
Di Elijah J. Magnier: @ejmalrai
Tradotto da: Alice Censi
Sono passati più di quaranta giorni da quando un drone statunitense ha ucciso il Generale Maggiore Qassem Soleimani, capo della brigata Gerusalemme dell’IRGC (Corpo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana) nonché dell’ “Asse della Resistenza”. Veniva infatti assassinato la notte tra il 2 e il 3 gennaio all’aeroporto di Baghdad insieme a quelli che lo accompagnavano. L’ “Asse della Resistenza” si è indebolita? Cosa ha ottenuto da allora?
Sul fronte siriano l’esercito di Damasco ha acquisito un risultato eccezionale, infatti, con i suoi alleati e la brigata Zoul-fi-Qar, è riuscito a liberare per la prima volta dal 2012 i 432 chilometri dell’autostrada che va da Damasco ad Aleppo. Ha inoltre esteso il perimetro di sicurezza lungo il suo lato occidentale. Le città di Saraqeb, Rashidin, Khan al-Asal, importanti dal punto di vista strategico, sono state liberate insieme alla collina di El-Eiss, la collina che per il Generale Maggiore Soleimani era sempre stata una priorità. Proprio ad El-Eiss erano stati uccisi e seppelliti 23 soldati di Hezbollah e oggi l’organizzazione libanese vuole riportare a casa i loro corpi.
L’ “Asse della Resistenza”, insieme al comando russo, è presente in una sala operativa di Aleppo collegata con quelle di Damasco e della base di Hmaymeem. Da lì viene diretta l’avanzata contro i jihadisti e vengono forniti l’ intelligence e il supporto aereo necessario. L’esercito siriano è riuscito a creare un ampio perimetro di sicurezza lungo l’autostrada M5 (Damasco-Aleppo) che la Turchia aveva promesso di proteggere nell’ottobre 2018, una promessa mai mantenuta. Questa avanzata indica un percorso strategico che si basa su obbiettivi ben definiti e non sui leader di turno. Quello a cui ambisce la Siria, un membro essenziale dell’ “Asse della Resistenza”, è liberare tutto il paese e questo processo andrà avanti anche se altri leader verranno uccisi. Sono tanti i generali siriani che hanno perso la vita nei nove anni di guerra eppure la liberazione del paese procede.
L’Iran e la Russia continuano i colloqui con la Turchia per cercare di mantenere aperto il dialogo con la Siria malgrado quello che avviene sul campo di battaglia. La perdita del generale maggiore Soleimani non cambia né modifica i loro obbiettivi.
Per quanto riguarda l’Iraq, Soleimani non avrebbe potuto nemmeno lontanamente sperare in un voto del parlamento a favore dell’espulsione delle truppe degli Stati Uniti (e di tutte quelle straniere presenti) dal paese. E invece questa decisione significativa è stata presa e nel momento in cui il ritiro non dovesse essere rispettato, la posizione delle truppe americane in Iraq diventerebbe quella di forze di occupazione.
L’Iraq deve continuare a tenere sul suo territorio un numero limitato di militari della NATO per l’addestramento del suo esercito e per poter avere pezzi di ricambio dato che dai paesi della NATO ha comprato parecchie attrezzature militari. Ma anche a questi militari il governo di Baghdad non può garantire nulla, dopo l’odio popolare scatenato dall’assassinio del comandante iracheno Abu Mahdi al-Muhandes, anche lui eliminato dagli Stati Uniti all’aeroporto di Baghdad. Si pensa che il primo ministro appena eletto, una volta formato il governo, metta tra le priorità la definizione del programma relativo alla partenza delle truppe americane dal paese.
Va sottolineato inoltre che oggi, cosa mai avvenuta in Iraq dal 2003, anno dell’occupazione, la resistenza irachena è unita e guidata da un unico leader. L’appello di Moqtada al-Sadr a scendere nelle strade contro gli Stati Uniti, lo ha reso molto popolare. Tutti i gruppi, malgrado la disapprovazione iniziale di Nouri al-Maliki e Sayyed Ammar al-Hakim, hanno accolto favorevolmente la scelta di Allawi come nuovo primo ministro, una scelta che porta la firma di Moqtada al-Sadr. Moqtada al-Sadr è stato sempre motivo di preoccupazione quando c’era il generale maggiore Soleimani. Il generale iraniano non gradiva affatto i suoi continui cambiamenti a livello politico. Il leader sadrista era schierato contro le Hashd al-Shaabi nonostante avesse una brigata sua, la brigata 313, e caldeggiava la proposta di disarmare tutti i gruppi iracheni appartenenti all’ “Asse della Resistenza”. Adesso invece lavora a fianco di questi gruppi, una cosa che il generale maggiore Soleimani non era mai riuscito a ottenere.
