attivi nella base di Ayn al-Assad e che quindi, se ci fosse stata la volontà, un altro attacco avrebbe potuto fare una strage.

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Questa è la seconda risposta all’assassinio di Sardar Soleimani. La prima è venuta dal parlamento iracheno che ha chiesto il ritiro di tutte le truppe straniere dal paese. La seconda è venuta dal presidente Rouhani che ha detto: ” siete riusciti a tagliare le mani di Qassem Soleimani ( il suo corpo è stato smembrato nell’attacco), ma noi vi taglieremo le gambe ( vi manderemo via) in Medio Oriente”.

Non sarà certo l’ultimo attacco iraniano alle truppe americane in Medio Oriente. Se Trump decide di non rispondere l’Iran non le attaccherà più direttamente annunciando la sua presa di responsabilità. Se però le truppe americane resteranno in Iraq probabilmente l’Iran e suoi alleati non smetteranno di attaccarle. 

Un altro messaggio è per Israele: il nuovo comandante dell’IRGC-brigata Gerusalemme, Ismail Qaani si è incontrato con tutti i gruppi palestinesi a Teheran. Secondo una fonte ben informata, l’ Iran ha promesso “sostegno illimitato a tutti i gruppi palestinesi fino al raggiungimento del loro obbiettivo”. Infatti l’Iran ha annunciato “ Israele è complice degli Stati Uniti nell’assassinio di Sardar Soleimani”.

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Il tempo in cui gli Stati Uniti potevano colpire senza essere ripagati della stessa moneta sembra finito. Dopo Pearl Harbour questa è la prima volta che un paese dichiara la propria responsabilità nel colpire un obbiettivo americano. Questa pesante, complicata situazione potrà risolversi se ci sarà un ritiro totale delle truppe americane dall’Iraq. E questa decisione che è già stata presa ufficialmente dal parlamento iracheno, può risparmiare la vita di tanti militari americani.

Gli Stati Uniti sono in grado di usare solamente il cielo dell’Iraq, evitando i trasporti via terra. Ma si stanno muovendo in una società, quella irachena, molto ostile nei loro confronti e ogni singolo soldato, ufficiale e diplomatico è un potenziale bersaglio. Dopo l’aggressivo annuncio fatto da molti gruppi iracheni, è chiaro che non c’è più un posto che sia sicuro in Iraq per le truppe americane. L’assassinio di Sardar Soleimani ha tolto agli Stati Uniti qualunque possibilità di negoziare con l’Iran. La Russia e la Cina stanno aspettando di fare la loro entrata e colmare il vuoto.  

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