
Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da A.C.
Non riuscendo con la guerra convenzionale a sconfiggere Hezbollah, Israele e gli Stati Uniti mettevano in campo nuove tattiche che non contemplavano una guerra fatta di scontri alla luce del sole. Le nuove tattiche, anche se la guerra tradizionale non viene esclusa, comprendono una serie di guerre o azioni basate su formazioni irregolari, atti terroristici, caos, sanzioni, guerra attraverso piattaforme elettroniche, guerra mediatica, propaganda, notizie false, la divisione della società, misure per ridurre alla fame (stati e popolazioni), e l’aggressione al nemico dall’interno per indebolire Hezbollah prima di sferrare l’attacco finale inteso ad eliminarlo. E’ la “guerra di quinta generazione”, la guerra ibrida contro Hezbollah.
Le Nazioni Unite hanno trasmesso un messaggio a Hezbollah proveniente da Israele in cui si comunica che l’uccisione di un soldato o ufficiale israeliano porterà Tel Aviv a colpire dieci bersagli e centri in diverse zone del Libano. Secondo una fonte ben informata in materia, Israele ha fornito le mappe, le sedi e i luoghi che intende colpire.
Hezbollah reagiva al messaggio dichiarando che il bombardamento di dieci bersagli in Libano avrebbe scatenato immediatamente una risposta contro altrettanti bersagli militari israeliani, centri di comando e controllo e altre posizioni collegate al governo israeliano. Missili di precisione verrebbero lanciati contro Israele -diceva il messaggio- senza preavviso.
Il segretario generale di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, aveva annunciato in precedenza che avrebbe ucciso un soldato israeliano come ritorsione per l’uccisione di un membro dell’organizzazione avvenuta in Siria durante un attacco ad una postazione condivisa con altri alleati nei dintorni di Damasco. Da quel giorno dello scorso luglio, gli aerei di Tel Aviv non hanno più colpito comandi iraniani in Siria. E in più all’esercito israeliano veniva chiesto di rintanarsi nelle caserme per evitare di innescare la ritorsione promessa da Hezbollah.
Il comandante del Comando del Nord dell’IDF, il generale maggiore Amir Baram, chiariva “ Israele non vuole essere trascinato in una guerra con Hezbollah. In sostanza è una guerra che entrambe le parti vogliono evitare”.
I leader di Israele non minacciano più di far tornare il Libano all’età della pietra bombardando e distruggendo completamente le sue infrastrutture, i suoi villaggi e le sue città come fecero durante la guerra del 2006. E questo avviene perché Hezbollah ha ottenuto un equilibrio della deterrenza: Israele ha preso atto che Hezbollah possiede quei missili che sono in grado di colpire qualunque bersaglio su tutto il territorio israeliano, missili molto precisi che possono portare distruzione ovunque.
Quindi la teoria (sostenuta dagli oppositori di Hezbollah in Libano che dicono che la comunità internazionale è in grado di proteggere il paese e non un gruppo interno) che “il Libano è forte grazie alla sua debolezza e incapacità di difendersi” non ha senso. Infatti l’equilibrio della deterrenza ha obbligato Israele e il suo alleato, gli Stati Uniti, a rinunciare all’uso della forza militare senza però che questo significhi l’abbandono del progetto di indebolire o sconfiggere Hezbollah. Così l’alleanza strategica (Stati Uniti e Israele) ha dovuto ripiegare su una “morbida guerra ibrida”. Questo nuovo approccio crea condizioni favorevoli per attaccare militarmente Hezbollah e sconfiggerlo al momento opportuno. Ma questo sarà possibile solo quando Hezbollah sarà effettivamente indebolito e senza alleati e sostenitori, privo di una società che lo protegga e ovviamente se non riuscirà a contrastare questa guerra ibrida.
Nel 2006, durante la seconda guerra israeliana al Libano, Israele non raggiungeva i suoi obbiettivi, i suoi servizi segreti infatti non furono in grado di valutare le capacità missilistiche di Hezbollah e la sua prontezza nel difendere le sue posizioni. La prima sorpresa furono i missili anti-carro a Wadi Al-Hujair e dopo i missili terra-terra (venne colpita la nave da guerra israeliana Saar-5). Hezbollah aveva anche le capacità elettroniche che gli permisero di penetrare nei sistemi dei droni israeliani e in altre capacità e venire così a conoscenza in anticipo di un gran numero di operazioni e obbiettivi da colpire che Israele aveva pianificato. Da allora Israele ha modificato il suo sistema di protezione elettronica con l’impiego di tecnologie più avanzate. Ma la guerra elettronica va avanti: è una lotta continua tra i due a suon di misure e contromisure.
