Le forze americane ad al-Tanf sono circondate da entrambi i lati ( siriano e iracheno):Tehran sfida Washington in Iraq, Abadi non è più il candidato preferito da tutti.

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Army Col. Michael Midkiff, 310th Sustainment Command (Expeditionary) and officer in charge of the 1st Sustainment Command (Theater) Logistics Advise and Assist Team, helps an Iraqi soldier with an M16A2 rifle sling May 26, 2015. Sean Taylor/CJTF-OIR

Baghdad,  di Elijah J. Magnier: @ejmalrai

La fine dell’occupazione da parte dello Stato Islamico ( ISIS) di un terzo dell’Iraq e il ritorno dell’intero territorio sotto il controllo delle forze governative, non sta assicurando la pace e la stabilità alla Mesopotamia.

La gente è scesa nelle strade in molte province del sud per protestare contro la mancanza di servizi essenziali che mancano nel paese da oltre un decennio. Nonostante un accordo tra tutti i partiti sui risultati delle ultime elezioni parlamentari,  la scelta del Primo Ministro non si prospetta facile. E questo non è ancora tutto: i problemi della Mesopotamia continuano con il “ braccio di ferro” tra Iran e Stati Uniti che si sta intensificando. L’attuale Primo Ministro Haidar Abadi non è più il candidato preferito dell’Iran ma resta tale per gli USA e i suoi alleati nella regione mediorientale. Rimane l’interrogativo: nel caso l’appoggio al “loro” candidato abbia successo, chi sarebbe il vincitore? L’Iran o gli USA? Entrambi sono determinati a non perdere e stanno usando tutti i mezzi a loro disposizione per promuovere il programma del loro concorrente.

Il primo ministro ad interim Haidar Abadi è riuscito finora ad assorbire la rabbia della popolazione scesa nelle strade. Le dimostrazioni hanno riguardato la mancanza di lavoro, il razionamento di acqua potabile nella città meridionale di Basra, la costante interruzione della corrente elettrica nonostante il clima caldissimo dell’Iraq centrale e meridionale e la popolazione inoltre si è rivoltata contro l’enorme corruzione che affligge l’Iraq dal tempo dell’occupazione americana del 2003.

Alcuni dimostranti hanno distrutto le istituzioni pubbliche (l’aeroporto di Najaf), hanno bruciato negozi e case appartenenti ad alcuni membri del parlamento e di organizzazioni locali e tutto ciò ha portato all’intervento dei servizi di sicurezza. Sono stati arrestati molti partecipanti ed è stato designato, per i dimostranti, un luogo specifico dove poter manifestare  la loro libertà di espressione. I servizi di sicurezza hanno aperto tutte le strade chiuse, anche quelle tra Basra e il Kuwait.

Basra, la città più ricca di petrolio è caratterizzata dalla sua posizione su un gigantesco giacimento petrolifero, il più grande del mondo, e dalle sue abbondanti risorse di gas e petrolio. Basra produce una media di 3,2 milioni di barili al giorno e ne esporta 4,6 milioni al giorno tramite il suo porto. Il giacimento di Rumaila da solo, uno dei più grandi di Basra ( ha 340 pozzi petroliferi) contiene il miglior petrolio del mondo. Comunque, nonostante la grande produzione di petrolio nel sud dell’Iraq ( nelle province di Basra, DhiQar, Maysan, Muthanna e Wasit) molto poco è stato fatto per la popolazione che ancora oggi soffre dell’assenza di servizi essenziali.

L’Iraq ha venduto 3,84 milioni di barili al giorno  a giugno, aumentati a 4,5 milioni al giorno nello stesso mese e potrebbe raggiungere i 4,7 milioni (al giorno) in questo mese di luglio anche se il limite dell’OPEC è fissato a 4,35 milioni (al giorno)per l’Iraq. I partiti politici in Mesopotamia chiedono al governo di staccarsi dall’OPEC e produrre senza limiti giornalieri. Il paese ha bisogno di denaro e ha investito centinaia di miliardi nella lotta per sconfiggere lo “ Stato Islamico” (ISIS).

L’Iraq del sud, nonostante la grande produzione di gas e petrolio, manca  disperatamente di elettricità. Basra e altre province ricevono l’elettricità dall’Iran che fornisce energia all’Iraq dal 2012. Khoramchehr rifornisce Basra, Karkhah rifornisce Amara, Mirsad rifornisce Diyalaand, Serpil Zahab rifornisce Khaniqin. L’Iraq soffre di carenza di elettricità dal 1990. In seguito all’invasione americana, la corruzione nel governo centrale, sommata a molti attacchi terroristici alle strutture elettriche, ha causato un grande aumento delle interruzioni di corrente elettrica(le ore al giorno  sono passate da 20 a 8)), e questo avviene in un paese dove la temperatura può raggiungere i 58 gradi ( per molti anni io stesso ho potuto sperimentare la temperatura di luglio, quando, senza elettricità la temperatura interna raggiunge i 49 gradi. Si riusciva a dormire sul tetto per qualche ora dopo la mezzanotte). Comunque, ad un certo punto, l’Iran ha sospeso la fornitura di oltre 1200 MW di elettricità all’Iraq a causa di oltre un miliardo di dollari di debito accumulato.

