A Vienna l’Iran mette in imbarazzo Netanyahu e l’Occidente con le spalle al muro

In this photo taken and released on Saturday, April 10, 2021, by the Atomic Energy Organization of Iran, newly domestic built IR-9 centrifuge is displayed in a ceremony to commemorate Iran’s new nuclear achievements in Tehran, Iran. Iran said Saturday it has begun mechanical tests on its newest advanced nuclear centrifuge, even as the five world powers that remain in a foundering 2015 nuclear deal with Iran attempt to bring the U.S. back into the agreement. (Atomic Energy Organization of Iran via AP)

Di Elijah J. Magnier 

Tradotto da A.C. 

A Vienna, durante i negoziati con i firmatari (Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania)  dell’accordo sul nucleare, la Repubblica Islamica si è comportata come uno squalo dai denti affilatissimi lasciando ai negoziatori ben poche scelte. L’Iran ha dimostrato quanto sia complessa e  inflessibile la sua posizione nei confronti del paese più potente del mondo vietando all’inviato degli Stati Uniti di essere presente nella sala dei negoziati insieme ai mediatori a causa della revoca dell’accordo del 2015 decisa da Donald Trump tre anni fa. Inoltre ha usato il recente attacco israeliano alla centrale nucleare di Natanz per colpire Israele, gli Stati Uniti e tutti i negoziatori europei schierati con Washington. Al tavolo di Vienna ha informato tutti di aver iniziato ad arricchire l’uranio al livello più alto di purezza mai raggiunto finora, il 60% e che le sue centrifughe di nuova generazione IR9 ne producono 9 grammi all’ora  (anche se nei prossimi giorni è previsto che la produzione scenda a 5 grammi all’ora). 

Questo progresso iraniano mette il primo ministro Benjamin Netanyahu in difficoltà, proprio lui che pensava di avere il controllo della situazione adesso si rende conto di essere il colpevole della sorprendente reazione  dell’Iran che l’ha portato a rafforzare la sua posizione negoziale. Gli europei non hanno avuto altra scelta se non quella di arrendersi alla risposta e alle ritorsioni di Teheran. E’ stato un duro colpo per Netanyahu che si era vantato del suo sabotaggio e aveva affermato  che lui “ non avrebbe mai permesso all’Iran di raggiungere le capacità nucleari”. L’intelligence degli Stati Uniti ritiene, ma sbaglia, che l’Iran  abbia bisogno di nove mesi  per far ripartire la produzione nel sito di Natanz. E così gli Stati Uniti e Israele pensano che l’Iran sia stato indebolito, che chieda nove mesi per le trattative e quindi non ci sia nessuna urgenza di togliergli le sanzioni. Ma l’Iran in un tempo record di nove ore ha sostituito le vecchie centrifughe IR1 con le più moderne IR6 che separano gli isotopi ad una velocità decisamente superiore e ha ripreso la produzione, assestando così un duro colpo ai suoi avversari. 

Siccome in Siria Teheran non ha mai reagito ai suoi mille attacchi  che hanno avuto come obbiettivi anche depositi e strutture iraniane, il primo ministro Netanyahu deve aver pensato di poter continuare, impunito, le sue scorrerie anche sul suolo iraniano, nello stretto di Hormuz e nel Mar Rosso. Netanyahu è vittima delle sue stesse bravate. Ha infranto la consolidata tradizione israeliana di negare ogni responsabilità negli attacchi compiuti dal Mossad in giro per il mondo. L’Iran ha colto di sorpresa Netanyahu e il suo capo di stato maggiore Aviv Kohavi  quando  una nave israeliana  è stata colpita da un missile, lanciato da un drone, nel Mar Rosso che non è 

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così lontano dalla zona controllata dall’Iran. Le capacità dell’intelligence iraniana si sono dimostrate efficientissime nel monitorare da vicino la nave di proprietà israeliana in navigazione nello stretto di Hormuz e nel Mar Rosso. E la marina dell’IRGC (Corpo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana) ha eseguito in modo competente gli ordini realizzando con successo  la ritorsione. 