In Libano si è appena formato un nuovo governo guidato da Hassan Diab e gli alleati più stretti che Washington ha nel paese non ne fanno parte. L’ “Asse della resistenza” ha contribuito ad accelerare la formazione del nuovo governo e ha aiutato Diab a superare molti degli ostacoli incontrati nel suo percorso. Diab ha accettato i suggerimenti dati dall’ “Asse della Resistenza” e garantito la legittimità di Hezbollah di difendere il paese dalle aggressioni esterne.
Il parlamento libanese ha dato a Diab la fiducia di cui aveva bisogno per iniziare il suo mandato. E l’ “Asse della Resistenza” è così riuscita ad evitare quel vuoto di potere che facilmente avrebbe fatto sprofondare il paese nel caos. In questi giorni molti paesi stanno prendendo contatti con il primo ministro per aiutarlo nella difficilissima impresa di far uscire il Libano dalla sua grave crisi economica, la peggiore dal 1945, l’anno dell’indipendenza. A oggi, i militanti di Hezbollah continuano a ricevere i loro stipendi in dollari americani, senza decurtazioni, a dispetto della “massima pressione” a cui è sottoposto l’Iran e delle dure sanzioni imposte a Hezbollah.
In Palestina tutti sono uniti contro “l’accordo del secolo” presentato dall’amministrazione degli Stati Uniti. Tutti l’hanno rifiutato incluso il presidente Mahmoud Abbas che non si ritiene più legato al rispetto degli accordi di Oslo e a tutte le forme di cooperazione, a livello di sicurezza, con Israele e gli Stati Uniti. I palestinesi, di ogni ceto sociale, non rinunciano al diritto di tornare nelle loro terre e rigettano l’ “accordo” che li priva delle risorse d’acqua, che impedisce loro l’accesso al Mar Morto e toglie loro il 30% della Cisgiordania. Pochissime volte si era vista in passato una tale unità tra i gruppi palestinesi.
In Afghanistan gli Stati Uniti hanno riscontrato un insolito comportamento dei Talebani dall’inizio dell’anno. Il generale Franck McKenzie, comandante delle forze americane in Medio Oriente, ha ammesso che “ c’è stato un aumento dell’attività iraniana in Afghanistan che mette a rischio le truppe americane e della coalizione sul posto. Forse l’Iran vede l’opportunità di attaccare noi e la coalizione attraverso i “proxies” “. Mc Kenzie vede “ una tendenza preoccupante dell’Iran ad interferire in modo maligno”.
I Talebani poco tempo fa hanno abbattuto un aereo statunitense usato dalla CIA. Il Pentagono ha ammesso la perdita di due ufficiali che erano a bordo ma evita di dare ulteriori informazioni.

In Yemen, il portavoce delle forze armate, il generale Yahya Saree, ha rivelato i dettagli della più audace operazione militare condotta contro la coalizione guidata dall’Arabia Saudita nell’area di Naham e Ma’rib, operazione denominata “Buniyan al-Marsus” ovvero “solida struttura”. Ha affermato che 17 brigate sono state attaccate e le forze yemenite adesso sono in grado di controllare un’ampia zona della provincia. Va anche ricordato che lo Yemen sta sviluppando le sue capacità militari come non mai e riesce a colpire in profondità l’Arabia Saudita e le sue risorse petrolifere.
La corsa che vede come protagonista l’ “Asse della Resistenza” appare inarrestabile malgrado l’assassinio del generale maggiore Soleimani. La nascita di una nuova resistenza che avviene nel nordest della Siria, nella provincia di al-Hasaka, segnala un nuovo approccio spontaneo che l’”Asse della Resistenza” può consolidare. Quello che è successo nel villaggio di Khirbet Ammo ha incoraggiato una nuova ondata di azioni di resistenza in altre comunità contro le forze d’occupazione degli Stati Uniti che, come ha affermato il presidente Donald Trump, sono lì per rubare il petrolio siriano. Uomini disarmati si sono confrontati con un convoglio americano armato chiedendo ai soldati di non tornare. E’ una logica e anche un obbiettivo concreto che è cresciuto col tempo tra i membri dell’ “Asse della Resistenza”.
Tutti questi avvenimenti ci dicono che alla fine la figura del leader è pressoché irrilevante; i leader migliori sono quelli che mettono in conto di poter essere uccisi. Qassem Soleimani ha ottenuto ben più da martire che da generale maggiore.
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