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Qui inizia il problema:

l’Iraq ha pagato 100 milioni di dollari che doveva all’Iran ma deve fare i conti con le sanzioni imposte all’Iran dall’America. L’Iraq , governato da Abadi, vorrebbe attenersi alle misure americane. Fonti nell’ufficio del primo ministro hanno detto : “ gli USA cercano di sostituire la fornitura di elettricità iraniana facendo pressione su due paesi vicini (Arabia Saudita e Kuwait) affinchè sostengano l’Iraq nei suoi bisogni essenziali e li stanno invitando ad offrire le loro capacità strutturali ad Abadi. Lo scopo è quello di allontanare l’Iran e limitarne l’influenza in Mesopotamia”.

Gli ambasciatori americani in medio oriente e l’inviato speciale in Iraq Brett McGurk stanno facendo del loro meglio per convincere i paesi del Golfo della necessità di sostenere Haidar Abadi e Moqtada al-Sadr e promuoverli affinchè ottengano potere nel nuovo governo che verrà scelto e prendano posizione contro l’Iran e i suoi alleati  in Iraq. Stanno chiedendo ai paesi vicini (anziché all’Iran) di fornire elettricità all’Iraq e impedire quindi all’Iran di avere un beneficio economico.

“L’inviato americano Brett McGurk ci ha fatto visita a Baghdad e ci ha chiesto di sostenere una coalizione composta da Moqtada e Abadi per rieleggere il primo ministro. Gli abbiamo risposto che Moqtada al-Sadr è imprevedibile e non può essere considerato affidabile. La vostra (americana) politica in Iraq non ha mai avuto successo e le vostre scelte non rispecchiano i nostri interessi” hanno detto le due più alte autorità politiche sunnite in Iraq visitate dall’inviato statunitense. L’ambasciatore McGurk, hanno detto le fonti, non ha apparentemente apprezzato questa risposta inaspettata : se i leaders iracheni non si attengono alle “raccomandazioni” americane,ha minacciato ritorsioni.

“ Abbiamo detto all’ambasciatore McGurk che se ci minaccia non avrà la nostra collaborazione e ci saranno conseguenze negative per tutti” hanno detto le fonti. I sunniti inoltre non sono i soli che non vogliono sostenere Moqtada e Abadi. L’ambasciatore americano ha visitato il Kurdistan e ha ricevuto simili risposte dai leaders curdi.

Gli USA si stanno anche rivolgendo ai leaders sciiti, specialmente Sayyed Ammar al-Hakim, che sembra essere il più docile di tutti quelli contattati e si mostra disposto decisamente a collaborare.

Sembra che le possibilità di Haidar Abadi di rinnovare il suo mandato per altri quattro anni diventino sempre più scarse con il passare del tempo. L’Iran e i suoi alleati, o forse i partiti anti-americani sciiti, sunniti e curdi in Iraq, stanno prevalendo. C’è stato un tempo in cui sia l’Iran che gli Stati Uniti erano d’accordo sullo stesso candidato, l’attuale primo ministro Haidar al-Abadi. Oggi gli USA hanno dichiarato una guerra economica all’Iran per paralizzare le sue potenzialità, colpire la sua popolazione e la sua moneta. L’embargo inizierà seriamente in agosto e si intensificherà a novembre.

E’ chiaro che l’Iran non potrà accettare che Baghdad abbia un governo che gli sia ostile e gli USA hanno difficoltà ad accettare un Iraq schierato dalla parte dell’Iran, in particolare se minaccia l’efficacia del suo embargo “unilaterale”.L’Iraq potrebbe essere d’aiuto nella vendita del petrolio iraniano e aumentare i commerci con Tehran, rovinando così il piano di Donald Trump di obbligare la “Repubblica Islamica” alla  sottomissione.

Inoltre, gli Stati Uniti non sono per niente a loro agio con le forze di sicurezza irachene, Hashd al-Shaabi, create nel 2014 per combattere l’ISIS in seguito alla richiesta del Grande Ayatollah Sistani di una Jihad contro il gruppo terroristico ( accusato, erroneamente, di essere diretto dall’Iran). Queste forze hanno preso posizione lungo il confine tra l’Iraq e la Siria.

