Il messaggio di Biden all’Iran in Iraq e Siria: il campo di battaglia è stato inaugurato.

First military victims of @JoeBiden: The Sunni member of the Hashd al-Shaabi, Rahi Salam Zayd al-Sharifi, from Hillah, the ancient city of Babil (Babylon), killed by a US air attack on the Iraqi-Syrian borders.

Di Elijah J. Magnier: 

Tradotto da: A. C.

Gli F-15 dell’areonautica statunitense su ordine del presidente Joe Biden hanno sferrato un attacco nella zona di confine tra Siria e Iraq che ha preso di mira una serie di strutture delle forze di sicurezza irachene, Hashd al-Shaabi (le Forze di Mobilitazione Popolare, PMF). E’ la prima azione militare ordinata dal nuovo presidente ma non sarà di certo l’ultima. Fino ad ora il presidente degli Stati Uniti aveva seguito le orme del suo predecessore, attenendosi alle sanzioni che lui aveva imposto a vari stati ed organizzazioni. L’unica eccezione, la rimozione del gruppo yemenita Ansar Allah dalla lista delle organizzazioni definite terroristiche dagli Stati Uniti, è stata un’azione più che altro simbolica perché le durissime sanzioni che impediscono l’arrivo di cibo, medicine e petrolio allo Yemen non sono state revocate.

Il bombardamento statunitense delle postazioni delle PMF (descritte dal Pentagono come “milizie sostenute dall’Iran”) è un chiaro messaggio all’Iran e non ha senso attribuirgli un significato diverso. Gli Stati Uniti, con il bombardamento delle forze di sicurezza irachene, mettono in chiaro che l’opzione militare viene seriamente presa in esame e verrà usata senza esitazioni contro qualsiasi minaccia agli interessi americani in Medio Oriente, in particolare quelli vicini all’Iran. E’ una sfida che non sorprende affatto Teheran che, in seguito all’assassinio di Soleimani aveva giurato di mandar via dall’Asia Occidentale le truppe degli Stati Uniti. E così il campo di battaglia è stato inaugurato. 

Qualche giorno fa il presidente Biden contattava il primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi in merito agli attacchi missilistici contro le basi americane del Kurdistan iracheno avvenuti all’inizio del mese con un lancio di razzi. Biden diceva ad al-Kadhimi che avrebbe risposto all’attacco missilistico. Ma il primo ministro iracheno dimenticava di informarlo che nel  mandato delle forze americane non è contemplata la violazione della sovranità irachena né il bombardamento delle forze di sicurezza del paese schierate sul confine per impedire il passaggio dei rifornimenti ai militanti dello “Stato Islamico” (ISIS) e i suoi potenziali attacchi. 

Biden, così come aveva fatto in precedenza Donald Trump, ha ordinato il bombardamento del sito più importante per l’Iran e i suoi alleati: il valico tra Albu_Kamal e alQaem. Questo valico di frontiera era controllato dall’ISIS prima che il tenente generale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana (assassinato nel gennaio 2020) Qassem Soleimani, guidasse l’attacco per liberarlo dato che gli Stati Uniti avevano occupato il posto di confine di al-Tanf sempre tra Siria e Iraq. Questa mossa repentina dell’Iran mandava su tutte le furie sia gli Stati Uniti che Israele che avevano progettato di imporre un assedio via terra alla Siria per impedire il flusso delle merci dall’Iraq e per interrompere il collegamento tra Teheran, Baghdad, Damasco e Beirut, dove opera l’ “Asse della Resistenza”. Le truppe degli Stati Uniti continuano ad occupare al-Tanf senza nessuna apparente intenzione di andarsene. L’ “Asse della Resistenza” ha a disposizione l’aeroporto di 

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Damasco e il porto di Tartous ma il passaggio via terra è vitale per il flusso dei rifornimenti oggi più che mai dato che la Siria è colpita dalle durissime sanzioni che Trump le aveva imposto e di cui Biden è un eccellente guardiano. La  “Caesar Act”, la “legge di Cesare”, l’occupazione americana del nordest della Siria ( che produce l’80% del petrolio e del gas del paese e il 63% della sua agricoltura) e il blocco del valico di al-Tanf puntano a creare scontento nella popolazione affinché si rivolti contro il governo e il presidente. E’ una “guerra sottile” esercitata  dall’amministrazione americana che ha ridotto alla fame intere popolazioni senza però riuscire a cambiare alcun regime mediorientale. E fino a questo momento anche Biden assapora  gli effetti di tutte le sanzioni imposte da Trump alla Siria e all’Iran. 

