L’ Iraq si surriscalda con l’arrivo di Biden e viceversa (3)

Elijah J. Magnier:     @ejmalrai

Tradotto da A.C.

luglio il primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhemi si recava in Iran e negli incontri con la leadership del paese ribadiva che l’Iraq non sarebbe diventato per gli Stati Uniti e per nessuno una  piattaforma per attaccare l’Iran. Gli iraniani si dimostravano molto cortesi, come loro abitudine, e non chiedevano niente ad al-Kadhemi in modo esplicito ma amici comuni presenti in Iran gli riferivano quali erano i dieci punti che loro consideravano  cruciali. La maggior parte di questi punti veniva accettata da al-Khademi inclusa la necessità di arrivare ad un ritiro totale delle truppe statunitensi dall’Iraq. Il primo ministro iracheno confermava che gli americani gli avevano assicurato che avrebbero lasciato l’Iraq entro la fine di novembre 2020. Gli iraniani prendevano atto dell’informazione anche se ribadivano che non bisognerebbe mai aver fiducia negli Stati Uniti quando prendono un impegno, in particolare con un’amministrazione come quella di Donald Trump. Così l’Iran e tutte le forze della resistenza concordavano, in modo separato, con al-Khademi, una tregua che prevedeva la sospensione di qualunque attacco fino alla fine di questo mese. Recentemente però il  Pentagono ha annunciato la sua intenzione di ridurre il numero dei soldati di stanza in Iraq, da 3.000 a 2.500, una chiara conferma che Trump non intende ritirarsi ma vuole restare in Iraq. Le truppe americane nel paese, a causa di questa decisione, andranno sicuramente incontro ad un periodo burrascoso e sarà così anche per il nuovo presidente eletto Joe Biden.

Il comandante iraniano delle Guardie della Rivoluzione- brigata Gerusalemme, Ismail Qaani, è andato in Iraq su invito del primo ministro al-Khademi e ha avuto conferma dell’annuncio  dell’amministrazione americana di non potersi più ritirare dall’Iraq a causa della sconfitta del presidente Trump alle elezioni. Il presidente non era più in grado di mantenere la promessa fatta ad al-Khademi quando ancora era sicuro di essere rieletto. 

L’Iran definiva la sua posizione in modo inequivocabile quando il leader della rivoluzione Sayyed Ali Khamenei ripeteva: “gli Stati Uniti non meritano fiducia indipendentemente che sia presidente Trump, Biden o qualcun altro. Hanno dichiarato guerra all’Iran nel momento in cui c’è stata la rivoluzione nel 1979, gli hanno imposto le sanzioni più dure al mondo e ucciso vigliaccamente il suo generale Qassem Soleimani mentre si recava in Iraq invitato dal primo ministro: l’Iran non avrà pace finchè non ci sarà il ritiro di tutte le truppe americane dall’Asia Occidentale”. 

Quando Sayyed Ali Khamenei riceveva il primo ministro iracheno gli diceva: “il tuo ospite è stato assassinato sul tuo territorio”, una frase dal significato profondo che si riferisce alla sicurezza dell’ospite, sacra per gli arabi. In questo caso la vendetta è compito di colui che ospita non della famiglia, del clan o del paese a cui appartiene colui che è stato assassinato. La società tribale irachena conosce molto bene questo obbligo, non a caso Sayyed Khamenei ricordava al suo invitato le sue responsabilità. 

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