Negli ultimi dieci anni il primo ministro israeliano e i suoi consiglieri militari hanno sempre pensato, e non sbagliavano, che la guerra in Siria fosse  un’opportunità che avrebbe permesso a Israele di distruggere le capacità dell’esercito siriano. Il paese era in balia dei Takfiri (ISIS e al-Qaeda), la Turchia e gli Stati Uniti occupavano il nord mentre Washington e l’Europa imponevano le sanzioni al governo centrale rendendo così la situazione economica ancora più critica. In più la Russia voleva evitare ad ogni costo che si aprisse un nuovo fronte tra Israele e la Siria. Così offrì al presidente Bashar al-Assad una quantità illimitata di missili di intercettazione e riuscì a strappargli la promessa di non fare la guerra a Israele almeno fino a quando il paese non fosse stato liberato. In base a questo impegno il presidente siriano non ha mai preso in considerazione i suggerimenti dell’Iran di imporre la deterrenza (come ha fatto invece Hezbollah in Libano) bombardando obbiettivi israeliani con i missili di precisione forniti da Teheran, una decisione che avrebbe potuto fermare le eventuali ulteriori violazioni da parte di Tel Aviv. 

Netanyahu e la sua squadra hanno tuttavia fatto un errore di valutazione pensando che l’Iran non avrebbe reagito all’assassinio compiuto da Israele, ai suoi sabotaggi e agli attacchi alle navi iraniane. L’Iran ha cambiato la sua strategia di evitare il conflitto nel momento in cui ha abbattuto un drone americano tra i più costosi e ha bombardato la più grande base degli Stati Uniti in Iraq, Ayn al-Assad. I vertici iraniani avevano deciso di affrontare la situazione senza chiedere ai loro alleati di agire per conto di Teheran. 

Il fatto che l’Iran sia diventato una potenza regionale che ha una notevole influenza in Yemen, Iraq, Siria, Libano e Afghanistan significa che può   mostrare ai suoi alleati in Medio Oriente di avere il coraggio di affrontare direttamente il paese più potente del mondo e di rispondere senza alcun timore agli attacchi del principale alleato degli Stati Uniti nella zona, Israele. 

L’Iran ha accettato la sfida di Tel Aviv e ha approfittato del vantaggio che Israele gli ha inconsapevolmente fornito riconoscendo di essere il responsabile dell’attacco a Natanz e alla nave iraniana nel Mar Rosso. E così ha trasformato la minaccia in una opportunità riuscendo ad imporre le sue condizioni ai negoziatori di Vienna. Netanyahu ne è uscito malconcio e capisce adesso che giocare d’azzardo con l’Iran non è un’impresa priva di conseguenze. Ha seriamente indebolito il potere contrattuale dei suoi partner europei e americani impegnati nei negoziati di Vienna sul nucleare. 

La delegazione iraniana ha detto ai suoi interlocutori che non ha molto tempo da perdere e che qualunque tentativo di eludere i negoziati non verrà tollerato. Teheran ha mostrato la sua capacità di sviluppare un programma nucleare militare al di là di qualsiasi strategia, difensiva o  offensiva. 

L’Iran non ha chiesto una garanzia nel caso in cui si verificasse in futuro un’altra decisione simile a quella di Trump, che ha revocato l’accordo sul nucleare, perché la garanzia ce l’ha già ed è la sua capacità nucleare.E neppure chiede garanzie alla Cina e alla Russia che sono anch’esse sanzionate dagli Stati Uniti. L’Iran ha esaurito la sua pazienza nel 2018 dopo essere stato un anno intero in attesa senza usufruire del suo diritto di uscire gradualmente dal JCPOA (Piano d’Azione Congiunto Globale). Ha creduto che l’Europa avrebbe potuto farsi avanti e mantenere i suoi impegni anche se gli Stati Uniti erano usciti dall’accordo. Ma non è successo e così adesso Teheran è ben cosciente che l’Europa e gli Stati Uniti condividono gli stessi identici obbiettivi anche se si comportano in modo diverso. 

Oggi si sa che l’Iran sta arricchendo l’uranio al 60% e che in alcuni mesi potrebbe arrivare al 90%. Questo processo non necessariamente implica che l’Iran voglia produrre armi nucleari ma va oltre i limiti accettati dall’Occidente. Se le sanzioni imposte dagli Stati Uniti non vengono tolte  anche solo parzialmente, se l’accordo viene revocato o vengono imposte altre sanzioni l’Iran risponderà completando il suo ciclo nucleare senza alcun preavviso. 

I negoziatori iraniani chiedono che vengano revocate tutte le sanzioni. Forniranno una lista di quelle che dovrebbero essere tolte immediatamente. La guida suprema della rivoluzione, Sayyed Ali Khamenei ha istruito i negoziatori dicendo loro che l’Iran non prevede  gesti di buona volontà né ha intenzione di tenere in considerazione i litigi e le lotte interne che intercorrono tra il presidente degli Stati Uniti e coloro che si oppongono all’accordo sul nucleare. La palla è nel campo americano e Biden non ha tempo da perdere. Stavolta Netanyahu si lecca le ferite invece di dirigere l’equazione. 

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