Ma la “Repubblica Islamica” ha aumentato il livello di arricchimento dell’uranio al 20% e il leader della rivoluzione Sayyed Ali Khamenei ha detto che il suo paese potrebbe tranquillamente raggiungere il 60% . Il ministro iraniano dell’intelligence Mahmoud Alavi è anche andato oltre dicendo che il suo paese potrebbe dedicarsi alla costruzione di armi nucleari  se continuassero le sanzioni e Teheran ha  bloccato  la visita della AiEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) e ridotto le visite degli ispettori del 30%. Il prossimo 26 marzo l’Iran dovrebbe impedire agli ispettori l’accesso a tutti i siti nucleari e fare altri passi per ridurre la sua ottemperanza agli obblighi dell’accordo sul nucleare, il JCPOA. L’Iran chiede agli Stati Uniti come prima cosa di revocare tutte le sanzioni, di permettere a tutti i paesi di pagarlo per le forniture di petrolio e che gli vengano restituiti tutti i beni congelati in vari paesi del mondo.  

Gli Stati Uniti ritengono il ritiro per gradi dell’Iran dal JCPOA un inasprimento nei loro confronti visto anche il rifiuto di Teheran di incontrare l’inviato americano in una riunione generale che includeva la Cina, la Russia, il Regno Unito, la Francia e la Germania. I rappresentanti di questi paesi hanno firmato l’accordo e la posizione dell’Iran derivava dal fatto che gli Stati Uniti hanno abbandonato il trattato nel 2018 quindi la loro presenza sarebbe stata illegittima, sarebbe stata accettata solo se Washington fosse rientrata completamente nell’accordo. L’Iran incontrerebbe di sicuro un inviato degli Stati Uniti ma solo se Washington tornasse a rispettare pienamente il JCPOA. 

Gli Stati Uniti non avevano ancora reagito ai passi fatti dall’Iran perché era stato l’ex presidente Donald Trump ad uscire illegalmente dall’accordo sul nucleare, a non rispettare gli impegni firmati e la risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma oggi il bombardamento americano al confine tra Siria e Iraq viene considerato da Teheran un messaggio bellicoso. 

E’ ovvio che l’Iran abbia dei forti alleati in Iraq dato che si è affrettato a fornire armi, addestramento e consiglieri a Baghdad quando l’ISIS occupava un terzo del paese e gli Stati Uniti si rifiutavano di consegnare le armi già pagate al governo iracheno. L’Iran armava le PMF e le addestrava quando Baghdad non aveva armi per fermare l’ISIS. Inevitabilmente molti iracheni saranno sicuramente fedeli a quelli che hanno impedito che il loro paese cadesse così come saranno nemici di coloro che, tiratisi indietro, hanno lasciato che l’ISIS crescesse e si espandesse nella speranza di poter dividere l’Iraq come lo stesso Biden aveva previsto quando era il vice di Obama. Ciononostante gli Stati Uniti sono riusciti ad avere molti iracheni dalla loro parte soprattutto a Erbil nel Kurdistan e in altre parti del paese. E anche così gli Stati Uniti si rifiutano di condividere il potere in Iraq e, con l’aiuto dei mezzi di informazione , sono riusciti a demonizzare l’Iran, le PMF e tutti quei politici e quei gruppi che non sono fedeli a Washington. Questo ha fatto sì che l’Iraq sia diventato il campo di battaglia tra l’Iran e gli Stati Uniti.  

Il braccio di ferro tra la nuova amministrazione americana e l’Iran è iniziato e fa presagire future azioni violente con tutti i fronti  disponibili. Il Pentagono ha definito il bombardamento “ un passo verso la distensione” ma non si rende conto che sono proprio gli Stati Uniti ad avere dato il via alla tensione, hanno dato il via libera alla resistenza irachena di aprire il fuoco, senza restrizioni, contro le basi militari americane in Iraq. Il bombardamento delle forze di sicurezza irachene, le PMF, è un’ennesima violazione delle attività e del ruolo della nuova amministrazione in Iraq. Gli iracheni coglieranno l’opportunità di attaccare le truppe americane, forti di questa violazione e della decisione vincolante del parlamento di allontanare dall’Iraq tutte le truppe straniere. Sicuramente l’Iran accetterà la sfida degli Stati Uniti e la affronterà in modo ponderato mantenendo però inalterata la determinazione di espellere tutte le forze americane dall’Asia Occidentale, la promessa fatta a suo tempo dall’Imam Sayyed Khamenei. Se Washington pensa di aver percosso la   guancia destra dell’Iran dovrà mettere in conto che la “Repubblica Islamica” non le porgerà la sinistra.

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