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Il 18 giugno gli aerei israeliani hanno bombardato e distrutto il comando delle forze di sicurezza irachene al confine con la Siria. La loro postazione serviva a monitorare i movimenti dell’ISIS dalla Siria all’Iraq. A causa della presenza dell’ISIS nella zona controllata dagli americani nel nord-est della Siria, non viene permesso alle truppe regolari siriane o irachene di attaccarlo nel territorio che controlla. Questo ha portato Hashd al-Shaabi a:

  1. Minacciare le forze statunitensi che controllano tutto il cielo dell’Iraq. In conseguenza, nessun attacco Israeliano sarebbe stato possibile senza l’approvazione degli Stati Uniti. L’attacco Israeliano avrebbe causato la morte di 24 membri della sicurezza irachena (ma senza aver sollecitato nessuna reazione da parte del governo centrale a Baghdad). Hashd al-Shaabi si ritiene il diritto di vendicarsi semmai l’equilibrio del potere in Mesopotomia si dirigerebbe in future a favore degli Stati Uniti contro l’Iran.
  2. Decidere di accerchiare l’intera zona dove si trova l’ISIS. Hashd ha inoltre spinto le sue forze più avanti: in accordo con l’esercito siriano, entrambi hanno circondato, nei loro rispettivi paesi, la base americana di al-Tanf per limitare i movimenti di queste forze sul campo.

Le forze americane hanno imposto un cerchio di sicurezza di 50 miglia attorno alle loro basi in Siria e Iraq. Entrambi questi paesi rispettano la procedura ma hanno stabilito delle forze statiche attorno alla base, dando la chiara sensazione a queste forze di non essere affatto le benvenute, poiché la loro funzione è soltanto quella di occupare il territorio siriano e prevenire gli scambi commerciali tra i due paesi. L’ISIS non è assolutamente presente a est del valico di al-Tanf.

I comandanti di Hashd, inoltre, sono convinti che gli Stati Uniti abbiano intenzione di stabilire numerose basi militari in Iraq e in particolare nei pressi del confine con la Siria. Le forze di sicurezza irachene credono di essere in grado di contrastare qualunque rinascita o attacco dell’ISIS, non c’è quindi nessun bisogno di basi militari nel paese, neanche di una. Non c’è neanche più bisogno, secondo i comandanti di Hashd, di una coalizione militare a guida americana in Iraq , solo di addestratori e di scambiare  esperienze e “intelligence”( informazioni) per combattere il terrorismo.

In passato, in molte occasioni, Abadi voleva rimuovere il vice-capo di Hashd al-Shaabi, Jamal Jaafar Mohammad Ali, cioè Abu Mahdi al-Mohandes. E’ l’uomo dell’Iran e ciò “dice tutto”. Il primo ministro non è però oggi in una posizione tale da poter dar vita a un intervento contro di lui in Hashd al-Shaabi, un gruppo molto popolare in Iraq. Per questo motivo Abadi ha fatto visita al comando di Hashd per incontrare Mohandes e metter fine a queste dicerie (per ora). Tra coloro che prendono le decisioni si sa che gli USA hanno accettato il ruolo di Hashd e la sua inclusione tra le forze di sicurezza irachene, ma vorrebbero che a Mohandes venisse tolto il potere.

In riferimento alla Mesopotamia e al Levante, gli Stati Uniti sono in un costante braccio di ferro con l’Iran. Cercano di ridurre le possibilità dell’Iran in Medio Oriente per preparare l’embargo previsto per fine anno. Gli USA hanno persino acconsentito a promuovere Moqtada al-Sadr, colui che è stato il responsabile dell’uccisione di molti soldati americani durante la loro occupazione del paese!! (2003-2011)

Moqtada ha guadagnato punti dichiarandosi contro l’Iran in alcune occasioni e visitando certi paesi vicini , Arabia Saudita e gli Emirati, astiosi nei confronti dell’Iran.

In realtà, Moqtada non è né a favore degli americani né a favore dei sauditi, ma in cerca di un’identità personale per poter avere il ruolo di leader supremo dell’Iraq. Moqtada si sta imponendo in Mesopotamia non tramite il proprio carisma (che gli manca) ma attraverso un terrore silenzioso generato dal fatto che dirige i propri militanti  “Saraya al Salam” nelle dimostrazioni e nelle azioni di intimidazione: questo lo rende un personaggio da temere.

Moqtada, in molte occasioni, ha chiesto riparo in Iran durante l’occupazione americana dell’Iraq ed è stato finanziato dal generale delle IRGC (Corpo delle Guardie della Rivoluzione) Qassem Soleimani per anni. Ancora oggi lui si incontra con il generale iraniano e gli chiede di includerlo e di non isolarlo da qualsiasi grande coalizione che possa dar vita al nuovo governo.

Abadi e Moqtada stanno creando oggi, insieme ad al-Hikma di Sayyed Ammar al-Hakim, una possibile coalizione che si oppone ad un’altra che si è formata nella comunità sciita , guidata da Nuri al-Maliki e Hadi al-Ameri. Le possibilità di Abadi si stanno riducendo gradualmente agli occhi di molti leaders iracheni che stanno prendendo in considerazione due nomi: Ameri e Faleh al-Fay’yad, il capo di Hashd al-Shaabi, per guidare il nuovo governo.

Non è ancora stata detta l’ultima parola, ma la si aspetta per la fine dell’estate. Chi vincerà? Gli Stati Uniti – con alcuni dei vicini dell’Iraq- che sostengono Abadi? Oppure l’Iran che sta allettando con successo dei candidati lontani dall’orbita americana?

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