Ecco perché è stato necessario introdurre la strategia della “guerra ibrida”. C’era bisogno di un nuovo più efficace metodo per attaccare Hezbollah, più esteso. Prendiamo, per esempio, quello che il primo ministro Netanyahu ha presentato nel 2018 e qualche giorno fa all’assemblea generale delle Nazioni Unite e che fa riferimento alla presenza di missili di Hezbollah nei pressi dell’aeroporto di Beirut e nella zona di Jnah, nella capitale. Al primo tentativo di Netanyahu il ministro degli esteri libanese Gebran Bassil rispondeva invitando gli ambasciatori dei paesi stranieri a visitare il sito. Nel secondo caso di pochi giorni fa, Hezbollah invitava la stampa locale e internazionale a recarsi a visitare il posto e confermare così quanto fossero false le affermazioni del primo ministro israeliano. Alla fine della fiera, Netanyahu ha perso e ha vinto Hezbollah? O il primo ministro israeliano ha raggiunto i suoi sospirati obbiettivi?
Ho chiesto ad un leader dell’ “Asse della Resistenza”: quanti dei 194 rappresentanti alle Nazioni Unite hanno visto la risposta di Nasrallah alle bugie di Netanyahu? La risposta non si è fatta attendere: “ Forse uno o due, pochissimi”.
Per cui il primo ministro israeliano ha vinto la guerra della disinformazione e la potente lobby sionista è andata in suo aiuto diffondendo, attraverso i mezzi di informazione di tutto il mondo, le sue colorite immagini e i suoi dati folcloristici mentre il punto di vista di Hezbollah veniva ignorato. E’ probabile che Netanyahu volesse, con la sua guerra mediatica, far aumentare la già esistente, dovunque, opinione negativa nei confronti di Hezbollah anche se in Europa la maggior parte dei leader del vecchio continente è contraria a classificare Hezbollah come organizzazione terroristica e sta resistendo alle enormi pressioni fatte dagli Stati Uniti per farle abbracciare questa posizione.
C’è un detto famoso in Libano : “ ci sono persone che, se noi spalmiamo di miele raffinato ci odiano di più. Altre che se feriamo e facciamo a pezzi ci amano ancor di più”. La società libanese è divisa tra chi sostiene Hezbollah e chi odia e dà voce al suo odio per Hezbollah.
Chiunque sostenga Hezbollah ideologicamente o per una sua intima convinzione manterrà la sua posizione sempre, niente lo smuove. Ma tra chi lo appoggia solo occasionalmente ci potrà essere qualcuno che diventerà suo nemico o esprimerà delle critiche, soprattutto sui “social network”. Molti nel campo cristiano, soprattutto i sostenitori di Tayyar al-Watani al-Hurr ( Movimento Patriottico Libero, MPL) si sono dimenticati che Hezbollah impediva per due anni e mezzo l’elezione di un presidente per poter imporre, riuscendoci, il leader del MPL, il generale Michel Aoun come presidente, malgrado l’opposizione interna e internazionale. Purtroppo, grazie al lavaggio del cervello fatto dalla campagna americana contro Hezbollah definita organizzazione sostenitrice e/o responsabile della corruzione o alleata dello speaker Nabih Berri accusato di corruzione, un numero crescente di sostenitori del MPL non ha capito la strategia della guerra ibrida inscenata da Stati Uniti e Israele né ha più tenuto in considerazione l’alleanza delle due minoranze (sciiti e cristiani) nel Levante. Le onerose sanzioni economiche degli Stati Uniti e decenni in cui l’hanno fatta da padroni i politici libanesi corrotti alleati degli Stati Uniti sovrastano ogni argomentazione. Le necessità quotidiane diventano la priorità e le alleanze a quel punto sono marginali. La guerra ibrida contro Hezbollah ha obbligato la società che lo sostiene a trincerarsi e a stare sulla difensiva.
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