
Di Elijah J. Magnier
Tradotto da A.C.
I risultati delle elezioni irachene non hanno ancora prodotto l’identità del partito che selezionerà il prossimo primo ministro. E’ molto probabile, anche se non è sicuro, che il capo del movimento sadrista, Moqtada al-Sadr, abbia l’ultima parola sulla nomina del nuovo primo ministro viste le previsioni di una sua alleanza con la “coalizione dei gruppi potenti”. Questa alleanza potrebbe includere il leader curdo Massoud Barzani e il leader sunnita, nonché attuale presidente del parlamento, Muhammad al-Halbusi che hanno 72 seggi parlamentari.
Ma questo non significa che il campo opposto, guidato dall’ex primo ministro Nuri Al-Maliki si sia arreso. Al-Maliki ha radunato attorno a sé, in pochissimo tempo, sei partiti politici e a questo punto ha un totale di 68 seggi parlamentari, un po’ poco se paragonati ai 72 ottenuti dal movimento sadrista.
La costituzione dice che chi nomina il primo ministro deve avere 165 seggi parlamentari per cui il bazar delle contrattazioni è aperto e le richieste dei vari partner politici sono tutte al vaglio. E’ chiaro a questo punto che le porte della competizione si sono spalancate e Al-Maliki può cercare di attirare a sé i potenti gruppi curdi e sunniti anche se non ha alcuna possibilità di essere lui a ricoprire il ruolo di primo ministro. L’Iran e il Marjaiya di Najaf sono i primi ad opporsi al ritorno di Al-Maliki che è stato primo ministro per ben due volte e poi costretto ad abbandonare il terzo mandato nel 2014.
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